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NBA, giocatori positivi nella bolla di Orlando? “Fuori almeno due settimane”

coronavirus
©Getty

Lo ha dichiarato a ESPN il dottor DiFiori, direttore della medicina sportiva NBA: “Bisogna far passare il concetto che, qualora un giocatore risulti contagiato dal Covid-19, è improbabile che torni sul parquet per due settimane. Come minimo”

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Tutte le 22 squadre che prenderanno parte alla ripartenza NBA sono entrate nella bolla di Orlando, buona parte delle quali ha già terminato la quarantena obbligatoria e ripreso gli allenamenti di gruppo nelle palestre messe a disposizione dalla lega a Disney World. Un ambiente contingentato, super controllato, all’interno del quale la stessa NBA non vuole che in alcun modo si abbassi la guardia - come raccontato a ESPN da medici, consulenti e specialisti che seguono i giocatori da vicino in questa particolare fase della stagione. Il messaggio che sperano di riuscire a far passare è semplice: bisogna stare lontano dagli altri e soprattutto dal contagio. Il rischio di restare a guardare a lungo i compagni lontano dal parquet in caso di positività al Covid-19 è alto: “Ci sono degli effetti sconosciuti per quel che riguarda la capacità polmonare, così come quelli sulla tenuta cardiaca del cuore. Cosa fare se un giocatore di 24 anni ad esempio ha perfettamente recuperato dalla malattia in 14 giorni, ma ha avuto in passato problemi di circolazione sanguigna? Dovremmo rimandarlo in campo senza conoscere le possibili conseguenze? L’unico concetto che bisogna far passare è che, qualora un giocatore risultati contagiato al Covid-19, è improbabile che torni sul parquet per due settimane. Come minimo, ma potrebbe durare anche di più”. Queste le parole del dottor DiFiori, direttore della medicina sportiva NBA, che prosegue: “Se resti fuori per così tanto tempo, devi prima allenarti per tornare in forma. Sono tutti passaggi fondamentali che vanno spiegati. Allenatori e staff sanno bene che, in caso di positività, un giocatore difficilmente tornerà a disposizione della squadra nel breve periodo”. Nonostante la ripartenza quindi, viene prima la salute degli atleti e poi la competizione sul parquet.