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NBA: i Miami Heat, l'addio di Dwyane Wade e una stagione in altalena (e da playoff)

NBA

Massimo Marianella

La squadra della Florida vuole ripartire dal duo Winslow-Richardson, nonostante faccia ancora affidamento sul n°3. L'obiettivo adesso è quello di regalare a Wade una serie playoff; il modo migliore per salutare un campione che mancherà a livello di leadership e talento

MIAMI - Tutta la stagione come su un’altalena, oscillando tra l’accesso riuscito (o mancato) ai playoff. Un’annata, nonostante i meravigliosi nuovi e scintillanti colori Vice nero-rosa-azzurro, agonisticamente decisamente grigia. Una Miami vittima della scelta societaria nel post LeBron di non ricostruire da zero, ma provando invece a farlo rimanendo competitivi. Volere di Pat Riley, ma anche dettato dal rispetto nei confronti di una tifoseria fedele sì, ma pur sempre di una città che notoriamente è molto legata soprattutto alle squadre che vincono. Fan a cui ormai bisogna aggiungere il solito gruppo di esponenti del grande calcio europeo che si affacciano all’American Airlines Arena per “supportare” gli Heat. Quest’anno si sono visti il presidente della Uefa Aleksander Ceferin - ospite del connazionale Goran Dragic - Antoine Griezmann, che gli Heat hanno accolto al loro campo d’allenamento regalandogli una maglia personalizzata n° 7 (poi però alla sfida Champions contro la Juventus si è presentato con uno zainetto dei Brooklyn Nets, ed è stato eliminato), oltre a qualche juventino come Sami Khedira, Paulo Dybala e Mario Mandzukic - ricevuti con tutti gli onori, in cambio di una maglia e una foto con Nick Maiorana; responsabile dei rapporti con i media degli Heat e super tifoso bianconero. Ormai sono più le star del calcio presenti a bordocampo alle partite degli Heat che quelle del cinema, anche se i risultati raccolti sul parquet non abbiano poi realmente beneficiato di un tifo “di livello internazionale”.

Justise Winslow, una delle note positive di questa stagione

Sempre sul filo del 50% di vittorie, nell’eterna speranza di veder ripagato l’investimento economico fatto per Hassan Whiteside - che nelle ultime settimane per la prima volta si è davvero dimostrato uomo squadra, accettando di buon grado di uscire dalla panchina lasciando a Bam Adebayo il posto da titolare - e sempre clamorosamente incostanti. Alle vittorie su Golden State, le due con Portland e il “cappotto” stagionale contro San Antonio e Utah (unica squadra a Est a riuscirci), hanno poi fatto seguito i -38 e -29 contro Milwaukee, la scoppola da 24 lunghezza presa contro Atlanta e i -23 incassati contro Toronto e Detroit. Una stagione insomma non da Miami, almeno quando si parla di protezione del ferro, visto che i ragazzi di coach Spoelstra a difendere davvero (come richiede il DNA della franchigia) hanno iniziato solo dalla sfida contro i Pistons in casa il 13 marzo. Ci si è messa anche la sfortuna e l’infortunio di Dragic, ma quello involontariamente è stato ciò che ha permesso a Justise Winslow di sbocciare definitivamente. L’ex Duke ha messo insieme dieci partite da con almeno 20 punti in questa stagione, contro le due raccolte nei primi tre anni NBA. Nonostante i 12.7 punti rappresentino il suo massimo in carriera, lo sviluppo di Winslow non è stato soltanto a livello realizzativo. L’infortunio dello sloveno gli ha permesso di giocare da point guard e la sua trasformazione a quel punto, gravato di maggiori responsabilità, è stata complessiva, con una netta crescita nel tiro dall’arco (il numero di conclusioni a partita è raddoppiato rispetto al passato), condita da 5.4 rimbalzi e più di quattro assist - in aggiunta a una visione di gioco e continuità di rendimento che sembravano insospettabili fino a poche settimane fa. La chiave è stata la personalità da leader fondamentale in una franchigia in cui gli esponenti più significativi a riguardo (Dwyane Wade e Udonis Haslem) sono alla stagione dei saluti. In estate Winslow, dopo che Riley aveva tentato di inserirlo in diverse trade assieme a Whiteside, ha rinnovato il suo contratto per tre anni a 39 milioni di dollari. Oggi quel contratto, anche in prospettiva, appare come un affare. E visto che la percezione all’interno della franchigia è quella di aver trovato un giocatore su cui investire, già in questa off-season sembra che le parti si possano sedere per un prolungamento.

Il leader tecnico Richardson e la crescita di Adebayo

Altro protagonista positivo della stagione Heat è stato Josh Richardson e in questo Miami è stata certamente fortunata perché lo scambio con i T’Wolves per arrivare a Jimmy Butler comprendeva lui, Kelly Olynyk e una seconda scelta - saltato soltanto perché Tom Thibodeau chiese in extremis una piccola aggiunta in dollari e Riley esasperato preferì chiudere bruscamente la trattativa. Gli Heat hanno evitato di aggiungere a roster uno spacca-spogliatoio finito invece ai Sixers (pur sempre un All-Star…) e hanno mantenuto un giocatore che al momento è in testa alle graduatorie di squadra per punti, assist, palle rubate, tiri liberi, percentuale al tiro e canestri da tre punti. Richardson e Winslow rappresentano il duo dal quale poter ripartire. Anche perché a Miami le basi tecniche non sono poi molte. Si potrebbe con un po' d’ottimismo forse aggiungere al bilancio positivo la crescita di Bam Adebayo che nel match dell’8 marzo contro Cleveland ha superato quota 1.000 punti in NBA e che in regular season ha sommato - ora partendo anche in quintetto - 8.6 punti, sette rimbalzi e due assist di media. Con le mani legate dal punto di vista salariale, gli Heat alla trade deadline sono riusciti almeno a liberarsi dei contratti di Tyler Johnson e Wayne Ellington, ma la situazione per il futuro immediato non è semplicissima. Scade il rapporto contrattuale con Chris Bosh - che quest’anno ha pesato sul salary cap per 26.84 milioni di dollari, a cui verrà ritirata la maglia nel match contro Orlando del 26 marzo – mentre andrà in scadenza un giocatore utile, ma non fondamentale come Rodney McGruder, oltre ai capitani Haslem e Wade. Nonostante questo alleggerimento salariale, Miami ha già impegnato oltre 137 milioni di dollari per il prossimo anno – considerando anche la player option da 19 milioni di Dragic – e soltanto nell’estate 2020 andranno finalmente a scadenza accordi pesanti. Se non dovesse esserci qualche “trovata fantasiosa” a livello di scambi di mercato in estate, gli Heat potranno pensare soltanto dalla stagione 2020/21 di aver agio di muoversi liberamente.

Il posto ai playoff conquistato grazie al lavoro di coach Spoelstra

Quindi il timore che questo anno da yo-yo (giochino che pare stia tornando però di moda tra i giovani) possa sul campo materializzarsi anche la stagione prossima è molto concreto, ma sarebbe decisamente più difficile da gestire dopo una regular season nella quale coach Spoelstra ha dovuto fare gli straordinari con un roster limitato, dimostrando una volta di più la sua bravura. Complici i tanti infortuni, l'allenatore degli Heat è stato costretto a schierare ben 24 quintetti base diversi, sfruttando con grande continuità l’utilizzo della difesa a zona 2-3, mentre a marzo ha provato anche a mischiare le carte facendo partire dalla panchina Dragic e Whiteside assieme a Wade, ottenendo tanta energia anche col secondo quintetto; spesso figlia delle fiammate di classe straordinaria del n°3. Quest’anno Wade, giocatore decisivo molto più che mascotte di lusso, ha dato una grande mano sia come effetto distrazione frutto del suo giro d’addio in NBA e soprattutto in campo grazie ai numeri migliori raccolti da tre anni a questa parte: 25.6 minuti, 14.2 punti, quattro assist e 3.7 rimbalzi a partita. “All’inizio della regular season non sapevo – sottolinea Spoelstra – che Dwyane sarebbe stato praticamente il nostro closer nella seconda parte della stagione, che sarebbe stato così decisivo in campo, ma ero certo che sarebbe stata fondamentale la sua leadership, la sua esperienza e la tranquillità che riesce a trasmettere. La sua grandezza sta nel non trasformare le sue prestazioni in uno show personale, preferendo invece aiutare e facilitare la crescita dei giovani. Wade aumenta la loro fiducia e la capacità di prendersi le responsabilità e Bam Adebayo rappresenta l’esempio migliore”. L’anno prossimo il futuro Hall of Famer, il più grande sportivo della storia della città (sorry Dan Marino), il tre volte campione NBA non sarà più in campo perché aveva detto - progetto chiaramente riuscito - di volersi ritirare quando “posso ancora essere un po' rimpianto per le prestazioni e non per il passato”: scelta che rappresenterà un doppio problema. Una voragine a livello di leadership, ma una grossa mancanza da colmare anche sul parquet.

L’obiettivo è regalare a Wade l’accesso ai playoff

Gli Heat ovviamente ci stanno provando a prescindere, ma permettere a Wade di terminare la carriera con lo stile che merita, ovvero garantendogli l’accesso ai playoff, è diventato quasi un obbligo per tutto il resto del roster. Un senso di responsabilità. Un segno di riconoscenza da parte di una squadra tornata nella norma, nei confronti di chi ha reso la storia degli Heat tanto speciale. Decisiva in questo senso potrebbe essere la sfida contro i Magic di martedì notte. Tornati a casa dal giro di quattro trasferte con tre vittorie (Oklahoma San Antonio e Washington) e solo la sconfitta di Milwaukee, adesso gli Heat sanno di giocarsi tutto nel derby della Florida – nonostante poi restino altre otto gare da disputare. “È fondamentale! È una di quelle partite – dice Wade - contro una squadra che ci ha sempre creato problemi e che lotta per il nostro stesso obiettivo, dove alla fine il fisico è a pezzi perché certamente avremo dato tutto sul parquet. Torniamo da una serie di partite importanti con un ottimo bottino in casa di avversari complicati da battere. Mentalmente la vittoria di Washington è stata la più dura, ma anche l’emblema della professionalità e la determinazione di questo gruppo. Non solo, ancora una volta in questo finale di stagione è stata messa in mostra la crescita di Adebayo. Offensivamente, per come è migliorato nel modo di passare il pallone e anche data la trasformazione dal punto di vista vocale; tutte caratteristiche che lo rendono ormai un punto di riferimento per noi. A Washington ci ha trascinato alla vittoria. Adesso però dobbiamo solo pensare a recuperare un po' d’energie e concentrarci sulla partita con Orlando”. Una notte in cui gli Heat vogliono ritirare soltanto la maglia di Bosh e certo non le speranze di partecipare alla post-season.