Puntare sull'ex Spurs non era scontato, ma in Canada hanno deciso di rischiare, andando a caccia di risultati mai raggiunti prima e provando a convincere Leonard a suon di vittorie: le Finals NBA e i record sono arrivati, un successo a prescindere dal titolo e dal rinnovo
Negli Stati Uniti vengono chiamati “confetti”, parola di chiara origine latina utilizzata per indicare i coriandoli che riempiono il parquet a giochi fatti, quelli che sfiorano la testa di protagonisti per celebrare un successo e dare il via alla festa. A Toronto non erano mai piovuti dal cielo al termine di una gara delle finali di Conference. Mai, in 24 anni di storia, i Raptors erano arrivati così in alto. Fino a oggi, reduci da uno sforzo che in pochi avrebbero immaginato possibile non più di dieci giorni fa: più forti di tutti a Est, in grado di ribaltare uno 0-2 trasformandolo in 4-2 (soltanto sei volte in 73 precedenti era successo in questa fase dei playoff nella storia della Lega) grazie all’apporto del miglior talento visto sul parquet in questa post-season. “Kawhi è il miglior giocatore NBA”, urla Masaj Ujiri al microfono a fine partita, mandando in estasi i 20.478 spettatori della Scotiabank Arena scatenati e festanti dopo aver raggiunto un traguardo storico. “Noi siamo felici che sia qui con noi a Toronto”. Una sottolineatura necessaria da parte del GM dei Raptors, che sa bene quanto sia labile il filo che tiene attaccati Leonard e la squadra canadese. Un affare che Toronto non si è lasciata sfuggire la scorsa estate, una trade tanto intrigante quanto rischiosa, ma con un chiaro obiettivo: migliorare da subito un gruppo che troppo spesso aveva deluso sul più bello, andare all-in e provare ad arrivare dove mai prima ci si era riusciti ad avventurare. A prescindere da quello che accadrà il prossimo 30 giugno, dalla vittoria o dalla sconfitta contro Golden State alle Finals, a Toronto sanno di aver fatto il massimo in questi ultimi otto mesi per garantirsi una possibilità con Leonard. Una scommessa vinta, nonostante ci sia un titolo NBA da poter contendere ai bi-campioni in carica: “Non sono uno di quelli che giudica in questo modo il suo lavoro – sottolinea Leonard, replicando al commento a suo dire troppo generoso da parte di Ujiri – guardo molto di più agli aspetti che riguardano la squadra. Voglio vincere, soltanto quello, non mi preoccupo di essere il migliore di tutti. Voglio soltanto far parte del gruppo più forte, l’ho sempre detta questa cosa”. Sempre basso profilo, come d'abitudine per un personaggio del genere.
Raptors e Leonard da record: "Ho puntato su me stesso"
“Prima dell’inizio della stagione, quando Toronto ha deciso di puntare su di me, Masaj mi ha più volte spiegato quali fossero le sue ragioni, le sue intenzioni e soprattutto quello che sperava potesse succedere ai Raptors – prosegue Leonard – le cose sono andate per il verso giusto. Siamo alle finali NBA e il nostro lavoro non è ancora terminato”. Inutile, anche superfluo pensare al mercato e al futuro quando il presente regala così tante soddisfazioni e gioia. L’ex Spurs ha polverizzato qualsiasi record di franchigia, riuscendo in sette mesi a toccare vette a cui nessuno si era neanche avvicinato in 24 anni. In gara-6 i suoi 27 punti, 17 rimbalzi, sette assist e due stoppate sono soltanto l’ennesimo primato: mai nessun giocatore nella storia NBA aveva messo a referto cifre del genere in una sfida che valeva il passaggio del turno. Nel momento del bisogno, l’ennesimo sforzo del n°2 ha tolto le castagne del fuoco, completato per due volte la rimonta da -15 nella stessa partita e permesso a Toronto di godersi le finali NBA. “Penso che per raggiungere un traguardo del genere, l’aspetto fondamentale è quello di credere di potercela fare – aggiunge Nick Nurse – questo è stato il messaggio che ho portato avanti sin dal training camp. Siamo forti, profondi, attrezzati per fare bene, abbiamo un sacco di armi a nostra disposizione: ci sono tante squadre forti a Est, ma noi non eravamo secondi a nessuno. Su Kawhi poi… non so se sono in grado di dire tutte le cose positive che meriterebbe di sentirsi dire. È un fenomeno senza eguali”. Una gemma pescata con la 15^ chiamata dai Raptors – la prima squadra nella storia NBA a essere arrivata alla Finals senza avere un giocatore scelto in Top-10 a disposizione sul parquet. Sì, un altro record: “È fantastico essere a questo punto: ho lavorato duro per un anno intero, ritornando in campo dopo tante difficoltà, scommettendo su me stesso perché sapevo quale fosse la cosa giusta da fare. Sono venuto a giocare a Toronto assieme a un gruppo di talento: mi hanno aiutato tutti, da Kyle in giù e grazie a loro sono arrivato fino a questo punto”. Insomma, la scommessa l’ha vinta anche lui.