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NBA, allarme Warriors, la caviglia di Curry fa crack: salta due trasferte

NBA

Il numero 30 degli Warriors esce dopo soli due minuti a causa dell’ennesima distorsione alla caviglia destra. Tenuto a riposo nei prossimi quattro giorni, la situazione verrà poi valutata al rientro della squadra. Preservare la salute dei giocatori è più importante del puntare al primo posto a Ovest

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È durata meno di tre minuti la partita di Steph Curry contro gli Spurs, scappato in transizione a caccia di un canestro e ritrovatosi già ben avviato in direzione spogliatoi. Sul tentativo in penetrazione del numero 30 infatti a cedere è stata la solita caviglia destra, fortunatamente non dopo il primo appoggio con il parquet, ma soltanto al secondo passo. L’entità è stata dunque in parte ridotta, ma la distorsione non gli ha permesso di proseguire la partita chiusa con un tabellino sostanzialmente intonso (due punti, 0/1 al tiro). “Ogni volta che Steph ha un problema di qualsiasi tipo alla caviglia, non possiamo che preoccuparci”, racconta Draymond Green, protagonista contro gli Spurs con la 22esima tripla doppia in carriera che hanno regalato agli Warriors altrettante vittorie. “Ha subìto talmente tante volte problemi del genere che riesce immediatamente a capire l’entità del dolore. Il fatto che sia uscito con quella smorfia ci mette in allerta. Aver ascoltato le rassicurazioni dello staff medico ci rincuora, ma ogni volta che succede è sempre un colpo al cuore”. Una stagione travagliata sotto questo aspetto per Curry, alle prese con il quarto problema (sempre alla stessa caviglia) negli ultimi tre mesi. Il primo risale al 4 dicembre, quando nel tentare l’anticipo nell’ultimo minuto di gioco della sfida contro i Pelicans, poggiò il piede su quello dell’avversario uscendone malconcio. La rotazione fu innaturale e Curry fu così costretto a saltare ben 11 partite, tornato in campo soltanto il 30 dello stesso mese e festeggiando il Capodanno anticipato con una partita da 38 punti e dieci triple contro i Grizzlies. La caviglia però ha ricominciato a scricchiolare già dieci giorni dopo in allenamento, costringendolo al riposo forzato nella sfida del 10 gennaio (persa) contro i Clippers e quella successiva (vinta) contro i Bucks. Sei giorni fa invece un problema in penetrazione ad Atlanta ne aveva limitato l’utilizzo a soli 24 minuti. I tre giorni di riposo prima della sfida contro Brooklyn però gli avevano permesso un comodo recupero, facendo sperare che tutto fosse definitivamente tornato a posto. Dopo il colpo di questa sera invece tutte le preoccupazioni sono tornate ad affacciarsi nello spogliatoio dei campioni NBA.

La frustrazione di Curry e i tempi di recupero da valutare

Nel post-partita gli Warriors avevano prima comunicato che non ci sarebbero stati problemi per Curry nel proseguire con la squadra direzione Portland, magari rinunciando alla sfida con i Blazers e sottoponendosi a massaggi. Una linea poi modificata più volte, rimandando il rientro in gruppo alla seconda partita lontano dalla Oracle Arena (quella contro Minnesota), prima di decidere definitivamente di restare a riposo a casa fino al ritorno della squadra nella Baia il prossimo 14 febbraio per la partita contro i Lakers. “Parleremo con lo staff nei prossimi due giorni e capiremo poi cosa fare”, spiega coach Kerr, che ha deciso di lasciare a disposizione di Curry una fisioterapista che non seguirà la squadra nelle trasferte in Oregon e Minnesota. L’allenatore degli Warriors non ha dubbi riguardo il fatto che vada prima di tutto preservata la tenuta fisica dei suoi giocatori, senza forzare la mano pur di andare a caccia del primo posto a Ovest. “Non credo ci sia stata negli ultimi tre anni una serie playoff in cui non siamo stati in grado di vincere almeno una gara in trasferta”, chiosa Draymond Green. Curry nel frattempo è uscito dalla Oracle Arena camminando normalmente, con le sue scarpe ai piedi e senza alcun tipo di tutore, lamentando soltanto un fastidio più che vero e proprio dolore. La sua è stata una reazione di ovvia e profonda delusione, quasi a domandarsi incredulo se fosse realmente successo per l’ennesima volta proprio a lui. Per la prima volta dopo un infortunio del genere, Curry ha deciso di non parlare con i giornalisti. “È molto frustrato, non so cosa aggiungere oltre a questo”, racconta Kerr. Di fronte a ipotetici scenari catastrofici, essere costretti a battere a domicilio i Rockets in un’eventuale finale di Conference sarebbe davvero l’ultimo dei problemi.