NBA, Michael Jordan e l’aneddoto su Pat Riley che non è stato inserito in “The Last Dance”
la storiaSono tante le storie rimaste inevitabilmente fuori dalla serie di dieci puntate dedicata alla vita e all’ultima stagione a Chicago del n°23 dei Bulls. Una di queste l’ha raccontata Jason Hehir - il regista del lungo documentario, costretto inevitabilmente a fare una selezione anche di fronte a racconti esclusivi
Quando ci si ritrova a compiere un lavoro di selezione enorme come quello fatto da Jason Hehir, la prima cosa da comprendere e con cui dover convivere è che tanto materiale di buon livello resterà inevitabilmente fuori dalla tua serie. “The Last Dance” ha raccolto il meglio, o quantomeno il necessario per raccontare la grandezza di un personaggio come Jordan, che per stessa ammissione del regista della serie è stato il primo a raccontare tanti particolari e dettagli mai venuti fuori. Non solo lui, ma anche gli altri intervistati hanno approfittato dell’occasione per caratterizzare al meglio il personaggio MJ. Lo ha fatto anche Pat Riley - storico rivale dei Bulls, a inizi anni ’90 sulla panchina di New York. Quelle contro i Knicks sono state tra le sfide più dure affrontate da Chicago negli anni ’90, un’avversaria poi puntualmente sempre eliminata durante le cavalcate verso il titolo NBA. Riley però ha raccontato che la voglia di “affermarsi” di Jordan non si limitava al parquet: “L’ex allenatore dei Knicks mi ha raccontato che, dopo l’eliminazione ai playoff del 1992 o del 1993 - racconta Hehir - aveva deciso di andare in vacanza alle Hawaii in estate. Riley aveva scelto di affittare la suite presidenziale all’interno di un resort a cinque stelle. Dopo essersi insediato però, i dirigenti della struttura lo chiamarono per dirgli che, a causa dell’arrivo di un ospite inatteso, doveva liberare la stanza. “Può sceglierne un’altra di suo gradimento, tutto è a sua disposizione, ma deve lasciare la suite”. Una volta sceso in piscina dopo il trasloco, Riley ha alzato la testa verso la “sua” stanza presidenziale e si è ritrovato MJ affacciato al balcone che lo salutava sorridente”. Ecco che cos’era Jordan: un uomo, prima ancora che un giocatore, che voleva sempre affermare il suo successo, anche a migliaia di chilometri dai parquet NBA.