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NBA, Gallinari a Sky: "Pensiero quotidiano all’Italia, qui situazione in stallo"

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Ospite di #CasaSkySport in collegamento da Oklahoma City, Danilo Gallinari ha parlato della situazione che sta vivendo negli States con la sospensione del campionato NBA: "Sto bene, ma il pensiero per i miei parenti in Italia è purtroppo quotidiano. La situazione qui è in stallo, anche se ci si sta accorgendo che bisogna prendere provvedimenti per il coronavirus"

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"Sto bene, le giornate le passo in casa e cerchiamo in qualche modo di rimanere il più possibile impegnati: allenamenti, serie tv, studiamo, leggiamo, mangiamo…". È un Danilo Gallinari tranquillo quello che si è collegato dal suo appartamento a Oklahoma City con #CasaSkySport, l’appuntamento quotidiano con Sky Sport 24 rispondendo alle tantissime domande degli appassionati. Gallinari ha cominciato spiegando qual è stata la sua esperienza diretta del coronavirus, visto che la gara in cui è stato fermato il campionato — quella tra Oklahoma City e Utah in cui è stata trovata la positività di Rudy Gobert — lo vedeva proprio in campo. "È stato incredibile e surreale. Sono stato il primo a entrare in campo, poi ho visto che il nostro fisioterapista si è avvicinato agli arbitri e quando ho visto che non si cominciava sono tornato in panchina. Poi in spogliatoio nessuno ci ha detto nulla per diversi minuti: io ho pensato che potesse essere legato al virus, non sapevo però se fosse stato trovato un caso nell’altra squadra o in NBA in generale. Poi ci hanno del test di uno dei giocatori dei Jazz, siamo rimasti tanto tempo in spogliatoio senza poterci muovere perché prima dovevano uscire i tifosi in sicurezza, noi siamo usciti per ultimi". Anche a tanti chilometri di distanza l’emergenza è sentita anche dal Gallo, che ha dei parenti nella zona del lodigiano, uno dei primi focolai del coronavirus in Italia: "Il pensiero è quotidiano, purtroppo. Avendo i miei nonni lì non è una situazione facile: siamo in contatto tutti i giorni per ore, ogni giorno che mi sveglio il pensiero è sempre per loro. Speriamo di superare questo momento difficile". Difficoltà con cui stanno facendo i conti anche in NBA e negli Stati uniti in generale: "La gravità della situazione ora è un po’ più chiara per tutti. In alcuni stati un po’ di più di altri, in California ad esempio l’allerta è più sentita che in Oklahoma, e ci sono già regole particolari che qui ancora non ci sono. Noi giocatori comunque non possiamo uscire di casa. Riceviamo spesso mail dall’associazione giocatori e mi sento al telefono con Matteo Zuretti [responsabile dei giocatori internazionali della NBPA, ndr], in più il presidente è il mio compagno di squadra Chris Paul perciò parliamo spesso. La situazione è in stallo, aspettiamo ogni giorno degli aggiornamenti su quello che succederà".

Le risposte di Gallinari a #CasaSkySport

Gallinari si è poi concesso alle tante domande arrivate sia dal pubblico attraverso gli audio WhatsApp che dallo studio con Fabio Tavelli e Alessandro Mamoli. Ecco le risposte più interessanti.

 

Qual è il tuo compagno di squadra preferito?

“Sicuramente con Chris Paul ci siamo trovati bene fin dall’inizio, anche per un discorso di età. È una persona super e un giocatore incredibile”.

 

Sei sorpreso di come è migliorata la stagione dei Thunder?

“All’inizio c’era incertezza perché sia io che Chris sapevamo di essere sul mercato. Poi però devi concentrarti sul lavoro e sulla pallacanestro, abbiamo pensato solo a quello senza perdere energie su altro. A inizio stagione abbiamo perse tante partite tirate nel finale, sapevamo però di essere vicini a poterle vincere: Chris continuava a dircelo in spogliatoio e in allenamento, e poi quello che ha detto si è realizzato”.

 

Qual è stato il miglior allenatore che hai avuto in NBA?

“Cerco di prendere qualcosa da ogni allenatore, tutti sono stati speciali. Con Billy Donovan ho trovato subito un ottimo feeling, mi è venuto a trovare in Grecia quando ero là con la nazionale ed è facile conversare con lui di tutto, mi trovo molto bene. Doc Rivers è uno degli allenatori più importanti della storia NBA, ha fatto molto bene specialmente con Boston, e anche con lui mi sono trovato bene. Con George Karl ho vissuto tre anni bellissimi, quando torno a Denver ci vediamo sempre perché siamo rimasti in contatto”.

 

Qual è la differenza più grande tra il basket europeo e quello americanO?

“Il calendario, il numero di partite e i viaggi. Con tre o quattro partite a settimana e i viaggi lunghi da fare cambia tutta la stagione. In più tante regole legate al campo sono diverse”.

 

Quali sono le squadre più forti in NBA?

“Lakers e Clippers su tutte. I Clippers al completo li abbiamo affrontati recentemente e mi hanno impressionato, ma anche i Lakers con LeBron James e Anthony Davis sono forti”.

 

Qual è il canestro più bello che ricordi di Kobe Bryant?

“Non tanto un canestro quanto i 61 punti che fece contro di me al Madison Square Garden. Per fare 61 punti bisogna fare tanti canestri, perciò scegliete pure voi quello più bello di quella sera. Quello più bello però lo fece contro Wilson Chandler, non contro di me…”.

 

Qual è stato il canestro più bello della tua carriera?

“Quelli più belli individualmente sono sempre quelli con la Nazionale, perciò sceglierei quelli”.

 

Quando hai iniziato a giocare a basket?

“Ho iniziato a giocare a sei anni quando papà Vittorio era a Livorno, nel suo ultimo anno di Serie A”.

 

Quanto ti ha aiutato avere un playmaker di ottimo livello per migliorare la tua costanza di rendimento negli ultimi anni?

“Il playmaker fa la differenza, averne uno come CP3 o come Ty Lawson a Denver mi rende la vita più semplice. La visione di gioco di Chris aiuta chiunque in campo. Anche la condizione fisica mi ha aiutato, è la base per ogni atleta stare bene con il proprio corpo”.

 

Qual è stata la partita più importante che hai mai giocato?

“Sicuramente ho sentito tanto la prima partita in NBA e quella in Serie A, a livello emotivo sono quelle che ho sentito di più”.

 

Qual è il giocatore più forte che hai mai incontrato?

“Direi Kevin Durant più di LeBron James”.

 

Che pensiero hai sulla possibilità di giocare a porte chiuse?

“È una situazione nuova e diversa che un giocatore non vorrebbe mai provare, perché i tifosi fanno la differenza e ti trascinano con la loro energia. Mi è capitato di giocare a porte chiuse ed è una sensazione stranissima, sembra di fare un allenamento. Però ci troviamo davanti a una situazione critica e bisogna prendere misure drastiche per superarla”.

 

C’è la volontà di giocatori e proprietari di finire la stagione?

“La volontà di tutti è quella di finire, specialmente da parte dei giocatori che stanno lavorando per un obiettivo da inizio anno e vorrebbero fare di tutto per finire il percorso. Nella nostra situazione a OKC — per quella che è stata la nostra stagione e la nostra storia — c’è ancora più voglia di non buttare via quanto fatto finora”.

 

Come è nata la passione per il ciclismo?

“Negli ultimi anni ho cominciato a seguirlo sempre di più perché conosco alcuni organizzatori del Giro d’Italia. Dopo il calcio è l’evento più importante e mi dispiace veder rimandato un evento come il Giro”.

 

Con la situazione che si è venuta a creare, come vedi la tua free agency?

“Sicuramente questa situazione crea molta incertezza, da parte mia e della NBA in generale. Quest’estate sarò sul mercato perciò la situazione è ancora più incerta, ma è una cosa a cui non penso in questo momento”.

 

Fino a quando giocherà LeBron James?

“Secondo me altri tre o quattro anni. Atleti così ne nascono uno ogni 20/30/40 anni: dopo Michael Jordan c’è stato lui con questa capacità di durare nel tempo con questo dominio fisico. Lui ha cambiato il suo gioco rispetto agli anni di Cleveland, ma è ancora dominante”.