Il contratto di Paul George gli permette di diventare free agent la prossima estate e dopo il prematuro ko ai playoff l’opzione è tornata prepotentemente sul tavolo. Nel frattempo OKC dovrà risolvere un po’ di problemi, a partire da Carmelo Anthony e il suo maxi ingaggio
Non sono trascorsi neanche 30 minuti dal termine della gara persa dai Thunder, che Paul George si è ritrovato inevitabilmente di fronte alla domanda che tutti hanno rimandato per mesi: “E adesso cosa farai? Dove giocherai il prossimo anno?”. L’ex giocatore dei Pacers infatti è stato un investimento obbligato per la convenienza (almeno apparente, visto il rendimento di Oladipo e Sabonis) dell’affare, tanto da puntare forte su questa stagione sperando di raccogliere successi più duraturi rispetto a un misero primo turno playoff. George infatti può rifiutare l’opzione da 20.7 milioni di dollari prevista dal suo contratto per il 2018/19, diventando free agent senza che i Thunder abbiano margine di manovra. Prima dell’arrivo in Oklahoma, era già chiaro a molti che il losangelino di nascita puntasse a diventare un giocatore dei Lakers nel 2018. E il crollo finale di questa versione dei Thunder potrebbe incentivarlo a cambiare aria. “È stata una stagione incredibile, un’esperienza che mi ha fatto crescere molto avendo l’opportunità di giocare al fianco di Westbrook, Anthony e Adams. Abbiamo visto soltanto in parte il potenziale che avremmo avuto con Roberson sul parquet. È stata una grande annata, con tante ragioni per essere felici. I tifosi, la città e l’organizzazione. Tutto è stato incredibile”. Parole d’addio velate da complimenti di circostanza? “È troppo presto per decidere, sarei felice di continuare a essere un giocatore dei Thunder, ma c’è ancora un’estate intera davanti. Nei prossimi mesi troverò il modo di rispondere a questa domanda”. Un altro colpo del genere sarebbe stato eccessivo da subire per i tifosi di OKC, amareggiati per l’eliminazione arrivata allo stesso punto dello scorso anno. “La partita è finita 30 minuti fa – risponde stizzito Westbrook -, non è il momento adatto. Dobbiamo rilassarci, guardare alle cose nel suo complesso e ripartire ragionando con una visione generale”. Non sarà dunque una pessima partita a portare a conclusione la sua esperienza in Oklahoma? “Sto bene, è solo una gara andata male. È una sensazione di sconforto dovuta al fatto che io avrei dovuto incidere di più in una sfida persa con un margine di soli cinque punti. A chiunque può capitare una serata storta, non sarà di certo questa a farmi sentire incompiuto”.
Da “Playoff P” ai 5 punti di gara-6, ma il problema resta Anthony
La serie giocata da George infatti è stata tutt’altro che negativa, per cinque partite il secondo violino che Westbrook aveva desiderato lo scorso anno. In gara-1 il n°13 è stato il migliore dei Thunder, decisivo con i suoi 36 punti a regalare il successo a OKC. Nei sei match le medie di George sono di tutto rispetto: quasi 25 punti con il 36.5% dall’arco, nonostante il disastro nella sfida decisiva persa a Salt Lake City. Tutto questo al netto di un contributo difensivo di cui i Thunder non possono fare a meno, tenendo conto dei ripetuti passaggi a vuoto di Westbrook e del peso morto Carmelo Anthony. Il vero problema infatti sembra essere proprio il n°7 ex Knicks, che in molti attendevano al varco con l’inizio della post-season e che invece non è riuscito a invertire la tendenza di una stagione in netto calo. Anthony non giocava ai playoff da cinque anni e ha dimostrato di essere inadatto a un palcoscenico del genere. Non solo incapace di incidere, ma nocivo per i suoi compagni. Coach Donovan nel corso della stagione ha iniziato inesorabilmente a marginalizzare la sua presenza sul parquet, tanto da lasciarlo seduto per quasi tutto il quarto periodo anche in gara-6. Una scelta motivata da numeri che lasciano pochi dubbi: con Anthony sul parquet il Net Rating di OKC è stato -14.5, contro il +13.5 quando è rimasto a osservare gli altri a bordocampo. Un dato che cristallizza l’incapacità dei Thunder di performare con lui in campo: doveva essere il terzo violino (in alcuni casi anche il secondo) e invece si è rivelato un buco nell’acqua. Il vero grattacapo adesso resta il suo contratto da 29 milioni di dollari che Anthony non si lascerà sfuggire, riempiendo il salary cap dei Thunder e riducendo i margini di manovra in estate. Per questo si ritorna al punto di partenza: trattenere George diventa a questo punto vitale, per non ritrovarsi come il giorno dopo in cui Durant ha scelto di salutare tutti e andare a Golden State.