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Draft NBA, Tyrese Haliburton: il giocatore più intelligente (e gracile) della Lottery

DRAFT NBA

Dario Vismara

©Getty

La guardia di Iowa State ha il gioco di un veterano e il corpo di un teenager, ma potrebbe fare comodo a molti con la sua capacità di adattarsi al contesto e il suo carattere ultra-positivo. “Un giocatore che aiuta a vincere senza essere il motivo per cui si vince”, per usare le parole che vengono spese su di lui. Ma il fisico gracile e una meccanica di tiro poco ortodossa potrebbero fermarlo

Nel valutare i prospetti del Draft, è inevitabile cadere nel gioco delle “comparison”, dei paragoni tra i giovani in arrivo al Draft e quelli che in NBA ci sono già, o ci sono già stati. Trovare un giocatore che si avvicini a Tyrese Haliburton è però piuttosto complicato: un po’ perché le sue caratteristiche tecniche e fisiche sono molto particolari, e un po’ perché il playmaker da Iowa State è uno che si adatta a ogni contesto — e quindi può essere paragonato a tantissimi giocatori diversi, senza avvicinarsi davvero a nessuno. Quello che è certo è che chi lo prenderà al Draft si metterà in casa un giocatore vincente e un compagno di squadra solidissimo, in grado di aiutare i compagni di squadra a migliorare con la sua sola presenza in campo e nello spogliatoio, dove viene definito come “uno che non ha mai avuto un brutto giorno in tutta la sua vita”. Il talento di Haliburton è riuscito a risplendere pur arrivando praticamente dal nulla, visto che in uscita dal liceo era considerato il 196° prospetto della sua classe e nel suo primo anno al college aveva chiuso sotto i 7 punti di media a partita con meno di 5 tiri tentati, seppur sostenuto da buone percentuali. 

Dopo gli addii verso il professionismo di Marial Shayok (oggi two-way con Philadelphia) e Talen Horton-Tucker (stesso contratto con i Lakers), la squadra è passata nelle sue mani e lui ha raddoppiato il suo Usage Rate senza perdere di efficienza, segnalandosi come l’unico giocatore NCAA a chiudere con 15 punti, 5 rimbalzi e 5 assist di media con almeno il 59% da due punti e il 41% da tre. Cifre che dovrebbero valergli una scelta in top-10 al Draft, specialmente tra la 6 (Atlanta) e la 10 (Phoenix) dove ci sono squadre che hanno bisogno di un playmaker in grado di giocare come spalla di un talento perimetrale superiore al suo, mascherandone un po’ i chiari difetti. “Un giocatore che aiuta una squadra a vincere senza essere il motivo per cui vince”, secondo la fortunata definizione di Sam Vecenie di The Athletic.

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I punti forti: super intelligenza e adattabilità a ogni contesto

Quello che spicca di Haliburton è che, nonostante i suoi 20 anni, gioca come un veterano. Il suo IQ cestistico e il suo altruismo lo rendono il giocatore più intelligente di questa classe del Draft — prendendo sempre le scelte giuste, giocando sempre con grande controllo del corpo e manipolando le difese con le due doti di passaggio, buone con entrambe le mani. Qualità che lo rendono un giocatore utilissimo anche in difesa, dove lavora molto bene sulle linee di passaggio e ha numeri eccellenti tanto nei recuperi quanto nelle stoppate, complici anche i 203 centimetri di apertura di braccia su un corpo di 1.95 e delle sottovalutate doti di saltatore (oltre che di corsa in campo aperto). Quello che più intriga di lui sono però le percentuali al tiro: nei due anni a Iowa State ha chiuso con il 42.6% da tre punti su 4.2 tentativi a partita, percentuali che non sono crollate nonostante le maggiori responsabilità del secondo anno e un infortunio al polso sinistro che lo ha limitato a 22 partite (pur tornando in campo a febbraio prima della pandemia).

 

Haliburton è uno dei migliori tiratori spot-up della NCAA (99° percentile) e ha capacità di tiro anche da lontano, il che — unito alla sua altezza — lo rende un eccellente complemento per quelle squadre che hanno già un giocatore perimetrale dominante come Trae Young o Devin Booker, pur avendo le doti di playmaking per togliere loro responsabilità nel caso ce ne sia il bisogno. Il giocatore a cui viene maggiormente paragonato (e a cui lui stesso ha detto di ispirarsi) è Lonzo Ball, un po' per il fisico e un po' per le doti di passaggio unite a un tiro rivedibile, ma rispetto all'ex UCLA è meno geniale e più intelligente, e ci sono molti dubbi che possa raggiungere lo stesso livello di presenza difensiva.

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I punti deboli: un fisico gracilissimo e una meccanica di tiro rivedibile

Il dubbio più grande che le squadre NBA possono avere su Haliburton riguarda il suo fisico, che è decisamente esile. Pur avendo lavorato durante gli ultimi mesi e sostenendo di essere salito a 186 libbre (quasi 85 chili), il playmaker di Iowa State rimane un giocatore gracile fisicamente, facile da attaccare quando viene puntato da un giocatore più grosso di lui e non particolarmente veloce o esplosivo per compensare, rendendolo potenzialmente un “punto debole” da attaccare ai playoff. La sua strutturazione corporea con torso e gambe esili (ricorda un po’ il primo Reggie Miller), poi, non fanno intravedere per lui il potenziale per uno sviluppo fisico particolarmente accentuato, il che rende difficile prospettare per lui un ruolo da iniziatore dell’azione a metà campo, depotenziando la sua pericolosità nei pick and roll (specialmente quando viene mandato a sinistra) e soprattutto la sua capacità di finire al ferro. Senza l’esplosività per "spaccare" in due la difesa, come può creare vantaggi a metà campo?

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Un altro grosso dubbio è la meccanica di tiro, diretta conseguenza di un fisico da sempre gracile: un po’ come Steph Curry, Haliburton è cresciuto facendo partire il tiro dal basso, e solo recentemente ha alzato il punto di partenza. I suoi difetti della meccanica emergono soprattutto quando prova il tiro dal palleggio, avendone segnati solo 16 in tutto l’anno: è difficile emergere nella NBA contemporanea senza un fisico in grado di sopperire alle mancanze nel tiro dal palleggio, lasciando alle difese avversarie la doppia opzione di passare “sotto” ai blocchi o di pressarlo per fargli pagare la mancanza di chili. Per questo motivo Haliburton sarebbe più a suo agio giocando come complemento a un giocatore perimetrale più forte di lui, ma non è detto che accada immediatamente: chi lo sceglierà al Draft dovrà inserirlo in un contesto vincente da subito dove lui può dare una grossa mano, ma senza che gli venga richiesto di essere il "salvatore" di una squadra in ricostruzione.

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