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NBA, a tutto Klay Thompson: "2020 anno orribile, penso sempre a Kobe Bryant"

PAROLE

Per la prima volta da quando si è infortunato al tendine d’Achille, Klay Thompson è tornato a parlare con la stampa del suo infortunio e di come ha dovuto affrontarlo: "Ero nel momento migliore della mia carriera, recuperare mentalmente è dura. Il 2020 è stato il peggior anno della mia vita, non c’è giorno che non pensi a Kobe Bryant e a non aver potuto parlare con lui un’ultima volta"

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Stavo giocando la miglior pallacanestro della mia vita”. L’ultima volta che abbiamo visto in campo Klay Thompson era il 13 giugno 2019, in una gara-6 di finale NBA in cui stava trascinando i Golden State Warriors alla vittoria sui Toronto Raptors in una serie in cui (pur saltando gara-3) avrebbe potuto vincere il premio di MVP. Invece la rottura del legamento crociato anteriore sinistro ha dato il via a un calvario che si protrae ancora oggi, visto che lo scorso novembre in un allenamento ha subito la rottura del tendine d’Achille. “Non mi piace ripensare a quanto accaduto, è stato molto doloroso” ha detto Klay Thompson, che è tornato a parlare con la stampa per la prima volta in questa stagione. “È come se qualcuno ti colpisse al tallone più forte che può. E mi è capitato su un tiro dopo due palleggi, un movimento che faccio 100 volte al giorno. Non c’era niente che potessi fare per impedirlo. Quando è accaduto sapevo cosa era successo, ma nel mio cuore non riuscivo ad accettarlo. Speravo fosse solo uno strappo al polpaccio, non stavo facendo niente di diverso rispetto a quello che faccio di solito. Ho perso alcuni degli anni migliori della mia carriera, ho dovuto ricostruire da zero il muscolo e sentivo di essere pronto a tornare. Per questo è stata così dura farsi male di nuovo. Fortunatamente ho grandi compagni attorno a me. La pallacanestro è sempre stata la mia vita: non averla per due anni mi ha fatto apprezzare ancora di più la carriera da Iron Man che avevo avuto fino a quel momento. E a cui spero di poter tornare”.

I tempi di recupero, la riabilitazione, gli esempi degli altri

Già, ma quando rivedremo in campo Klay Thompson, che si è infortunato lo scorso 18 novembre? “Potrebbe essere qualche settimana dopo l’inizio della prossima stagione, forse un mese” ha ammesso Thompson, visto che ci vuole almeno un anno per tornare da un infortunio così grave. “Ho appena tolto il tutore, ora cammino e faccio sollevamento sui polpacci e terapie in acqua, anche se non corro ancora. Sarò onesto: non mi aspetto di tornare subito a palla, giocare 38 minuti a partita, in marcatura sull’avversario più difficile correndo attorno a 100 blocchi. Ne parlo spesso con Rick Celebrini [il capo fisioterapista degli Warriors, ndr], sarò limitato a 18-20 minuti. Ma tornerò quello di prima, quello ve lo posso garantire. Tornerò a essere il giocatore All-NBA che ero, non mi accontenterò di niente di meno: sono troppo competitivo, troppo orgoglioso per essere relegato a un ruolo di supporto. Non vedo l’ora, ho un sacco di energie da parte. Quando tornerò a giocare sarà un giorno gioioso non solo per me, ma per tutti. E anche per voi dei media”.

 

Thompson ovviamente ha osservato da vicino e parlato con molti giocatori che hanno avuto il suo stesso infortunio: “Da quello che ho letto e sentito, si perde un 5-10% di esplosività. Ma poi giocatori come Kevin Durant, John Wall, il mio amico DeMarcus Cousins, Wes Matthews, Jonas Jerebko, sono tutti tornati ai livelli di prima o molto vicini. Anche Dominique Wilkins è stata una grande ispirazione, e ho parlato molto con Grant Hill, che come me ha subito tanti infortuni nel momento migliore della carriera. Che ci crediate o no, sono entrato in contatto con Tony Robbins [noto autore e motivatore, ndr], che mi ha ispirato a non perdere mai la mia anima. Perché il corpo può anche cedere, ma l’anima è per sempre”.

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Le difficoltà del 2020 e il ricordo perenne di Kobe Bryant

Nonostante l’ottimismo faccia parte della sua personalità, nei 17 minuti in cui ha parlato con i media Klay Thompson non ha nascosto anche i momenti più duri dell’ultimo anno e mezzo. “Quello che ho attraversato è molto più difficile di qualsiasi partita io abbia mai dovuto giocare, o di qualsiasi esercizio in allenamento. Il peso che ha sulla tua testa non è facile da gestire: ti viene sempre da chiederti se tornerai mai a essere quello che eri. È naturale pensarlo, ma non puoi permettere che quei pensieri prendano il controllo su di te. Ero abituato a giocare 100 partite all’anno, queste sfide per me sono nuove. Ma con il mio stile di gioco penso di poter giocare fino a 30 anni inoltrati, perciò non voglio piangermi addosso: mi rimbocco le maniche e provo a fare quello che amo”.

 

“L’ultimo anno è stato solitario, penso che tutti lo abbiamo provato. Si danno per scontate le routine giornaliere, come andare a fare colazione fuori o andare al cinema. Ma il 2020 è stato un anno in cui abbiamo dovuto riconsiderare tutto, non solo per la pandemia ma anche per la giustizia sociale. Abbiamo perso tanti innocenti per via della violenza, è stato orribile. Il 2020 è stato probabilmente il peggior anno della mia vita. Ho perso mia nonna, mi sono rotto il tendine d’Achille dopo la riabilitazione, e penso a Kobe Bryant costantemente. Non c’è un singolo giorno in cui non pensi a lui e al fatto che non ho potuto parlarci un’ultima volta. È stato un anno duro per tutti, immagino anche per voi. Non vedo l’ora del futuro, questo è sicuro”.

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Thompson: “Wiseman è un perenne All-Star, ancora non sa quanto è forte”

Un futuro che lo vedrà ovviamente ancora con la maglia dei Golden State Warriors, a cui è legato fino al 2024, alla pari di Draymond Green (che avrà una player option) e di James Wiseman, per il quale Thompson ha avuto parole di grandissimo elogio: “Amo i ragazzi che abbiamo in squadra e amo le capacità di James. Penso che possa diventare un perenne All-Star nella sua carriera: non ha ancora capito quanto è forte. Voglio dire, nessuno a 19 anni lo sa, ma ha quelle capacità fisiche e quel talento che non si può insegnare. La speranza è che porti avanti questa dinastia per gli anni a venire, perché ha tutto per riuscirci”. In ogni caso, Thompson è convinto che ad attenderlo al suo ritorno ci sarà una squadra in grado di giocarsela per il titolo: “Mi aspetto di essere subito una contender. Ovviamente l’ultimo anno è stato duro con la pandemia e tanti giocatori nuovi in squadra. Ma penso che abbiamo un grande gruppo di ragazzi che vengono a lavorare ogni giorno e hanno il desiderio di diventare grandi. Abbiamo ancora tanta pallacanestro da giocare: il nostro record non riflette la nostra forza e possiamo ancora finire con un record solido, spingendo per arrivare fino ai playoff”. Per fare strada, poi, ci sarà bisogno di Thompson. Ma per il momento il discorso è rimandato alla prossima stagione.

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