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NBA, Gallinari sull'intesa con Trae Young e l'avvento di Nate McMillan in panchina. VIDEO

NBA

Di nuovo titolare, di nuovo con tanti minuti (39) a disposizione. La gara contro gli Orlando Magic potrebbe essere una sorta di punto di svolta per la stagione del n°8 di Atlanta, che riflette sull'avvicendamento in panchina e sui processi di adattamento per rendere al meglio accanto a un giocatore come Trae Young, "che sta migliorando costantemente nel trovare il compagno libero quand'è raddoppiato"

Senza Clint Capela e con John Collins a cui piace spesso e volentieri allontanarsi dal canestro, la gara contro Orlando per Danilo Gallinari ha portato con sé onori (l’inserimento in quintetto) ma anche oneri (doversi occupare difensivamente del centro avversario, Nikola Vucevic): “È uno dei migliori realizzatori tra i lunghi di questa lega, per cui giocarci contro per me era una grande sfida”, dice Gallinari. Contento di come è andata: “Gli allenatori me lo hanno affidato in marcatura, io ho accettato la sfida e sono felice della mia prestazione difensiva, anche se è sempre un lavoro di squadra, mai individuale — e siamo riusciti a rendergli la vita difficile ogni volta che entrava in area [0/3 per il centro dei Magic nei tiri presi in area ma non al ferro, ndr]”. In una gara che finalmente lo ha visto in campo 39 minuti, le buone notizie sono arrivate anche sul fronte offensivo: “Sì, sono sempre stato abituato ad avere tanto la palla in mano, per creare gioco — mentre invece con la squadra che abbiamo finora è stato un po’ diverso. Ma se i minuti aumentano, anche le mie chance di poter avere impatto su una partita aumentano ed è quello che è successo stasera. Giocare al fianco di uno come Trae, che attira tantissimi raddoppi, aiuta — e lui sta costantemente migliorando nel trovare sempre il compagno libero quando raddoppiato”.

Gallinari sul nuovo allenatore: le analogie con Denver

“Mi era già successo una volta di in carriera di veder licenziato il nostro allenatore”, racconta Gallinari. “Era successo con Brian Shaw a Denver, anche in quel caso rimpiazzato da uno dei nostri assistenti, Melvin Hunt. Però lì era diverso: ero già al quarto anno con i Nuggets, e alla mia terza stagione lì erano arrivati i premi per co-coach of the year, a George Karl, e anche quello di executive dell’anno  per Masai Ujiri. Per un motivo o per l’altro però nessuno di loro l’anno dopo tornò a Denver, e il mix di tante facce nuove in squadra e un diverso coaching staff portò alle difficoltà della nostra squadra e poi all’allontanamento di coach Shaw. In generale però — conclude Gallinari — un avvicendamento in panchina è qualcosa che noi giocatori non possiamo controllare, ma solo subire: a noi non resta che fare il nostro, ovvero dare sempre il massimo in palestra e in campo, anche se sia dal punto di vista mentale che da quello psicologico andare incontro a un cambio in corsa è sempre qualcosa di complicato”.

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