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NBA, i rischi economici dei giocatori se decidono di non scendere in campo

CONSEGUENZE
©Getty

L’associazione giocatori una settimana fa ha dato l’ok per tornare a giocare, ma la conference call organizzata da Kyrie Irving ha riaperto la discussione. Ma quali sono i rischi economici per i giocatori se decidono di non giocare? Si parla di almeno 1.2 miliardi di dollari quest’anno e potenzialmente di più negli anni successivi

La conference call organizzata da Kyrie Irving ha riaperto la discussione sull’opportunità di tornare a giocare a Disney World, Orlando, come approvato una settimana fa dall’associazione giocatori. E anche se la NBPA aveva sottolineato come molti dettagli dovessero essere concordati con la lega, la posizione presa era quella del ritorno in campo — seppur in nessun caso si potesse trattare di una costrizione, come detto anche dall’executive director Michele Roberts al Boston Globe (“Nessun giocatore può dire di essere costretto a giocare, non è obbligatorio se non se la sente”). Per prendere una decisione cosciente, però, i giocatori devono anche essere consapevoli delle ripercussioni economiche che avrebbe la scelta di non concludere la stagione 2019-20, non solamente su questa annata ma anche su quelle successive. E, soprattutto, non solamente sulle loro tasche ma anche su quelle delle generazioni di giocatori che arriveranno in NBA o che devono ancora firmare il secondo contratto della carriera. Secondo le prime stime di Bobby Marks di ESPN, in caso di cancellazione della stagione i giocatori perderebbero complessivamente 1.2 miliardi di dollari (il 35% dei loro stipendi) e la lega nel suo complesso ne perderebbe 2, riducendo quindi enormemente i ricavi da spartire al 50% con i proprietari. Soprattutto, però, i proprietari arriverebbero certamente a esercitare la clausola di “forza maggiore” prevista dall’attuale contratto collettivo, cancellando l’attuale accordo in atto e costringendo i giocatori a negoziarne uno nuovo — che inevitabilmente sarà meno remunerativo per loro, visto che non hanno potere al tavolo delle negoziazioni avendo anche la responsabilità di aver fatto saltare la stagione 2019-20.

Lo spettro del lockout e le preoccupazioni di McCollum

Le negoziazioni sul contratto collettivo sono quelle che hanno portato ai lockout della storia, tra cui l’ultimo del 2011 che ha messo le basi per l’attuale CBA. Se davvero le parti dovessero arrivare alla rottura, il lockout sarebbe uno scenario tutt’altro che improbabile, visto che i proprietari hanno maggiore potere economico rispetto alle controparti (pur essendo anche loro stati colpiti dal coronavirus) e potrebbero quindi sostenere meglio una lunga mancanza di entrate (potendo accedere a prestiti e liquidità in maniera più semplice rispetto ai giocatori). È anche per questo che, secondo ESPN, molti agenti stanno passando questi ultimi giorni a spiegare ai giocatori tutte le ripercussioni finanziarie nel breve e nel lungo periodo a seguito dell’eventuale cancellazione della stagione, cambiando totalmente lo scenario economico a cui sono stati abituati e anche quello per le generazioni a venire, ridiscutendo tutti i contratti. “Negoziare un nuovo CBA nel mezzo di una pandemia sarà un’opportunità per i proprietari per prendersi una fetta più grand della torta e dare meno garanzie sui contratti” ha scritto su Twitter Nate Jones, collaboratore del potente agente Aaron Goodwin e uno che lavora a stretto contatto con Damian Lillard. “Anche le televisioni cercherebbero un enorme sconto rispetto a quanto ora sono obbligati a pagare, creando effetti a catena. Tutti i giocatori, anche le superstar, finirebbero per ridare soldi alla lega. Non dico che i giocatori dovrebbero fare una cosa che non vogliono fare, ma qualsiasi scelta facciano, devono capire A PIENO le potenziali implicazioni finanziarie”. Uno scenario che, secondo quanto scritto da The Athletic e Yahoo, è stato discusso nell’ultima call da parte di CJ McCollum, che ha votato “no” alla proposta di tornare in campo ma allo stesso tempo ha sottolineato l’importanza di finire la stagione per paura che un eventuale futuro CBA non sarà per niente favorevole ai giocatori. Lo stesso Garrett Temple, uno dei vice-presidenti della NBPA, ha dichiarato che "con la differenza astronomica che esiste tra bianchi e neri quando si parla di stipendi, non posso in tutta coscienza suggerire ai miei fratelli di rinunciare a milioni di dollari senza avere la certezza che facendolo le leggi di giustizia sociale vengano cambiate, senza avere la certezza di un cambiamento. Perciò dobbiamo prendere i soldi e creare ricchezza generazionale fintanto che ne abbiamo l'opportunità".