
NBA, i Phoenix Suns hanno il miglior record NBA: l'anatomia di una trasformazione
Il bilancio dice 45 vittorie e 18 sconfitte, proprio come quello degli Utah Jazz ma avendoli battuti la notte scorsa (e nelle precedenti due sfide stagionali) gli scontri diretti premiano i Suns. Che dopo 10 anni di assenza dai playoff, non solo hanno già timbrato il biglietto per la postseason, ma ora sono in testa alle classiche della lega. Merito delle leadership di Chris Paul, di un All-Star come Devin Booker ma non solo: andiamo a conoscere meglio una squadra che non nasconde le sue ambizioni

LA MIGLIOR SQUADRA NBA | Sembra assurdo anche solo scriverlo o pronunciarlo. È da dieci anni che non fanno i playoff, solo nel 2018-19 i Suns chiusero la stagione con il secondo peggior record di sempre della loro franchigia (19 vinte, 63 perse) e oggi invece guardano tutti dall’alto, dopo aver sconfitto nella notte (con un convincente 121-100) proprio gli avversari diretti, gli Utah Jazz. Di cui hanno lo stesso record — 45 vittorie, 18 sconfitte — ma un vantaggio negli scontri diretti
LEGGI L'INTERVISTA A RICCARDO FOIS
3-0 SU TRE GARE CONTRO UTAH | Perché contro quella che per quasi tutti è stata la miglior squadra NBA lungo tutto l’arco della stagione (ancora oggi quella col miglior net rating, +8.9) i Suns hanno un bilancio schiacciante di tre vittorie su tre. La prima arrivata nello Utah l’ultimo giorno del 2019 (106-95), la seconda solo in overtime in casa lo scorso 7 aprile (117-113) e poi quella di stanotte (121-100, anche sfruttando le assenze di Donovan Mitchell e Mike Conley in casa Jazz)

DEVIN BOOKER: ALL-STAR | La seconda convocazione consecutiva all’All-Star Game ha consacrato il talento di un giocatore capace di produrre più di 25 punti, 4 rimbalzi e 4 assist a sera sfiorando il 49% dal campo. Nella gestione del pick and roll Booker è tra i primissimi della lega: con almeno 350 possessi giocati, la sua produzione per possesso (1.011 punti) è seconda solo a quella di Curry, Lillard, DeRozan e Irving, davanti a Doncic, Paul George, Beal e… Chris Paul

UN CHRIS PAUL DA MVP | “Mi fa piacere sentire il mio nome inserito nelle conversazioni riguardanti l’MVP stagionale, ma non è qualcosa a cui penso quando mi alzo la mattina”, ha dichiarato il diretto interessato. “Il focus è sulla squadra”: una squadra che dal suo arrivo è migliorata in tutto, nel record, nell’efficienza offensiva (+4.2 rispetto allo scorso anno) e in quella difensiva (-1.6), ma anche nel rapporto assist/palle perse, da sempre un cavallo di battaglia del gioco di CP3 (oggi 2.06, secondo dato NBA; l’anno scorso 1.84, sesto)

I MIGLIORAMENTI DI SQUADRA | Qualcuno scherza: “Dovrebbe scegliere una squadra nuova ogni anno e portarla ai playoff”. Il resumé in carriera è impressionante: la percentuale di vittoria delle sue squadre prima e dopo il suo arrivo non mentono. New Orleans Hornets: 22.0% l’ultimo anno senza Paul, 46.3% il primo con lui; L.A. Clippers: 39.0% senza, 60.6% con; Houston Rockets: 67.1% prima ma 79.3% dopo; OKC Thunder: 59.8% senza di lui, 61.1% con lui; e poi i Phoenix Suns: 46.6% senza, 71.4% con

(QUASI) 36 ANNI E NON SENTIRLI | Solo Paul e il suo amico LeBron James sono stati capaci — compiuti i 35 anni — di mettere assieme almeno 15 punti, 8 assist, 4 rimbalzi e 1 recupero a partita. Anche togliendo le ultime due voci statistiche (rimbalzi e recuperi) sopra i 15&8 a questa età si aggiungono soltanto Steve Nash e Lenny Wilkens. Proprio come il vino tanto amato da Paul e James: invecchiando migliorano (CP3 compirà i 36 anni il 6 maggio)

LA MATURAZIONE DI AYTON | L’ex prima scelta assoluta (sì, nel Draft di Luka Doncic) ha giocato solo 19 gare da rookie e ha dovuto scontare una squalifica di 25 partite lo scorso anno. Quest’anno può essere al minimo di carriera per punti (con Booker e Paul segnare non è un problema) ma non ha mai fatto meglio a rimbalzo (10.7 a sera) e per percentuali reali al tiro (64.7%, con la media NBA attorno al 57%). Tra i giocatori NBA con almeno 100 possessi da tagliante al ferro sui pick and roll, i punti a possesso che produce Ayton (1.423) non li produce nessun altro

LA CRESCITA DI MIKAL BRIDGES | La definizione 3&D sembra calargli a pennello e per quello che riguarda la prima parte (quella offensiva) le percentuali dall’arco si sono alzate tantissimo, tanto che oggi sfiora il 41% dopo aver tirato il 34.5% nei suoi primi due anni (in compenso attacca ancora troppo poco il ferro). Ma è difensivamente dove fa la differenza: e ai playoff la competizione per lui si farà sempre più dura, perché da Mitchell a George, da LeBron a Doncic, da Curry a Lillard, potrebbe ritrovarsi a doverli marcare tutti

L’(IN)ESPERIENZA PLAYOFF | Quante presenze in quintetto in una gara di playoff possono vantare i titolari dei Phoenix Suns? Il numero (attorno alle 25 gare) è largamente inferiore a quello medio delle squadre che negli ultimi 10 anni sono state capaci di arrivare in finale NBA (56.7) o di vincere un titolo (60.9). L’esperienza in postseason quindi sembra contare, e solo Chris Paul (109 partite disputate) e Jae Crowder (72, di cui 51 solo da titolare) sanno di cosa si sta parlando