Please select your default edition
Your default site has been set

NBA, San Antonio Spurs, un inizio da incubo: mai così male in 23 anni

NBA

Dario Vismara

©Getty

Nove sconfitte in quattordici partite, di cui le ultime sei consecutive: i San Antonio Spurs non cominciavano così male la stagione dal 1996-97, l’ultima stagione prima di scegliere Tim Duncan al Draft. Che cosa succede alla squadra di coach Gregg Popovich?

Anche se i San Antonio Spurs non sono più una perenne pretendente al titolo come successo per buona parte dell’era dei Big Three, è comunque curioso trovarli così in basso nelle classifiche della Western Conference. I neroargento occupano attualmente il tredicesimo posto a Ovest con un record di 5 vittorie e 9 sconfitte, complice una striscia da 6 ko in fila che li ha fatti sprofondare a 3 partite di distanza dall’ottavo posto occupato dai Minnesota Timberwolves, l’ultimo utile per andare di nuovo ai playoff. Un appuntamento che gli Spurs non mancano dal lontanissimo 1996-97, e proprio a quella stagione è legato un precedente tornato di moda questa notte dopo la sconfitta contro Dallas: gli Spurs infatti non perdevano nove delle prime quattordici gare stagionali proprio da quell’anno, l’ultimo senza poter contare su Tim Duncan. In quella stagione, come è noto, gli Spurs “tankarono” la stagione complici i problemi di infortuni della stella David Robinson, vincendo solamente 20 gare ma ricevendo in dono a fine anno la prima scelta assoluta al Draft, scegliendo TD e cambiando per sempre la storia della franchigia e della pallacanestro NBA. Ma questi Spurs non sono costruiti per “tankare”, quanto piuttosto per proseguire la striscia che li vede partecipare ai playoff da 22 stagioni consecutive – un record nella storia della NBA. È ancora molto, presto, ovviamente, ma i neroargento si trovano già davanti a una mini-trasferta da quattro gare consecutive che può far svoltare o affossare la loro stagione, anche perché la Western Conference non aspetta nessuno.

Gli Spurs secondo le statistiche: male in difesa, orribili nei finali di gara

L’ultima volta che gli Spurs hanno perso sei partite in fila era il marzo 2011, un passaggio a vuoto dovuto a un po’ di stanchezza e a un po’ di sfortuna (solo una partita si è conclusa con 10 o più punti di scarto) all’interno di una super regular season da 61 vittorie. Una quota che questa versione di San Antonio sicuramente non ha nelle corde, almeno guardando come è andato questo primo quinto di stagione. Il problema principale degli Spurs è la difesa: con 112.2 punti concessi su 100 possessi sono quint’ultimi in NBA, un dato in netta controtendenza rispetto alla storia della squadra, e l’attacco non riesce a compensare pur segnando 110.2 punti su 100 possessi (quinto miglior attacco della lega). Andando più nello specifico, gli Spurs hanno un enorme problema nel chiudere le partite: nei 30 minuti di “clutch time” disputati (ultimi 5 minuti di partita con punteggio entro 5 punti) il loro differenziale è un tremendo -46.1, segnando pochissimo (89.1 di Offensive Rating) e subendo di tutto (135.2 di rating difensivo). Numeri che danno la dimensione dei problemi di esecuzione di questi Spurs sui due lati del campo.

I problemi del quintetto base e la posizione di Popovich sulla rotazione

A rendere ancora più strana la situazione c’è il fatto che questi Spurs sono cambiati pochissimo rispetto allo scorso anno, inserendo solamente Dejounte Murray in una rotazione che lo scorso anno ha vinto il 65% delle ultime 57 partite (37 vittorie). Il segnale migliore per coach Popovich arriva dalla panchina: ancora una volta le riserve degli Spurs hanno un impatto positivo quando vengono schierate, con i vari Patty Mills, Jakob Poeltl e Rudy Gay tutti con Net Rating positivo. Tra questi c’è ovviamente anche Marco Belinelli, che nei soli 237 minuti avuti (solo Poeltl ne ha giocati di meno tra i giocatori in rotazione) ha un differenziale positivo di +8.4 punti su 100 possessi, mentre senza di lui si crolla a -9.2 (solo Mills ha un differenziale maggiore). Segno che i titolari sono in grossa difficoltà, come testimonia il -12.1 di Bryn Forbes (peggior dato difensivo di tutta la squadra con 116.8) ma anche le stelle DeRozan (-7.6) e Aldridge (-6.0). I dati suggerirebbero un cambiamento del quintetto o quantomeno nelle rotazioni (DeMarre Carroll, che guadagna 7 milioni l’anno, ha giocato solo 47 minuti in tutta la stagione), con i tifosi che chiedono a gran voce di vedere assieme Murray e Derrick White, finora tenuti in campo contemporaneamente solo per 7 minuti (peraltro con un ottimo +26.7 di Net Rating).

Ma per adesso coach Popovich non ne vuole fare una questione di titolari e riserve: “Non è la panacea di tutti i mali, è più una questione di chi impara e chi riesce a cambiare la situazione senza commettere ogni volta lo stesso errore” ha detto il decano delle panchine NBA. “Forse dovremmo cambiare qualche combinazione, però dopo lo scorso anno pensiamo di aver capito chi gioca bene con chi, perciò non dovrebbe cambiare così tanto. Bisogna crederci e voler cambiare la situazione”. La buona notizia, allora, è che anche lo scorso anno gli Spurs avevano un record di 11-14 al 14 dicembre, prima di battere i Los Angeles Lakers e vincere 12 delle successive 15 sfide. C’è ancora tutto il tempo per invertire la rotta, ma questi Spurs devono trovare delle risposte.