"Lo schema era per me, appena ho ricevuto sapevo che il tiro me lo sarei preso io", le parole del n°23 di Philadelphia. Che otto giorni dopo il game-winner contro gli Hornets replica con un canestro identico, candidandosi a uomo dei possessi decisivi
I RISULTATI DELLA NOTTE: PHILA PASSA A BROOKLYN ALLO SCADERE
BUTLER STOPPA WALKER E SEGNA ALLO SCADERE: CHARLOTTE SCONFITTA
Negli Stati Uniti il Giorno della Marmotta si celebra tradizionalmente il 2 febbraio. Bill Murray lo ha reso celebre in “Ricomincio da capo”, pellicola che lo vedeva costretto a rivivere ogni giorno lo stesso destino. A Philadelphia potrebbero pensare di festeggiare la ricorrenza al 25 novembre dopo che Jimmy Butler – esattamente otto giorni dopo aver mandato a bersaglio il canestro decisivo contro Charlotte – replica in maniera identica la sua impresa per affossare le speranze dei Brooklyn Nets sul campo del Barclays Center e regalare la vittoria ai Sixers. “Ho segnato io – le parole dell’ex “scioperante” dei Timberwolves – ma avrebbe potuto essere ciascuno di noi. I miei compagni hanno tantissima fiducia in me e io in loro: è merito loro se siamo rientrati in partita”. Perché Philadelphia – prima del canestro allo scadere di Butler – si è ritrovata sotto di 20 punti, 13 ancora a meno di cinque minuti dalla fine della partita. Ma il quarto quarto è il regno di Jimmy Butler, assolutamente perfetto dal campo, con 7/7 al tiro. Dei sette canestri realizzati, quattro sono arrivati da dietro l’arco, compresi i tre punti della vittoria che hanno tenuto col fiato sospeso il suo compagno Joel Embiid: “Continuava a far trascorrere secondi su secondi e io dentro di me pensavo: ‘Vuoi tirare o no quel dannato pallone?’. Gran canestro, quella è la sua mattonella”. Già, perché contro gli Hornets, otto giorni fa, Butler aveva segnato un canestro sostanzialmente identico, vanificando la prestazione da 60 punti di Kemba Walker e guadagnandosi subito sul campo i gradi di giocatore clutch all’interno dello spogliatoio dei Sixers. Dall’inizio della stagione 2015-16, infatti, quando il cronometro è sotto i 10 secondi e la gara in equilibrio, Butler ha messo a segno la bellezza di cinque canestri vincenti, un numero superato soltanto da Russell Westbrook (a quota 7). Nelle ultime due stagioni, su tiri analoghi, il resto dei giocatori dei Sixers sfoggia invece un poco invidiabile 1/13, motivo in più per accogliere con entusiasmo l’arrivo di un veterano come l’ex Bulls e Timberwolves. “Lo schema disegnato da coach Brown era per me, e quando ho ricevuto il pallone sapevo che avrei finito per prendermi io il tiro”. Anche perché – ha raccontato Butler nel post-partita – lo aveva provato e riprovato il giorno precedente alla gara in un allenamento privato sulla palestra di Villanova, ennesima dimostrazione della voglia di lavorare e di dare tutto, all’interno dei 48 minuti e anche oltre, del prodotto di Marquette University.
Brett Brown: “C’è molto di più oltre ai canestri decisivi”
Se l’attenzione di tutti è stata immancabilmente catalizzata dai tiri vincenti mandati a bersaglio contro Hornets e Nets, l’allenatore di Philadelphia Brett Brown ha una prospettiva diversa che allarga il campo di visione e chiede di focalizzarsi sulle due giocate compiute dallo stesso Butler prima dei rispettivi possessi decisivi. “Con 12 secondi da giocare, è stato lui a buttarsi sul parquet per conquistare una palla a due, poi vinta, che ci ha permesso di avere l’ultimo tiro”. Allo stesso modo – ricorda Brown – anche prima del game-winner contro Charlotte era stata una stoppata rifilata a Kemba Walker sempre da Butler a propiziare il finale eroico. “Queste sono le giocate di Jimmy, quelle a cui ci ha abituato, da sempre”. L’allenatore dei Sixers poi ha voluto spendere parole di elogio verso il neo-arrivato in maglia Sixers: “Non sta forzando il suo inserimento in questo gruppo – né in attacco, né in difesa, tanto meno in spogliatoio nell’affermare la sua personalità. Sta cercando di conoscerci piano piano, in maniera paziente, senza fretta: lo rispetto molto per questo. Mi ha sorpreso, pensavo fosse il suo naturale modo di fare, ma ho capito che invece lo fa in maniera consapevole: sta provando a integrarsi nel nostro programma, nella nostra cultura di squadra e lo sta facendo con grande umiltà e il massimo rispetto per quello che siamo riusciti a costruire qui in questi anni”. Nella speranza, condivisa per primo dallo stesso Brown, che il meglio debba ancora arrivare.