Il dirigente degli Warriors si è presentato in conferenza stampa trattenendo a fatica la commozione e ha raccontato come la decisione di far giocare il n°35 sia stata condivisa e valutata a lungo con diversi specialisti, ma sottolinea al tempo stesso che lui è, in caso si cerchino colpevoli, l'unico responsabile dell'infortunio al tendine d'Achille di Durant
GOLDEN STATE NON MOLLA, TORONTO KO IN GARA-5
LE REAZIONI DI WARRIORS E RAPTORS ALL'INFORTUNIO DI DURANT
Non è stato il riacutizzarsi del problema al polpaccio destro – come ipotizzato da molti durante la partita – ma un infortunio ben più grave al tendine d’Achille che potrebbe pesare non poco sul futuro di Kevin Durant, degli Warriors, della free agency e in sostanza dell’intera NBA. L’ennesimo punto di svolta di una serie di finale piena di colpi di scena, alle volte dolorosi come nel caso del problema fisico che terrà fuori il n°35 di Golden State per il resto della stagione. Anche per questo Bob Myers, presidente delle basketball operation dei bi-campioni in carica e responsabile delle decisioni prese nello spogliatoio Warriors come pochissimi altri, ha deciso di metterci la faccia a fine partita, presentandosi in conferenza stampa sconvolto dal dolore e dal senso di colpa, in una scena che raramente si è vista in un post-partita NBA. Myers ha trattenuto a fatica le lacrime, singhiozzando più volte ed esordendo dicendo: “Quello di Kevin è un infortunio al tendine d’Achille, non so l’entità del problema, domani farà una risonanza magnetica. Prima di tornare in campo, ha fatto quattro settimane di lavoro con lo staff medico e ha visto più di uno specialista, si è sottoposto a diverse risonanze e al parere di molti dottori. Ci sentivamo sicuri del modo in cui avevamo affrontato l’infortunio, gli era stato dato il via libera per tornare in campo. È stata una decisione presa insieme. Non credo che ci sia nessuno da dover incolpare per quanto successo, ma capisco questo mondo e se c’è qualcuno a cui dare la colpa quello sono io perché sono il responsabile della parte cestistica della squadra”. Parole dure, non di certo autoassolutorie, ma cariche di tristezza per chi si sente responsabile in prima persona di quanto accaduto. “Lasciate che vi dica una cosa su Kevin Durant – prosegue con la voce in parte incrinata dall’emozione - Lui ama giocare a pallacanestro, e le persone che hanno messo in dubbio la sua volontà di tornare a giocare per questa squadra si sbagliavano. È una delle persone più incomprese: è un bravo compagno e una brava persona, [quello che è stato detto su di lui] non è giusto. Sono fortunato a conoscerlo. […] Lui vorrebbe solo giocare a pallacanestro con i suoi compagni e competere, e ora non può. Il basket è stato tutta la sua vita, non penso che possiamo capire quanto sia importante per lui”. E a chi domanda del legame tra i due problemi fisici risponde:“L’infortunio iniziale era stato diagnosticato al polpaccio. Questo non è un infortunio al polpaccio, è un infortunio diverso. Non sono un dottore, non so è collegato oppure no, ma è un altro infortunio”. Per saperne di più bisognerà aspettare gli esami nelle prossime ore, superare il senso di colpa invece potrebbe richiedere molto più tempo.