Grazie alle trade di Westbrook e George, i Thunder hanno messo insieme 15 scelte al Draft da sfruttare nei prossimi sei anni - la base dalla quale ripartire dopo un decennio di successi, mai culminati però con un titolo NBA. E nel presente potrebbero arrivare soltanto sconfitte
Cinque anni e 205 milioni di dollari: un accordo a vita, o almeno quello che nel 2017 in molti immaginavano avrebbe legato Russell Westbrook a OKC per il resto della sua carriera. In questo mercato pieno di colpi di scena però tutte le certezze sono venute meno e così i Thunder, in parte per scelta e in parte per necessità, hanno deciso di rinunciare a un tassello cruciale fino a ieri e diventato di troppo dopo la partenza di Paul George. A Oklahoma City infatti, dopo la rinuncia a James Harden per ragioni salariali risalente a un’era geologica precedente, si è scelto di non commettere di nuovo lo stesso errore: 12 mesi fa la dirigenza dei Thunder ha messo sul piatto un’offerta al massimo salariale per Paul George, superando ampiamente la soglia del salary cap e investendo un bel po’ di verdoni per mantenere al vertice una squadra competitiva da un decennio. Nella passata stagione OKC ha speso 60 milioni di dollari di tassa di lusso, raccogliendo però soltanto 49 vittorie e una cocente eliminazione al primo turno playoff. Troppo poco per giustificare una spesa del genere: con Westbrook, George e Adams a libro paga, OKC sarebbe andata incontro a un’altra stagione nella quale investire decine di milioni di dollari aggiuntivi, senza rinforzare in alcun modo un roster bloccato da contratti troppo pesanti. I Thunder sono così riusciti a superare infortuni, partenze, scelte sbagliate e tradimenti, mantenendo sempre uno standard elevato di resa: negli 11 anni con Westbrook OKC ha raccolto 538 vittorie complessive – terza miglior franchigia alle spalle di San Antonio Spurs e Houston Rockets. Anche meglio degli Warriors, che nel frattempo però hanno messo in bacheca tre titoli NBA. I Thunder invece hanno sempre dovuto fare i conti con quello che è mancato per raggiungere il vertice, fino a constatare amaramente negli ultimi due anni che la coppia Westbrook-George non funzionava come sperato sul parquet. A quel punto meglio alzare bandiera bianca di fronte alla volontà del n°13 di andare via e approfittarne per rigenerare un gruppo che adesso progetta guardando al medio-lungo periodo. Nel breve potrebbero infatti arrivare le sconfitte evitate per un decennio, ma questa sembra essere l’unica soluzione praticabile.
I Thunder e le scelte al Draft: un bottino da sfruttare fino al 2026
Westbrook e George però, nonostante la disfunzionalità messa in mostra a Oklahoma City, restano degli asset di primissimo livello. Soprattutto grazie a questo i Thunder sono riusciti a ottenere in cambio dalle due trade un giocatore interessante e di prospettiva come Shai Gilgeous-Alexander, oltre a un insieme di scelte al Draft saggiamente proiettato sul medio periodo. Clippers e Houston infatti adesso hanno tutte le carte in regola per restare al vertice nei prossimi anni: meglio puntare su scelte che arriveranno quando i vari Harden, Leonard, George e tutti gli altri potrebbero vedere scemare il loro rendimento. La possibilità di scelta in futuro però garantisce una nuova e intrigante prospettiva: OKC infatti nel 2020 avrà in aggiunta la chiamata dei Nuggets (arrivata dallo scambio per Jerami Grant), nel 2021 quella di Miami, nel 2022 quella dei Clippers, 2023 di nuovo Heat, 2024 sia Rockets che Clippers, nel 2025 la possibilità di scambiare la chiamata con L.A. e Houston e infine nel 2026 di nuovo le scelte delle due squadre che hanno ottenuto George e Westbrook. Conto totale: 15 chiamate al primo giro nei prossimi sette anni. Una dote da sfruttare al meglio, sperando nel minor tempo possibile di trovare i nuovi Kevin Durant, Russell Westbrook e James Harden. All-Star che ormai riguardano il passato.
ANNO | N° DI PRIME SCELTE A DISPOSIZIONE |
---|---|
2020 | 2 (OKC, Denver) |
2021 | 2 (OKC - scambio con Houston; Miami) |
2022 | 2 (OKC; Clippers) |
2023 | 2 (OKC - scambio con Clippers, Miami) |
2024 | 3 (OKC; Clippers; Houston) |
2025 | 1 (OKC - scambio con Clippers o Houston) |
2026 | 3 (OKC; Houston; Clippers) |
La tassa di lusso da evitare e il futuro incerto di Gallinari e Paul
Una rifondazione che guarda dunque ai prossimi cinque anni, con OKC impegnata a questo punto nella missione di alleggerire il più possibile il proprio salary cap. I Thunder sono riusciti così a scendere a ridosso della tassa di lusso e per risparmiare un bel po’ di verdoni non devono per forza di cose liberarsi del contratto da 38.5 milioni di dollari di Chris Paul. Scalando poco più di cinque milioni complessivi – una cifra irrisoria rispetto all’accordo firmato dal giocatore di Houston – OKC potrà dunque trattenere CP3 in attesa del prossimo 15 dicembre: da quel momento in poi la point guard di Houston potrebbe nuovamente essere scambiata, con tante pretendenti (ogni riferimento ai Lakers non è puramente casuale) pronte a bussare alla porta di OKC. Discorso diverso invece per Danilo Gallinari, che dopo due anni ai Clippers sarà costretto a ripartire in un contesto completamente diverso: il n°8 azzurro è appena entrato nell’ultimo anno del suo contratto; una condizione che permette ai Thunder di gestirlo senza troppo affanno. Gallinari infatti potrebbe diventare molto appetibile in vista della deadline di mercato di febbraio 2020: le squadre a caccia di un talento da sfruttare nella corsa playoff potrebbero rivolgersi a lui, chiamato al tempo stesso a confermarsi su alti livelli per convincere il maggior numero di franchigie a fargli un’offerta la prossima estate. Una situazione in piena evoluzione per lui e per i Thunder, in un mercato che mai come quest’anno sembra riservare sempre nuovi colpi di scena.