L'ala dei Clippers e della nazionale fa il punto sui playoff NBA ("Equilibrio incredibile, ora non saprei più dire chi vince") e fa chiarezza anche sulla mano infortunata, per cui ha dovuto sottoporsi a una piccola operazione. Ma non si risparmia neppure una battuta su un suo vecchio amico, Mike D'Antoni
L’occasione è stata lo svolgimento della Playground Milano League, un evento di basket 3 vs. 3 (ma non solo) organizzato nel capoluogo lombardo su nove diversi campetti cittadini: complice anche lo sponsor in comune, tra gli ospiti eccellenti anche l’ala dei Clippers e della nazionale italiana Danilo Gallinari: “Le sensazioni che si vivono sui campetti sono diverse da quelle che si hanno in palestra quando c’è un allenatore e un contesto maggiormente strutturato”, racconta il Gallo, non certo a digiuno di trascorsi sull’asfalto dei campetti: “Sui playground ti senti più libero, fai quello che vuoi, non ci sono schemi da seguire ma soltanto la sfida diretta tra te e il tuo avversario. E poi, perché no, c’è anche la bellezza di un po’ di trash talking…”. Proprio per via di uno scontro fortuito contro un giocatore che in campo la bocca non la tiene mai chiusa – Draymond Green, l’ala dei Golden State Warriors – Gallinari è stato costretto a saltare anche le ultime gare di stagione regolare dei suoi Clippers, impegnati fino all’ultimo in una disperata rincorsa playoff, dopo aver vissuto una stagione davvero martoriata dagli infortuni. L’ultimo, quello alla mano sostenuto nello scontro con Green, è ancora “di attualità”: “Mi sono sottoposto a una piccola operazione alla mano per sistemare il problema che ho avuto a fine stagione, per cui ora sto facendo la normale riabilitazione. Ma è tutto a posto”, assicura l’azzurro. Che poi accetta di buon grado di parlare dei playoff NBA in fase di conclusione, partendo da una confessione: “Pensavo che Cleveland riuscisse ad arrivare in finale NBA con più facilità nonostante non fosse arrivata prima a Est in stagione regolare [testa di serie n°4 per i Cavs, ndr]. La stessa cosa vale a Ovest per gli Warriors: ero convinto che Golden State potesse centrare la finale con maggior facilità, invece le serie sono molto equilibrate, per cui adesso come adesso non saprei più dire chi arriva fino in fondo”. Gallinari si concentra in particolare sulla sfida della “sua” conference, la Western, con avversari che i suoi Clippers potrebbero essere chiamati ad affrontare nei prossimi anni: “È strano che gli Warriors abbiamo perso il loro ritmo di gioco e non stiano passandosi molto la palla, perché il loro sistema di gioco è basato proprio sul movimento: in campo non si fermano mai, si passano spessissimo il pallone. Quella contro i Rockets è una bella sfida, le due squadre hanno due modi di giocare leggermente diversi per via di giocatori con caratteristiche diverse, ma è una finale di conference davvero bellissima”.
Un amico di nome Mike D’Antoni
E non guasta che sulla panchina di Houston ci sia seduto un uomo che Gallinari conosce molto bene, quel Mike D’Antoni che lo ha allenato al suo sbarco nella NBA con la maglia dei New York Knicks e che con lui condivide i trascorsi milanesi all’Olimpia Milano. “Che Mike sia un allenatore solo offensivo è uno di quegli stereotipi che si creano, cose che si dicono e vengono riportate sui media, critiche che vengono fatte – ad allenatori ma anche a noi giocatori – giusto perché devono essere fatte”, taglia corto il Gallo. “La pallacanestro si gioca in attacco e in difesa e se vuoi vincere un titolo devi difendere. Spesso vince la squadra che difende meglio e Golden State negli ultimi anni lo ha dimostrato: è sempre stata la squadra che ha difeso meglio nella NBA, se non era al primo posto era al secondo o al terzo”. Ma le cose quest’anno potrebbero anche cambiare.