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Playoff NBA, coach Brown elogia "James" Butler, ma lui puntualizza: "Il mio nome è Jimmy"

NBA

Il numero 23 dei Philadelphia 76ers è stato decisivo con 30 punti, 11 rimbalzi e 5 assist per il pareggio nella serie con Toronto. Una prova elogiata da coach Brett Brown, che però si è reso protagonista di una gaffe piuttosto imbarazzante col suo giocatore

BUTLER DA 30, PHILADELPHIA PAREGGIA LA SERIE

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"Quello di questa sera è stato James Butler, un vero adulto in campo". Parole e musica di coach Brett Brown, che nel tentativo di sottolineare la prestazione il suo numero 23 – “È stata una roccia incredibile per noi, ci ha trascinati in tantissime situazioni diverse” – ha cambiato il suo nome di battesimo, dando per scontato che quello con cui è noto fosse un soprannome. Peccato che si sia sbagliato su una cosa fondamentale: “Il mio nome non è James, è proprio letteralmente Jimmy” ha puntualizzato Butler dopo che gli sono state riportate le parole del suo allenatore, autore di una gaffe piuttosto imbarazzante. Non che cambi molto la sostanza delle cose: i 30 punti, 11 rimbalzi e 5 assist dell’ex Minnesota hanno fatto la differenza in una serata in cui nessuno dei suoi compagni ha superato quota 13 (peraltro toccati da un sorprendente James Ennis), mettendone a referto 12 solamente nell’ultimo quarto. Dopo la gara però è stato lo stesso Butler a sottolineare quanto il successo sia nato principalmente dalla difesa: “È stato uno sforzo collettivo: quando riusciamo a fermare gli avversari, possiamo andare in contropiede. Quando difendiamo così, siamo una squadra davvero forte”. Non c’è dubbio che la metà campo difensiva abbia vinto la partita per i Sixers, tenendo gli avversari sotto i 90 punti (non succedeva dal 28 dicembre contro Orlando) e al 36.3% dal campo. Un successo ancora più importante perché arrivato con Joel Embiid in cattive condizioni fisiche – complice una gastroenterite che lo ha costretto a una flebo prima della palla a due – ma che non si sarebbe perso la partita per niente al mondo. “Se ci siete passati anche voi, sapete come ci si sente” ha detto dopo la partita. “Per noi era una gara importante, non avrei potuto saltarla per nessun motivo. Non importano le mie condizioni: dovevo essere in campo”.

Coach Nurse: "Sapevamo che non sarebbe rimasto in disparte"

Sotto 0-1 nella serie e con due superstar fuori uso (Embiid per il fisico, Simmons per la marcatura complicata di Kawhi Leonard), è stato Butler a farsi carico dell’attacco, come richiesto anche dal numero 21 dei Sixers. Una prestazione da 30+10+5 ai playoff – il terzo dopo Charles Barkley e Joel Embiid a riuscirci in post-season negli ultimi 35 anni per i Sixers – di particolare importanza anche per come era andata gara-1, chiusa con soli 10 punti e 4/12 al tiro da parte del numero 23. Inevitabile che un giocatore del livello di Butler non avrebbe continuato a giocare su quei livelli ancora a lungo: “La prima cosa da dire, e la più importante, è che Jimmy Butler è un agonista” ha detto l’allenatore avversario Nick Nurse. “Uno che quando conta c’è sempre. Sapevamo che non sarebbe stato in disparte per tutta la serie, no? Stiamo parlando di uno davvero forte. Ne siamo consapevoli”. In gara-3, quando la serie si sposterà a Philadelphia, ci sarà bisogno di un piano partita anche per contenerne l’impatto offensivo. Ma prestazioni come quelle di Jimmy Butler sono ciò che rendono imperdibili i playoff NBA: ad ogni partita può emergere un protagonista diverso, che sia atteso oppure no. Fortunatamente per i Sixers, il numero 23 ha risposto presente nel momento del bisogno.