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NBA, Warriors: c'è qualcosa che non va. Kerr: "Mai nessuno ha avuto gli occhi addosso come noi"

NBA

Qualche sconfitta di troppo e più clamorosa del solito ha fatto venire il dubbio a qualcuno: Golden State riuscirà a completare il three-peat? Steve Kerr e Kevin Durant non sembrano però molto preoccupati dalle critiche e da chi parla di "crisi" dei campioni in carica

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Preoccuparsi è lecito, anche se in questi casi non bisogna mai dimenticare che l’eccezione è stata soprattutto il passato. Gli Warriors hanno tenuto infatti per anni un ruolino di marcia invidiabile e unico nel suo genere. Perdere quattro partite in casa diventa quindi preoccupante (e non la norma), così come il fatto che tutti quei ko siano stati rumorosi - contro avversari che lecitamente hanno misurato le loro qualità contro i campioni in carica - e con almeno 20 punti di scarto. Per rendere l’idea: Golden State sotto la guida di Steve Kerr ha incassato due sconfitte alla Oracle Arena con almeno 20 lunghezze di margine nei primi quattro anni e ben quattro in questi due mesi di questa regular season: “Abbiamo fissato l’asticella molto in alto - commenta l’allenatore degli Warriors - l’ho spiegato ai miei ragazzi: abbiamo spinto le nostre ambizioni oltre ogni aspettativa. Per questo ogni volta che qualcosa va storto, il senso di urgenza che ne deriva diventa enorme. Siamo forse la squadra più studiata e analizzata della storia della Lega; la sfida è tra noi e i Bulls di cui ho fatto parte da giocatore. Vedo molte affinità con quell’ambiente, ma adesso la situazione con un numero gigantesco di media e di persone che ci seguono è diventata esplosiva, ognuno è pronto in maniera istantanea a giudicare e criticare. Fa tutto parte del gioco, abbiamo già imparato a conviverci negli anni passati. Non importa. Quello che mi sta a cuore è rispondere sul campo dopo una brutta sconfitta, a una serie di risultati negativa, agli infortuni. Se continuiamo sempre a dare un segnale quando ci sono delle difficoltà, a compattarci, le cose buone arriveranno. Questo è quello che penso dei miei ragazzi. Siamo i campioni in carica, una squadra piena di giocatori che hanno affrontato ogni tipo di avversità. Lo stesso va detto per lo staff, che non ha mai smesso di provare a migliorare. Ci sarà un motivo se ci alleniamo tutti i giorni, se i cronisti hanno sempre qualcosa da scrivere e da mostrare della nostra squadra. È un viaggio, un lungo viaggio più complicato che in passato a causa delle circostanze. Ma fa tutto parte del gioco”.

Durant e i giornalisti: “Di “crisi” ne parlate voi, non nello spogliatoio”

Fa strano vedere coach Kerr sulla difensiva, soprattutto considerando che la “colpa” degli Warriors è quella di non aver fatto il vuoto come al solito e non di essere crollata. Golden State infatti resta al primo posto a Ovest (sì, sono sempre loro in vetta) e la favorita di diritto a chiudere un’impresa storica come il three-peat, che in NBA non si vede da 15 anni; dai tempi dei Lakers 2000/2002. “Sono in difficoltà a rispondere alla vostre domande - sottolinea Kevin Durant - provo a spiegarmi: parlate di argomenti che non ci interessano, che non riguardano la mia vita se non quando vengo qui davanti a voi a sedermi. Non ne parliamo in spogliatoio, né ci pensiamo quando arriva il momento di scendere sul parquet. Non mi preoccupo dei giornalisti che dicono che siamo in crisi, penso soltanto a dimostrare di essere il miglior giocatore possibile. Capisco che avete bisogno di nuovi contenuti, di notizie. Dovete lavorare raccontando il basket, trovando magari qualcosa fuori dagli schemi, capite cosa intendo? Da fuori quindi può apparire che ci sia un po’ di panico nello spogliatoio, mentre noi siamo consapevoli di giocare male, ma al tempo stesso abbiamo ancora una lunga stagione per riscattarci”.

KD e il commento alle difficoltà di Draymond Green

Nessuno parla di tensione in spogliatoio, anche se lo scontro malcelato tra Durant e Green ha tenuto banco per qualche settimana. A pesare più di tutto però è stata l’assenza sul parquet del n°23 degli Warriors, frustrato dall’incapacità di essere efficace in attacco. “No, non credo che la sua presenza crei problemi al nostro attacco. Non penso che i nostri problemi dipendano solo da lui, anche se è ovvio che dobbiamo chiedergli di essere più aggressivo”. Green ha raccolto un modesto 11/49 con i piedi oltre l’arco e la speranza è che ritrovi la vecchia confidenza con il canestro. Diventare un bersaglio da sfidare al tiro infatti manda spesso in cortocircuito l’attacco Warriors. Senza i suoi canestri tutti perdono di efficacia: “Gli ho detto che non deve esitare, sbaglia ogni volta che lo fa - racconta Durant - detesto il fatto che passi il pallone ogni volta che ha spazio per concludere. Glielo sto ripetendo di continuo. Non è una questione di egoismo, ma è necessario per il nostro attacco che lui riesca a dimostrare di essere pericoloso. Alle volte è più altruistico prendere dei tiri e togliere le castagne dal fuoco in situazioni complicate, molto più che passare il pallone ai compagni e rendere complicata la possibilità di tiro. Errori e palle perse non sono mai stati un problema, sappiamo bene che Draymond è il giocatore che può segnare quei tiri che gli avversari stanno concedendo”. Iniziare a trovare il fondo della retina potrebbe essere la risposta migliore a tutti gli scettici.