Il lungo canadese di Cleveland è stata una delle mosse decisive in gara-7: dopo aver giocato due minuti nei primi tre episodi della serie, la sua presenza da titolare è stata decisiva per battere Indiana e conquistare l'accesso alla semifinale di Conference
La NBA fa miracoli, come far finire rapidamente nel dimenticatoio giocatori cruciali per poi riesumarli con la stessa celerità. Colpa di una lega che non fa sconti, che miete vittime a un ritmo che non permette cali, infortuni o scandali fuori dal parquet. Tristan Thompson non si è fatto mancare nulla di tutto questo negli ultimi mesi, paparazzato più volte con amanti e amiche che hanno fatto arrabbiare tanto Khloe Kardashian quanto Tyronn Lue. A quello poi si sono aggiunti gli infortuni; una novità nella carriera di un giocatore che ha battuto per anni ogni record di longevità e permanenza sul parquet. Thompson non ha saltato neanche una partita dal 2012 al 2017, prima di dover essere costretto a perderne 19 a inizio stagione e poi nove a marzo. Il problema più importante però è rimasto il suo (mancato) impatto ogni volta che è sceso in campo: Thompson non è mai apparso come quello degli anni passati, incapace di incidere in difesa e di far sentire il suo peso in attacco. “Gli ho ripetuto decine di volte di aspettare il suo turno – racconta George Hill -, di attendere che venisse pronunciato il suo nome. E in quel momento dimostrare tutto il suo valore”. Thompson ha giocato due minuti totali nei primi tre appuntamenti della serie contro Indiana, senza vedere il campo in gara-5 e risultando inutile in quella successiva. Tre punti e sei rimbalzi totali nei primi sei episodi e uno dei tanti comprimari ridimensionati e meno incisivi del previsto al fianco di James. Per gara-7 invece coach Lue decide di lanciarlo nella mischia, da titolare: “È una delle qualità richieste a un professionista. Farsi trovare pronto in ogni momento, a prescindere da quanto successo”. Il lungo canadese dei Cavs risponde presente, giocando la sua miglior partita della stagione e chiudendo con 15 punti e dieci rimbalzi in 35 minuti (mai così a lungo sul parquet quest’anno). Tutto condito con la stoppata su Darren Collison a meno di due minuti dalla sirena che ha definitivamente indirizzato la sfida verso Cleveland.
Il miglior Tristan Thompson dell’anno, proprio nel momento del bisogno
Questione di esperienza, visto che il quintetto schierato da coach Lue era identico per quattro quinti a quello che due anni fa ha avuto la meglio contro gli Warriors - al netto dell’inserimento di Kyle Korver, data la rinuncia forzata causa infortunio a George Hill; scongelato negli ultimi 19 minuti per il rush finale. “Questo è il Tristan che conosciamo – sottolinea LeBron James -, in grado di assicurarci extra-possessi decisivi, abile ad attaccare il ferro dal pick&roll. La sua energia, la sua durezza. Questo sono le caratteristiche che gli hanno permesso di diventare qualcuno nella lega, di far conoscere il suo nome a tutti, un motore che lavora sempre a pieni giri e in grado di mettere sotto qualsiasi avversario sia nei suoi paraggi”. E adesso la presenza sul parquet del nativo di Toronto sembra essere diventata imprescindibile, spinto da motivazioni aggiuntive contro i Raptors: “L’avventura ai playoff è sempre molto lunga e piena di colpi di scena. Mi ricordo il nostro primo anno al completo, quando Love si infortunò contro Boston al primo turno e dopo quello iniziai a giocare titolare e a battagliare contro Pau Gasol e Joakim Noah in semifinale con Chicago. Per quello intendo che le cose possono cambiare. Se non sono sul parquet, devo essere a bordocampo a incitare i miei compagni e essere sempre pronto mentalmente a prendere il loro posto”. Nessun discorso in sospeso, né tensione in spogliatoi: “Alla fine bisogna sempre ricordarsi che io e coach Lue siamo professionisti. Lavoriamo insieme da anni e io non ho scuse per non avere impatto quando vengo chiamato, soprattutto in una partita da dentro o fuori. Quando mi ha detto che sarei stato titolare ho capito che era il momento di fare un passo avanti e prendere in mano la situazione”. Questa volta è andata bene e coach Lue gli darà con piacere un’altra opportunità.