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Draft NBA, alla scoperta di RJ Hampton: l’espatriato che è crollato nelle valutazioni

DRAFT NBA

Dario Vismara

©Getty

Prima dell’inizio della scorsa stagione RJ Hampton era considerato un talento da prima scelta assoluta. Un anno passato in Nuova Zelanda, però, ha fatto precipitare le sue quotazioni, esponendo i suoi difetti e non sottolineando i suoi pregi: chi punterà su di lui si troverà però un playmaker di talento e atletismo, con un tiro su cui sta già lavorando insieme a un grande della NBA

Le strade verso il Draft NBA sono davvero infinite. Ognuno dei 60 giocatori che verrà chiamato nella notte tra mercoledì e giovedì — alle 2 in diretta su Sky Sport NBA, in replica successivamente con commento in italiano — ha avuto un percorso unico per arrivare a essere scelto in NBA, ma quello di RJ Hampton è decisamente particolare. Dopo una carriera liceale di altissimo livello a Little Elm, in Texas, Hampton era considerato uno dei primi cinque giocatori della sua classe, un prospetto 5 stelle candidato alla prima scelta assoluta che aveva attirato le attenzioni di Kansas, Memphis e Texas Tech. Lui però ha deciso di fare un’esperienza diversa, accettando la corte della NBL per trasferirsi addirittura in Nuova Zelanda ai Breakers, in un percorso simile a quello fatto anche da LaMelo Ball. Ma mentre il fratello minore di Lonzo ha visto crescere a dismisura le sue quotazioni fino a giocarsi la prima scelta assoluta, quelle di Hampton sono precipitate: complice un infortunio all’anca nel mese di dicembre, il playmaker ha convinto sempre di meno fino ad annunciare l’addio dopo appena 15 partite, tornando negli Stati Uniti a inizio febbraio per prepararsi in vista del Draft. Le sue prestazioni sono state talmente deludenti da farlo scivolare fuori dalla top-10 e forse anche fuori dalla Lottery, per quanto dovrebbe comunque essere chiamato entro le prime 20 del primo giro. Anche perché il talento, nonostante tutto, non è andato perduto — anzi.

Punti forti: atletismo e facilità di movimento in campo aperto

Per parlare di Hampton bisogna innanzitutto partire dal suo corpo. Il texano ha infatti misure che lo rendono un prospetto ideale in entrambi i ruoli di guardia, superando il metro e 95 di altezza (e potrebbe non avere ancora finito) a cui abbina un’apertura di braccia superiore ai due metri e un corpo di 85 chili che può ancora aggiungere massa muscolare. Ad abbagliare sono però soprattutto le sue capacità atletiche: Hampton possiede un primo passo fulmineo che utilizza per arrivare in area con facilità e un eccellente controllo del corpo con cambi di direzione continui e imprevedibili, avendo poi la forza nelle gambe per esplodere verso il ferro (alcuni lo hanno paragonato a Zach LaVine, anche se non è un saltatore di quella assurdità). Hampton è poi praticamente sempre il giocatore più veloce in campo, doti che può utilizzare anche in difesa dove ha certamente i mezzi e le misure per poter diventare uno che può avere impatto sulle guardie avversarie.

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Dal punto di vista tecnico, Hampton è un giocatore che promette di fornire la dote più rara per un giocatore NBA, cioè la capacità di creare tiri per sé e per gli altri. Il suo talento è infatti innegabile e a questo unisce anche un’ottima propensione a servire i compagni, tenendo sempre la testa alta quando palleggia, guidando benissimo la transizione e usando i passaggi a una mano per servire i tiratori sul lato debole dopo aver fatto collassare la difesa su di sé.

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Punti deboli: un tiro non affidabile che blocca il suo gioco

Se le quotazioni di Hampton sono crollate in Nuova Zelanda è però per i limiti che ha mostrato nel tiro, sia nelle situazioni piedi per terra che in quelle dal palleggio. Nella NBL ha chiuso con il 40% al tiro complessivo, di cui il 29.5% da tre punti e sotto il 70% ai liberi, con percentuali ancora peggiori nelle conclusioni create in prima persona. Senza la minaccia di un tiro consistente c’è la certezza che le difese passino sotto i blocchi nei pick and roll sfidandolo a tirare e bloccando così tutto il resto del suo gioco nell’attaccare il pitturato e creare tiri efficienti. Sviluppare un jumper affidabile è il primo passo per diventare un giocatore NBA fatto e finito: per questo Hampton dopo essere tornato negli USA ha cominciato a lavorare con un tiratore di altissimo livello come l’ex giocatore Mike Miller, con il quale ha impostato la ricostruzione del suo movimento a partire dai piedi (che erano strettissimi mentre ora sono alla larghezza delle spalle) e finendo con il gomito e il caricamento (era largo e partiva da sinistra, ora è “centrato” e parte da un punto più alto, con parabola e rilascio migliori).

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Gli altri difetti che Hampton ha mostrato nella NBL hanno più a che fare con il livello della competizione (era un ragazzino tra i professionisti e ha mostrato di essere molto inesperto in entrambe le metà campo) e la sua immaturità fisica (è ancora leggerino e viene facilmente spostato, facendo fatica ad assorbire i contatti), oltre ai fondamentali difensivi che mancano a molti dei suoi pari-età. Il tiro sarà però il punto focale della sua valutazione: chi lo sceglierà al Draft — e si va dai Boston Celtics alla 14 fino alla 20 dei Miami Heat — dovrà convincersi che possa migliorare molto rispetto a quanto visto lo scorso anno, e a suo favore c’è anche il fatto che viene descritto come un ottimo lavoratore con eccellente etica e voglia di migliorare. Oltre alla volontà, però, servono i risultati: il rischio altrimenti è che diventi una sorta di Dante Exum, un grande atleta che però non riesce a mettere assieme le parti tecniche del suo gioco.  

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