I Rockets segnano 10 triple nel solo 1° quarto e passeggiano contro i Mavericks. Utah passa all’overtime contro un Andre Drummond da record. San Antonio spazza via Memphis anche senza LaMarcus Aldridge. Tripla doppia per Ben Simmons nel successo sui Bulls, Minnesota cade a Portland sotto i colpi di Damian Lillard. Tutto facile per Indiana contro Phoenix
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Dallas Mavericks-Houston Rockets 97-104
C’è poco da scherzare contro Houston e contro il suo trio delle meraviglie, diventato ormai anche una sorta di amuleto. Contro di loro non vinci mai: con Harden, Paul e Capela sul parquet i Rockets hanno vinto tutte e 19 le partite disputate. Sono loro i veri All-Star alla corte di coach D’Antoni, qualsiasi cosa dicano le votazioni ufficiali: “Chris [Paul] sta viaggiando a 19 punti e nove assist di media o sbaglio? Stiamo vincendo da inizio stagione e lui sta mantenendo a cifre del genere, non bisognerebbe neanche porsi la domanda”, commenta stizzito il Barba, che l’All-Star Game lo farà e che ha trascinato ancora una volta i suoi con 25 punti, 13 assist e cinque rimbalzi al successo contro Dallas. Un dilemma irrisolvibile per la difesa dei padroni di casa, come racconta senza fronzoli il +30 di plus/minus con cui Harden ha chiuso la sfida. “Ovviamente siamo molto profondi, abbiamo tante alternative e non sto facendo tutto questo soltanto grazie al mio talento. Paul sta gestendo il nostro gioco tanto quanto me”, chiosa il numero 13, uno dei cinque giocatori in doppia cifra alla sirena finale. Per i ragazzi di coach D'Antoni è tutto più semplice del previsto: Houston infatti incassa la tripla di Wesley Matthews dopo venti secondi (29 punti con sette canestri dalla lunga distanza, entrambi massimo in stagione), pareggia a quota tre e poi non si volta più indietro, lasciando le briciole ai Mavericks. Dall'altra parte ci sono 19 punti di Yogi Farrell in uscita dalla panchina, dieci da Harrison Barnes, 11 e sei assist di Dennis Smith Jr.. “È stata una partita durissima: abbiamo iniziato con un canestro dall’arco, speravo in qualcosa di buono, invece poi è stato soltanto un boom, boom, boom continuo”, commenta coach Carlisle. Houston segna dieci triple nel solo primo quarto (record di franchigia eguagliato, a -1 da quello NBA) e 21 in totale: un vero e proprio bombardamento di fronte al quale Dallas non ha potuto fare altro che arrendersi. I Rockets vincono così la quarta gara in fila: gli Warriors restano ancora nel mirino.
Detroit Pistons-Utah Jazz 95-98 OT
La mancata convocazione all’All-Star Game gli è andata davvero di traverso. Per questo Andre Drummond voleva spazzare via ogni tipo di perplessità riguardo il fatto che la scelta fatta dai coach sia stata a tutti gli effetti un errore madornale. Ci ha provato, chiudendo la sfida contro i Jazz con 30 punti, 24 rimbalzi e sei stoppate, quattro assist e tre recuperi contro Rudy Gobert (unico a riuscire a mettere insieme tutta quella roba a referto nella stessa gara). Di tutto, diventando anche il più giovane nella storia NBA ad aver catturato 2.000 rimbalzi in attacco, ma non abbastanza per vincere. Utah infatti, che non attraversa un grande momento, trova con Joe Ingles il canestro che a meno di cinque secondi dalla sirena rimette il punteggio sull’89-89: “Avevamo disegnato la rimessa per servire a ogni costo Donovan [Mitchell], ma Joe era così libero sotto canestro che non potevo ignorarlo. Per fortuna ha funzionato”, racconta Ricky Rubio, consapevole con quell’assist di aver dato il via al parziale da 11-2 che ha deciso la sfida all’overtime in favore degli ospiti. Alla fine sono 15 punti a testa per Mitchell e Gobert, due dei cinque giocatori di una squadra in dieci ne mettono a referto almeno cinque. Detroit scivola così pericolosamente a due partite di distanza dall’ottavo posto dei Milwaukee Bucks: dopo l’inizio promettente, i ragazzi di coach Van Gundy si stanno allontanando sempre più dalla post-season.
Memphis Grizzlies-San Antonio Spurs 85-108
La sfida in salsa catalana sotto canestro, così come la partita, la vince Pau (come spesso succedeva anche quando erano ragazzini). A casa Gasol il fratello maggiore ha sempre dettato legge e non poteva di certo esimersi contro i Grizzlies in difficoltà di questa regular season: alla sirena finale sono 14 punti, 15 rimbalzi e 9 assist per il numero 16 degli Spurs, a un passo dalla tripla doppia. Marc invece risponde con 18 punti (miglior realizzatore dei suoi) e sette rimbalzi, quando di solito l’altruista e il passatore era lui. A parte il loro testa a testa, non c’è davvero partita. San Antonio passeggia contro un avversario innocuo nonostante il back-to-back, rilanciando così la sua corsa dopo che risultati e voci sembravano aver messo in difficoltà i nero-argento. Gli Spurs rispondono con la loro arma migliore: vincendo di squadra, suonando una sinfonia in cui ben otto giocatori sono in doppia cifra, mettendo 29 assist complessivi a referto e godendosi un Dejounte Murray in quintetto sempre più padrone della situazione. Sì, la solita San Antonio. Il tutto facendo riposare LaMarcus Aldridge: unici.
Portland Trail Blazers-Minnesota Timberwolves 123-114
Trentuno punti e una bella vittoria contro una delle squadre più forti dell’Ovest è un gran bel modo per festeggiare la convocazione (insperata) all’All-Star Game. Damian Lillard gioca 32 minuti durante i quali la difesa dei T’wolves fatica a stargli dietro e assieme ai 28 punti di C.J. McCollum risulta decisivo nel parziale che nel secondo tempo regala a Portland il quarto successo nelle ultime cinque gare. Jusuf Nurkic si prende un turno di riposo (anche se scende in campo), mentre dall’altra parte a mancare per davvero è Jimmy Butler, ancora alle prese con il problema al ginocchio per la terza partita consecutiva. Andrew Wiggins e Karl-Anthony Towns allora dirigono le operazioni, ma incidono poco dopo essere andati sotto a inizio ripresa. Ventiquattro punti per il primo, 16 con nove rimbalzi per il secondo, a cui si aggiungono i 19 in 20 minuti del recuperato Jamal Crawford. L’ex Clippers segna la metà dei punti della panchina di Minnesota, mettendo a segno anche un gioco da quattro punti: il 52esimo della sua carriera, continuando ad aggiornare così il record NBA. I T’wolves scivolano così di nuovo al quarto posto, scavalcati in meno di 24 ore dagli Spurs. I Blazers invece si tengono stretti il loro settimo posto, più vicino al sesto dei Pelicans che all’ottavo dei Nuggets. E questa è una buona notizia.
Indiana Pacers-Phoenix Suns 116-101
Victor Oladipo voleva festeggiare la prima convocazione in carriera all’All-Star Game con i suoi compagni, condividendo la gioia e anche le responsabilità sul parquet in una partita in cui i Pacers hanno davvero fatto poca fatica. Per il numero 4 sono 21 punti e nove assist: “Ormai sono diventato un catalizzatore di attenzioni e spesso mi rendo conto che i miei compagni sono liberi. Se loro riescono a muoversi con i tempi giusti e a tirare bene, tutto il resto diventa molto più facile per la squadra. Quando giochiamo come un unico blocco su entrambe le metà campo diventiamo un gruppo molto forte”, racconta Oladipo, uno dei cinque giocatori in doppia cifra in casa Pacers in una partita in cui Indiana non è mai stata sotto nel punteggio. I ragazzi di coach McMillan infatti partono subito forte, piazzano un doppio parziale a cavallo della fine del primo quarto (prima 13-4, poi 16-2), facendo sprofondare Phoenix e non permettendo ai Suns di ritornare in singola cifra di svantaggio per il resto del match. “Sono stati molto fisici e noi non avevamo le forze per opporci su quel piano”, commenta coach Triano, felice che il giro di quattro trasferte sia finito. Devin Booker chiude con 19 punti, uno di meno di Josh Jackson in uscita dalla panchina e di gran lunga il migliore dei suoi. Una speranza che in Arizona dovranno continuare a coltivare.
Philadelphia 76ers-Chicago Bulls 115-101
Dopo la sconfitta con Memphis, coach Brett Brown aveva dichiarato che le stelle dei Philadelphia 76ers non avevano giocato da stelle. Beh, contro i Chicago Bulls se non altro hanno giocato come “Rising Stars”, visto che Joel Embiid, Dario Saric e soprattutto Ben Simmons hanno festeggiato a dovere l’inclusione nella partita del venerdì dell’All-Star Weekend. Il centro ha chiuso con 22 punti, il croato ne ha aggiunti 21 con 10 rimbalzi, ma sopratutto l’australiano — nella serata della “Australian Heritage Night” a Philadelphia — ha confezionato la sua quinta tripla doppia in carriera, chiudendo con 19 punti, 17 rimbalzi e 14 assist. L’obiettivo di Simmons però non era la partita del venerdì ma quella della domenica, e stando a Embiid (che invece sarà titolare alla gara dei grandi) l’esclusione ha dato particolarmente fastidio al candidato rookie dell’anno, che ha scatenato la sua furia contro i malcapitati Bulls arrivando a due assist dalla tripla doppia già all’intervallo, propiziando un vantaggio di 14 punti poi mantenuto fino a fine gara. I Sixers sono così riusciti a conquistare la settima vittoria nelle ultime dieci nonostante le assenze di tre guardie come J.J. Redick, T.J. McConnell e Jerryd Bayless, chiudendo comunque con 16/32 da tre punti e un quintetto tutto in doppia cifra chiuso dai 16 di Robert Covington e i 12 di Timothe Luwawu-Cabarrot. Per i Bulls invece è arrivata un’altra sconfitta, anche se certamente meno cocente rispetto a quella subita al doppio supplementare contro i New Orleans Pelicans sprecando 18 punti di vantaggio: “C’erano probabilmente un po’ di scorie dopo quella partita, ma non possiamo lasciare che ci condizionino” ha dichiarato coach Hoiberg, che nonostante l’ennesima sconfitta si gode i miglioramenti di Zach LaVine (21 punti e 7 rimbalzi in 24 minuti) e i 22 di Bobby Portis oltre alle convocazioni di Kris Dunn e Lauri Markkanen all’All-Star Weekend.
Charlotte Hornets-New Orleans Pelicans 96-101
Non sempre DeMarcus Cousins e Anthony Davis possono fare i supereroi per i Pelicans, anche perché le difese avversarie fanno tutto il possibile per limitare la loro pericolosità. Per questo diventa cruciale la possibilità di avere un terzo violino in grado di punire le attenzioni procurate dai due lunghi, e nel momento positivo dei Pelicans — arrivati alla sesta vittoria nelle ultime sette — Jrue Holiday sta svolgendo questo ruolo alla grande, specialmente nei finali di gara. Con il punteggio in parità negli ultimi due minuti di gioco, la guardia ex Sixers ha segnato due canestri fondamentali attaccando l’area lasciata sguarnita da Dwight Howard, che non ha mai mollato Cousins aprendo però spazi nel pitturato per gli avversari. “Si vedeva che il loro obiettivo principale era impedirmi di giocare bene in attacco, ma siamo riusciti a sfruttarlo a nostro vantaggio” ha dichiarato Boogie, tenuto a 16 punti con 13 rimbalzi. “Io l’ho notato e ho detto a Jrue: ‘L’area è completamente sguarnita, sfruttala’”. Detto, fatto: Holiday ha chiuso con 19 punti (gli stessi di Anthony Davis) rendendo inutili i 22+16 di Howard, giunto alla sua 1.000 partita in NBA e al suo decimo fallo tecnico stagionale (solo Draymond Green ne ha presi di più), e i 20 di Kemba Walker, che si è lamentato di un mancato fischio nell’ultimo minuto di gioco. “È una chiamata soggettiva, ma di sicuro c’era parecchio contatto su quella penetrazione” ha commentato coach Clifford.