L'allenatore dei San Antonio Spurs non ama dare etichette e non vuole mettere pressione sulle spalle dello sloveno, ma dopo averlo affrontato ammette: "Ha una capacità intuitiva di leggere il gioco che non si può insegnare". E le cifre sono lì a dimostrarlo
Quando un giocatore di soli 20 anni si rende protagonista di una stagione come quella che sta vivendo Luka Doncic – che dopo aver vinto il premio di rookie dell’anno NBA la scorsa annata, ha migliorato tutte le sue cifre e ora viaggia oltre i 29 punti a partita, sfiorando i 10 rimbalzi e i 9 assist – i paragoni sono inevitabili. Quando lo ha sorpassato nella striscia consecutiva di partite terminate con almeno 20 punti, 5 assist e 5 rimbalzi, sono arrivati quelli con Michael Jordan, rispediti al mittente dallo stesso giocatore dei Mavs (“Son solo statistiche: non credo che nessun giocatore possa essere comparato a Michael Jordan”). Ora – dopo essere rientrato in campo contro i San Antonio Spurs dopo quattro gare di assenza – un altro paragone eccellente è arrivato addirittura dalle parole di coach Gregg Popovich, che per indole ed esperienza non è certo abituato a lasciarsi andare a grandi complimenti: “Odio dirlo – ha fatto sapere l’allenatore degli Spurs – perché Luka non è Magic Johnson, ma c’è davvero qualcosa di Magic nel suo gioco, per il modo in cui vede il campo. Ha quella capacità intuitiva sul campo che non puoi insegnare: ce l’ha e basta, e sa come utilizzarla. Non voglio mettergli addosso la pressione di essere il prossimo Magic Johnson – perché non è pronto per una cosa del genere – ma sta davvero facendo un lavoro straordinario”, le parole di ammirazione del coach 5 volte campione NBA. Le cifre – anche quelle un po’ più sofisticate delle semplici medie statistiche – sono lì a testimoniarlo: Doncic ad esempio è un autentico mostro nella gestione, palla in mano, del pick and roll. Solo quattro giocatori in tutta la lega (Trae Young, Damian Lillard, Donovan Mitchell e Spencer Dinwiddie) hanno giocato più situazioni del genere dal via della stagione, e Doncic (che ne ha giocate 329) vede solo la point guard di Portland precederlo per efficienza offensiva (1.12 punti per possesso per Lillard, 1.097 per Doncic).
Isolamento, tocchi, passaggi: Doncic è al top su tutto
Seppure su un campione molto ridotto (solo 11 i possessi, davvero nulla), lo sloveno fa ancora meglio quando riceve in taglio, producendo 1.636 punti a possesso. Molto più interessante, invece, osservare il suo rendimento in isolamento, perché spesso e volentieri i Mavs si affidano al proprio n°77 per trovare soluzioni offensive. Nella top 15 NBA per numero di possessi giocati da inizio stagione in isolamento (sono stati 89, e a parte James Harden – titolare di un irreale 456 – già il quarto in classifica ne ha disputati 136), Doncic ricava 1.034 punti a possesso da queste situazioni di gioco, e meglio di lui per rendimento offensivo fanno soltanto Harden, Lillard e Kawhi Leonard. La sua centralità nell’attacco dei Mavericks è evidente dalla percentuale di possessi offensivi che transitano dalle sue mani (il 36% è il dato di usage), seconda solo al 37.2% di James Harden e al 37.0% di Giannis Antetokounmpo, a riprova dell’importanza dello sloveno, assoluto “alpha dog” del roster di coach Rick Carlisle (Porzingis ha uno usage rate del 25%). Sempre sul podio – e sempre sul gradino più basso – spunta il nome di Luka Doncic anche quando si toccano i suoi tocchi a partita, oltre 92, un dato che vede soltanto LeBron James (primo) e Nikola Jokic (secondo) davanti a lui. Ecco, LeBron James è anche l’unico giocatore assieme a Ricky Rubio in tutta la lega, a precedere la point guard dei Mavs nella classifica dei migliori assistman NBA, una che proprio Magic Johnson ha a lungo dominato durante la sua carriera nella lega. Terzo nella specifica graduatoria, ai suoi 8.8 assist a sera Doncic aggiunge un assist secondario e per l’attacco dei Mavs crea 22.5 punti a partita. Dati che spiegano come, anche non segnando direttamente, Doncic migliori tutti i suoi compagni. Proprio come faceva Magic, e allora forse, anche questa volta, Gregg Popovich ci ha visto bene…