Paul George e Kawhi Leonard tranquillizzano i tifosi Clippers sul loro stato di salute: "Sono già all'85%, più avanti di quanto pensassi", dice il primo; "Sto meglio rispetto allo scorso anno", replica il secondo
La presenza di più di 400 giornalisti al Media Day dei Clippers (quando gli anni scorsi non si arrivava neppure alla tripla cifra) è forse la miglior indicazione delle aspettative con cui si guarda alla squadra allenata da coach Doc Rivers al via della stagione NBA 2019-20. Merito di quanto fatto vedere già l’anno scorso, in una stagione impreziosita dalla qualificazione ai playoff, ma soprattutto di un’estate che ha visto arrivare in città Kawhi Leonard e Paul George, i due colpi che hanno fatto dei Clippers i vincitori dell’estate NBA. Tra i primi a parlare proprio una delle due grandi novità, Paul George, ieri promesso sposo di Russell Westbrook a OKC, oggi in maglia Clippers, anche se due operazioni (una per spalla) in offseason rendono ancora incerto il suo rientro in campo: “Dopo essermi operato entrambe le spalle, sono molto più avanti nel recupero di quanto mi aspettassi”, afferma George. “Se devo dire una percentuale mi sento all’85%, forse addirittura al 90% della mia forma, anche se mi manca ancora un po’ di forza nelle braccia e quindi di distanza nel tiro. Lavorerò già dal primo giorno di training camp, ancora senza contatto ma farò tutti gli esercizi di 5 vs. 0 così come le sessioni video e tutto il resto. Sono già passato attraverso periodi anche ben più lunghi di riabilitazione, per cui sono che è stressante e che ci vuole pazienza: so cosa ci vuole per tornare al 100%, sono tranquillo”. L’ottimismo sul recupero va di pari passo con quello sul suo nuovo compagno di squadra, l’MVP delle ultime finali Kawhi Leonard: “Penso non ci sia una coppia più forte di noi nella lega: siamo due giocatori di élite a entrambi gli estremi del campo, capaci di segnare ma anche di fermare il proprio avversario. Non vedo come ci sia qualcuno che possa far meglio”, afferma l’ex stella di Pacers e Thunder. Non va scambiata per arroganza, e George lo vuole sottolineare: “Sarà fondamentale tenere la testa bassa e pedalare, mantenere il gruppo unito: le cose devono risolversi sempre all’interno dello spogliatoio, senza esaltarsi troppo o senza deprimersi troppo per gli alti e i bassi stagionali”, la ricetta del n°13, che poi confessa anche l’emozione nel tornare finalmente nella sua Los Angeles: “Disfare i bagagli e non farli mi sembra ancora surreale, come poter guidare ogni mattina sulla 405 freeway: tornare a casa e giocare qui ero uno degli obiettivi della mia carriera”, ammette.
Paul George: "In difesa possiamo essere spaventosi"
Lo fa con i Clippers tra i grandi favoriti NBA, in una lega che per molti nel 2019-20 apre una nuova era: la fine dei superteam e l’inizio di un equilibrio diffuso. “Quello che hanno fatto Boston e Miami in passato con i loro Big Three è stato davvero speciale ma ora è diverso: Milwaukee, Philly, Lakers, Houston, Utah, tutte queste squadre e altre ancora hanno due grandi superstar ma anche ottimi supporting cast. È una nuova dinamica, e penso sia un’ottima cosa per la lega”. L’accenno ai Lakers stimola domande sulla rivalità cittadina, mai così accesa: “Sono d’accordo con LeBron [James]: lo Staples Center è il posto dove ogni tifoso NBA vuole essere quest’anno, ma questo non deve rappresentare ulteriore pressione per noi: non è un testa-a-testa contro i Lakers, è una lotta contro le altre 29 squadre NBA”, dice George. Che poi – sulla scia delle parole di altri big come Steph Curry, Klay Thompson e Damian Lillard – guarda avanti all’estate 2020, quella delle Olimpiadi di Tokyo: “Mi piacerebbe esserci, spero di poter chiudere tutta la stagione sano e di poter far parte di Team USA la prossima estate. Ma prima ci sono i Clippers: spero di giocare con questa maglia fino a giugno, e da lì in poi deciderò che fare”. La priorità data alla squadra della sua città non fa che confermare la grande attesa per il nuovo corso dei Clippers: “Il giorno dopo la firma mia e di Kawhi abbiamo già creato una chat di gruppo con tutti, iniziando a costruire un certo cameratismo, fatto anche di scherzi e battute. Quando ci siamo incontrati per la prima volta in palestra, mi pareva di conoscere già i miei nuovi compagni. Vediamo l’opportunità che c’è di fronte a noi quest’anno ma non sai mai come vanno a finire le cose – e i miei infortuni me l’hanno insegnato – per cui non voglio dare niente per scontato. Il nostro potenziale difensivo fa spavento: l’energia sarà entusiasmante, vedere Pat pressare a tutto campo il proprio avversario mi gaserà, gaserà Kawhi e gaserà tutti gli altri. Sarà divertente”.
Leonard: “Ho parlato a lungo con Kobe. Voglio essere a Tokyo 2020”
Meno chiacchierone di Paul George, ma comunque interessante nelle sue parole, anche Kawhi Leonard ha raccontato la gioia del suo ritorno a casa, da lui fortemente voluto già ai tempi degli Spurs: “Ora come ora sono felice anche solo per avere la chance di indossare questa nuova maglia. Uno dei motivi per cui ho scelto di essere un Clippers è quello di tornare a Los Angeles e aiutare la mia comunità, la mia gente, quelli con cui sono cresciuto, anche per ispirare i ragazzi e fargli credere che un giorno potrebbero esserci loro nella mia posizione”. Una posizione che lo vede campione NBA in carica e MVP delle ultime finali: “Ho giocato in squadre che hanno vinto [gli Spurs nel 2014, i Raptors nel 2019, ndr] e gli ingredienti che ci vogliono per arrivare in fondo sono semplici: giocatori con un certo carattere, tanta volontà di sacrificio, determinazione. È fondamentale scendere in campo come squadra, essere un gruppo sempre unito e non saltare nessuno step necessario: mai guardare troppo avanti”. Per questo allora “da domani si inizia il training camp e ci concentriamo sul processo necessario a iniziare una lunga stagione NBA – dice Leonard, a cui però viene chiesto dei suoi programmi estivi nel 2020: “A Tokyo voglio esserci, ma i Clippers vengono prima e voglio fare un passo alla volta”, dice. La chiusura è per il recente incontro con un altro grande di L.A. – sponda Lakers, però – quel Kobe Bryant che lo ha invitato al suo camp segreto: “Un ottimo camp, ottimi trainer, tanti buoni giocatori: Kobe ha fatto un gran lavoro. Il nostro rapporto è buono: io non ho preso parte alle partitelle, non ho giocato, mi sono limitato a parlare un’oretta con Kobe, scambiandoci un po’ di opinioni”. Che ovviamente, essendo Kawhi Leonard, non rivelerà mai a nessuno.