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NBA, Monta Ellis fa un altro provino con Houston: "Chiedo solo una chance"

PAROLE
CLEVELAND, OH - APRIL 2: Monta Ellis #11 of the Indiana Pacers reacts after being called from a foul during the first half against the Cleveland Cavaliers at Quicken Loans Arena on April 2, 2017 in Cleveland, Ohio. NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and/or using this photograph, user is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement. (Photo by Jason Miller/Getty Images)

Dopo quello con i Dallas Mavericks, il 35enne Monta Ellis ha fatto un altro provino con gli Houston Rockets, provando a tornare in NBA dopo quattro anni dall’ultima partita. "Non ho bisogno di soldi né ho pretese sul contratto: chiedo solo che mi venga data una chance e poi che le squadre facciano le loro decisioni. Nel 2017 ho lasciato la NBA per problemi personali e di salute mentale, ora sto bene"

Se Monta Ellis firmasse oggi con i Los Angeles Lakers, sarebbe a malapena il quinto giocatore più anziano presente a roster, più vecchio di qualche giorno rispetto ai 35 anni e 267 giorni di Dwight Howard. L’ex giocatore NBA compirà 36 anni il prossimo 26 ottobre, e in questa estate sta provando a tornare nella lega che ha lasciato quattro anni fa. Dopo il provino tenuto per i Dallas Mavericks insieme a Isaiah Thomas e Lance Stephenson, Ellis ne ha fatto un altro con gli Houston Rockets, un’altra squadra del Texas dove è rimasto a vivere dopo l’addio agli Indiana Pacers. Dai quali riceve ancora oggi 2.25 milioni di dollari dopo che il suo contratto da 11.2 milioni è stato tagliato e spalmato su cinque stagioni, ma non è per i soldi che sta cercando di rientrare nella lega. “Il Monta Ellis del 2017 aveva un sacco di cose nella sua testa che hanno cominciato a intaccarlo anche nel fisico” ha detto, parlando di sé come sempre in terza persona con Empire Sports Media. “È uno dei motivi per cui mi sono allontanato dal basket: non è che non fossi in grado di giocare [aveva ancora 31 anni, ndr], ma sentivo che la mia salute mentale doveva avere la precedenza, e la mia famiglia e i miei figli avevano bisogno di me. Io non ho mai avuto una figura paterna nella mia vita, tenere in equilibrio la paternità e la mia vita professionale era complicato”.

“Continuare in quella maniera non era di aiuto né per me né per la squadra, perciò andarmene è stata la decisione giusta. Ma ho continuato ad allenarmi quattro volte a settimana con un trainer di livello NBA [Djamel Jackson, ndr] e ora sto bene, sono concentrato e ho rimesso la mia vita a posto. Sono un paio di anni ormai che ci provo: chiedo solamente la possibilità di dimostrare che posso ancora dire la mia. Mi rendo conto che il modo in cui me ne sono andato abbia ridotto le mie possibilità, ma non ho pretese economiche. Non chiedo un contratto da 5 milioni, 10 milioni, neanche un milione. Voglio solo che mi sia data un’occhiata, poi sarà il mio gioco a parlare. Posso ricoprire qualsiasi ruolo mi sia richiesto: sento di avere ancora molto da dare, sono a posto sia di fisico che di testa. Penso di avere ancora 5 anni di pallacanestro dentro di me. Se poi non succederà, continuerò a essere un marito e un padre e a portare avanti il mio programma AAU. Mi va bene anche così. Ma tornare in campo è una sfida che voglio affrontare, se mi verrà data una chance”. Chissà se i Rockets — che hanno fatto un provino anche a Gerald Green — possano dargli la possibilità che cerca.

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