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NBA, addio "one-and-done"? La lega apre le porte al ritorno dei liceali al Draft

NBA
David Stern e LeBron James, uno degli ultimi liceali a passare direttamente in NBA (foto Getty)
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Con la NCAA in grave crisi di credibilità, la NBA starebbe pensando di creare un percorso alternativo per i migliori liceali, in modo da bypassare il college e farli arrivare al Draft in condizioni migliori, sia tecniche che economiche. Una vera rivoluzione chiamata a gran voce da molti, tra i quali Barack Obama e LeBron James.

Sono passati quasi 13 anni da quando nel 2005 venne istituita la regola del “one-and-done” nella NBA, impedendo ai liceali di dichiararsi per il Draft se al di sotto del 19° anno d’età o comunque senza che avessero passato almeno un anno lontano dalle high school. Una regola voluta fortemente dall’allora commissioner David Stern per togliere la NBA dai licei di tutti gli Stati Uniti, ma che potrebbe essere arrivata al capolinea. Secondo quanto riportato da Brian Windhorst di ESPN, la lega starebbe pensando non solo di togliere questa regola, ma di dare il via a un programma di ampio respiro che permetta ai migliori giovani giocatori in uscita dal liceo di avere un percorso più lineare e sicuro verso la NBA – ovverosia, bypassare i sistemi giovanili come quello della AAU e soprattutto della NCAA prendendo i migliori talenti sotto la propria ala protettrice. Con gli enormi problemi di corruzione e accordi sottobanco che stanno minando la credibilità del college basket, la NBA nella persona del commissioner Adam Silver e dei suoi principali consiglieri avrebbe cominciato già da mesi a tenere incontri e riunioni per raccogliere informazioni con le principali istituzioni coinvolte, come ad esempio l’Associazione Giocatori senza la quale non si può mettere mano al Contratto Collettivo e quindi alla regola del “one-and-done”. Il piano è quello di iniziare ad avere contatti con i migliori talenti dei licei quando sono ancora a scuola, fornendo loro i mezzi per poter crescere dentro e fuori dal campo dando loro un percorso alternativo al college che li porti, in ultima istanza, alla NBA. La possibilità più semplice è quella di inserirli direttamente nella G-League, in modo che – oltre a essere pagati, a differenza della NCAA – possano essere allenati, supervisionati e fatti crescere da staff di professionisti sotto il diretto controllo delle franchigie NBA, ma tutte le opzioni stanno venendo valutate.

La rivoluzione della proposta e le opinioni di Obama e James

Si tratterebbe di una rivoluzione totale nel modo in cui i giovani prospetti potrebbero approcciarsi alla NBA, visto che con la regola attuale la lega non ha contatti con i teenagers nei loro anni liceali e nell’anno che intercorre tra il diploma e quando si dichiarano per il Draft, quello normalmente (ma non per tutti) passato al college. Proprio quello che emergerà dai rapporti e dalle investigazioni in corso da parte della commissione diretta dell’ex Segretario di Stato Condoleezza Rice (davanti alla quale tanto la NBA quanto l’Associazione Giocatori hanno già testimoniato) determinerà il piano d’azione della lega, che attenderà i report di questa primavera prima di annunciare le proprie intenzioni. “Stiamo cercando di cambiare il nostro rapporto con i giocatori prima che raggiungano la NBA” ha detto un alto dirigente della lega a ESPN. “È una sfida difficile e ci sono ancora tante discussioni da fare su come si procederà, ma tutti vediamo che c’è bisogno di un intervento”. In effetti nelle ultime settimane voci autorevoli come quelle dell’ex Presidente degli Stati Uniti Barack Obama o di LeBron James, che è anche vice-presidente dell’Associazione Giocatori, hanno espresso le loro opinioni negative sulla NCAA (James è arrivato a definirla “corrotta” dicendo di “non sapere se c’è un modo di metterla a posto”) ed entrambi hanno chiamato l’NBA a intervenire in questa situazione. E considerando che anche il presidente della NCAA Mark Emmert ha dichiarato più volte che, se l’obiettivo di un giocatore che si iscrive al college è solo quello di “far passare il tempo” prima dell’NBA, può anche fare a meno di passare dal sistema universitario, la strada sembra spianata per il ritorno dei liceali nella lega.

La corsa ai talenti, il progetto delle academies e la lotta alla AAU

Nelle ultime settimane diverse istitituzioni hanno espresso interesse nell’accogliere i migliori talenti alla ricerca di un’alternativa al college, come ad esempio la lega di basket australiana che abbatterebbe anche la barriera linguistica oltre a offrire un contesto professionistico e un contratto “speciale” da 100.000 dollari australiani (78k americani). Ovvio però che la NBA possa offrire attraverso i propri programmi come la G-League un percorso decisamente più attraente e vicino a casa, oltre che pagato (anche se bisognerebbe mettere mano al salario massimo, attualmente di 26.000$ a stagione). “Insieme alle nostre squadre stiamo spendendo tantissimo tempo e risorse sul basket giovanile. Pensiamo che ci sia un’ottima opportunità a livello globale nel concentrarsi sui migliori giovani in termini di allenamento e fitness per far raggiungere loro il più alto livello possibile” ha dichiarato il commissioner Adam Silver durante il weekend dell’All-Star Game. “Sappiamo perfettamente che non è una scelta che dipende solamente da noi, visto che il limite di età ha un impatto diretto sul college basket. Non abbiamo fretta: essendo al di fuori delle trattative per il contratto collettivo, abbiamo più tempo per lavorare con l’associazione giocatori, parlare con i singoli protagonisti, con i dirigenti e capire tutti i pro e i contro di un cambiamento del genere”. Una delle opzioni a lungo termine potrebbe essere quella di creare delle sorta di “academies” sotto diretto controllo delle franchigie in giro per il paese, in modo da poter far crescere in casa i migliori talenti – in maniera non dissimile da quanto sottolineato da LeBron James, che chiedeva perché il Barcellona potesse far crescere Lionel Messi nelle proprie giovanili mentre la NBA non potesse mettere mano sui migliori talenti degli Stati Uniti. “Academies” che per la verità esistono già in giro per il mondo – tre in Cina, una in India, una in Senegal, una in Australia e recentemente una a Città del Messico –, ma per il momento il progetto è stato messo in pausa dalla lega, concentrandosi più che altro su camp e tornei estivi per entrare in contatto con i giovani, magari appoggiandosi a quelli che già esistono in collaborazione con USA Basketball o partner commerciali. L’obiettivo in questo caso è quello di contrastare la AAU, visto che “da tantissimo tempo si dice che bisogna sistemare quel sistema”, come detto da un General Manager a ESPN. “Almeno per alcuni di quei ragazzini che un giorno potrebbero essere nei nostri roster, questa potrebbe essere la nostra possibilità di cominciare un nuovo percorso”. Con la NCAA in grave crisi, la corsa ai talenti del futuro è appena cominciata.