"Non è il mio focus, al momento", assicura il giocatore dopo l'eliminazione. "Ora voglio concentrami sulla mia famiglia, ma in estate ci penserò e deciderò cosa fare. Tornare a Miami è stato fantastico". E da Spoelstra a Embiid, in tanti rendono omaggio al fenomeno degli Heat
Trentasei anni, trentun minuti in campo nella quinta gara della serie contro Philadelphia, un tabellino che a fine serata dice 11 punti, 5 assist e 5 rimbalzi ma solo 4/15 al tiro, pur concludendo con un plus/minus positivo (+7). Potrebbe essere l’ultima partita della carriera di Dwyane Wade, e il particolare ovviamente non è passato inosservato a nessuno. Nel post-game, infatti, quando il n°3 degli Heat si è presentato in conferenza stampa, le domande affrontano subito il tema: “Spiacente, amo Philadelphia, ma non sarà oggi, non sarà qui che saprete qualcosa sul mio futuro”, sgombra subito il campo Wade. Non perché voglia farlo a Miami appena rientrato a casa, ma perché nell’immediato futuro la decisione non è nelle priorità del giocatore: “Certo che ci ho pensato un po’, ma ora non è il mio focus principale. Ora voglio concentrarmi sulla mia famiglia, voglio che sappiano che sono lì per loro. Al basket ci penserò fra un bel po’: al momento la decisione sul mio futuro non mi preoccupa”. Tra i fattori che peseranno sulla scelta di tornare un altro anno o meno, sicuramente anche la capacità di essere ancora determinante sul parquet: le cifre 2017-18 di Wade parlano di una stagione (divisa tra Cleveland e Miami) a 12 punti di media, con più di 3 rimbalzi e 3 assist in 22.3 minuti di media. Nei playoff – segno del campione – le medie si alzano, vicine ai 17 punti a sera con 4.2 rimbalzi e 3.6 assist. “A settembre ero a Chicago, poi c’è stata la cessione a Cleveland e quindi quella a Miami, dove non avrei potuto chiedere un finale di stagione migliore: da quando sono tornato in città sono come un bambino in un negozio di caramelle. Essere di nuovo qui, far parte di questo gruppo, guidarlo non solo a voce ma anche con l’esempio, in campo: mi sono sentito subito a mio agio. E sento che questa organizzazione ha davanti un gran futuro, per il tipo di giocatori e di persone che ci lavorano: sono grato di poterne ancora far parte”, la dichiarazione del giocatore simbolo degli Heat. Che tornato in Florida dall’Ohio l’8 febbraio, il 27 era già capace di segnare 27 punti (di cui 15 nell’ultimo quarto) in una strepitosa vittoria contro Philadelphia. La capacità di recitare ancora da protagonista è stata poi confermata nei playoff, con l’incredibile gara-2 vinta dai suoi Heat a Philadelphia grazie soprattutto ai suoi 28 punti (cui ne ha aggiunti 25 in gara-4).
Da Spoelstra a Embiid, la NBA rende omaggio a D-Wade
L’evenienza che la gara disputata al Wells Fargo Center sia l’ultima della sua carriera, ha spinto più di un protagonista a riflettere sull’impatto di Wade negli ultimi 15 anni di NBA. Qualcuno lo ha fatto volentieri, come il coach di Philadelphia Brett Brown (“Ci pensavo l’altro giorno, vedendo quello che sono in grado di fare fenomeni come lui o Manu Ginobili. Quand’è che non ce la faranno più? Quando accadrà? Sembrano eterni. Gioca con un ritmo e uno stile, una presenza e una classe, che rispetto davvero profondamente”), altri molto meno. “Non voglio neppur pensare all’evenienza del suo ritiro – dice il suo allenatore Erik Spoelstra – perché finisco per commuovermi se ne penso o ci parlo. Lo ha allenato da top scorer NBA, da campione NBA, ha accettato senza fiatare nel suo prime un ruolo secondario alle spalle del giocatore più forte della lega. Credo che nessuno avrebbe mai immaginato di vederlo un giorno uscire dalla panchina e invece oggi non solo lo fa, bene, ma accetta questa sua nuova dimensione con classe e dignità. Non ci sono tanti Hall of Famer ancora capaci di fare quello che lui sa fare in campo disposti a uscire dalla panchina e ad accettare un certo minutaggio”. Anche uno tra i protagonisti della serie tra Heat e Sixers, quel Joel Embiid lodato pubblicamente da Wade stesso, ha voluto dire la sua sul suo leggendario avversario: “Sono andato ad abbracciarlo a fine gara per dimostrargli il mio rispetto. Non so se questa finirà per essere la sua ultima gara o se giocherà un altro anno, ma so per certo che appartiene di diritto alla Hall of Fame”, le parole del centro camerunense. Ora per Wade inizia un’estate di riposo e riflessione: insieme alla sua famiglia, certo, ma forse anche con i consigli di Udonis Haslem, da sempre al suo fianco: “Proverà a insegnarmi a giocare a golf – dice sorridendo il veteranissimo degli Heat – ma di sicuro finiremo per fare un sacco di chiacchiere sul nostro futuro, e decideremo cosa fare”. Non è una questione di soldi (Wade potrebbe accettare il minimo salariale per un veterano, circa 2.3 milioni di dollari annuali, o magari chiedere anche qualcosa di più, che la società potrebbe accordargli) ma con ogni probabilità la decisione gira attorno ad altri fattori: se oggi neppure Wade sa immaginare il suo futuro, inutile provare a farlo per lui.