In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

NBA Finals: cosa deve fare Cleveland per battere Golden State in gara-2?

NBA

Non sono bastati i 51 di LeBron James, non è stato sufficiente catturare 19 rimbalzi in attacco, non è servito essere avanti a 30 secondi dal termine: i Cavaliers non hanno speranze di battere gli Warriors a domicilio?

Condividi:

Tutti nelle ultime 48 ore si sono messi almeno una volta nei panni di LeBron James, immaginando il livello di frustrazione a cui lo ha portato la sconfitta arrivata all’overtime in gara-1 contro Golden State. A come nonostante lo sforzo sovraumano, situazioni più o meno fortuite abbiano reso vana la miglior prestazione della sua carriera ai playoff. A questo punto, dopo che prima della palla a due i pronostici erano tutti a favore degli Warriors, viene da chiedersi: se non sono bastati 51 punti di LeBron James, cos’altro possono fare i Cavaliers per portare a casa un successo dalla Oracle Arena? La sensazione è quella di aver perso il treno decisivo per ribaltare le attese della vigilia, di essersi giocati il bonus e di essere ormai condannati a inseguire i campioni in carica. Cleveland è stata molto brava a esplorare le difficoltà degli Warriors, restando a galla grazie a un super James nonostante i Cavaliers abbiano tirato peggio di squadra dal campo (44% vs. 51%) e soprattutto dalla lunga distanza (27% vs. 36%). Ecco, la prima chiave deve essere quella: mettere a posto la mira da lontano, provando a sfruttare i tanti metri di spazio che le visioni di LeBron concedono agli altri Cavs. Tutti i quintetti utilizzati da coach Tyronn Lue prevedono almeno un non tiratore in campo (quasi sempre un lungo, unito spesso con giocatori dalla pessima efficienza perimetrale come Jordan Clarkson), ma nonostante questo le attenzioni catalizzate da James permettono ai vari Jeff Green, J.R. Smith e Kevin Love di avere metri e tempo per andare a segno. Love e Green infatti sono decisivi in questo, perché i loro canestri da lontano sono il viatico per spaziare al meglio l’attacco dei Cavaliers e lasciare a James un’area vuota da attaccare. I due in gara-1 hanno combinato per un pessimo 2/14 dall’arco, con una tripla a testa che è una scommessa fin troppo conveniente per la difesa di Golden State. Segnare quei canestri renderebbe ancora più complesso contenere LeBron, generando un effetto domino a catena positivo per i Cavaliers.

Continuare a dominare a rimbalzo d’attacco

La giocata sciagurata di J.R. Smith negli ultimi secondi dei regolamentari è stata a lungo discussa perché additata da più parti come l’errore chiave che ha condannato i Cavaliers alla sconfitta. Una lettura plausibile (non univoca), che non tiene conto di un passaggio importante: quello catturato da Smith sul libero sbagliato da George Hill era il 19esimo rimbalzo d’attacco nella partita di Cleveland; uno dei punti di forza nella gara dei vice-campioni NBA. I Cavs hanno dominato sotto il ferro, chiudendo con 53 rimbalzi a referto contro i 38 totali degli Warriors (+15 è il margine migliore raccolto da Cleveland in questa post-season). Ben otto giocatori della squadra ospite ne hanno catturato almeno uno, guidati dai quattro di un intenso Larry Nance Jr. (quasi in doppia doppia nel suo esordio alle Finals). Una tendenza preoccupante per Golden State, visto che anche in gara-7 contro Houston avevano concesso ben 17 rimbalzi d’attacco ai Rockets: “Abbiamo guardato un sacco di video prima della sfida, osservando come nell’ultima serie i vari Tucker e Capela hanno fatto un grande lavoro per garantire seconde opportunità a Houston – sottolinea Nance Jr. -, è una cosa che mi rende orgoglioso: io, Tristan e Kevin abbiamo provato in ogni modo a tenere vivi quanti più possessi possibile”. Uno degli aspetti su cui battere di più quindi, approfittando della scelta filosofica (e di taglia) in risposta a quella fatta da Golden State. Gli Warriors sono spesso sottodimensionati e predisposti alla transizione, lasciando inevitabilmente spazio a rimbalzo. Lottare in area su un proprio errore è una delle chiavi per evitare che Golden State prenda ritmo: “Siamo felici del lavoro fatto – racconta coach Lue –, l’attività sotto i tabelloni è uno dei nostri punti di forza. Il problema è stato non capitalizzare a sufficienza le opportunità che abbiamo avuto”.