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Mercato NBA, Ben Simmons non giocherà più con Philadelphia: ora che succede?

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©Getty

Al termine di un lunghissimo tira e molla andato avanti per settimane, Ben Simmons ha deciso di non presentarsi al training camp di Philadelphia che aprirà le porte da lunedì, sottolineando l’intenzione di non voler giocare mai più con i Sixers. Una decisione che mette con le spalle al muro sia lui che la franchigia della Pennsylvania, pronta a ricorrere all’utilizzo di multe per fargli cambiare idea

Ben Simmons vuole essere ceduto. Lo ha detto e ripetuto in ogni sede negli ultimi due mesi e adesso, giunto al termine di un’offseason in cui i Sixers non si sono mossi in quella direzione, ha scelto di arrivare alla rottura totale con la sua squadra, comunicando che lunedì prossimo non prenderà parte al primo giorno di allenamento e al training camp. Non tornerà in campo fino a quando non indosserà la maglia di una nuova squadra, raccontano diverse fonti a ESPN che ha sciolto le riserve sulla questione più spinosa delle ultime settimane. Simmons ne avrebbe parlato direttamente con la proprietà sul finire d’agosto, dopo che per diverso tempo non aveva intrattenuto alcun tipo di contatto con nessun componente dell’organizzazione. Neanche le parole rassicuranti di Daryl Morey e Doc Rivers - reo di averlo lasciato in panchina in diverse fasi cruciali della semifinale playoff (poi persa) contro Atlanta - hanno cambiato le sue idee: il tiro da sotto non tentato in gara-7 contro gli Hawks molto probabilmente resterà l’ultimo highlights del 25enne tre volte All-Star in maglia Sixers.

Una situazione definita da molti senza precedenti - nonostante la NBA stia diventando sempre più una lega in cui si seguono le richieste e i capricci dei giocatori. Negli anni passati sia Jimmy Butler a Minneapolis che James Harden meno di 12 mesi fa a Houston si erano ritrovati in una condizione scomoda come quella di Simmons: in entrambi i casi si erano trovate delle giustificazioni per evitare multe al training camp, si è cercato di evitare il più possibile lo scontro (anche se l’allenamento di Butler contro tutti i titolari dei T’Wolves è rimasto nella memoria degli appassionati), liberandosi poi nel minor tempo possibile dell’All-Star rilanciando le ambizioni della squadra. A Philadelphia invece è tutto profondamente diverso: il miglior giocatore dei 76ers è Joel Embiid, è lui il candidato MVP, attorno al quale sono stati aggiunti diversi ottimi giocatori. Senza Simmons, Philadelphia resta una squadra da playoff e anche per questo la dirigenza non vuole accontentarsi di prime scelte, ma pretende di ottenere dei talenti in grado da subito di avere impatto. Un esempio? Damian Lillard, insoddisfatto a Portland e altro giocatore che potrebbe arrivare a rompere i propri rapporti con la dirigenza Blazers. In quel caso i Sixers sarebbero in prima fila per lui.

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L’altra grande unicità della situazione Simmons sta nel fatto che l’All-Star australiano ha ancora quattro anni di contratto con i Sixers, con ben 147 milioni di dollari ancora da dover incassare nelle prossime stagioni. Questo rende la sua posizione più debole, non potendo minacciare di liberarsi lasciando Philadelphia con un pugno di mosche in mano. Al tempo stesso la scelta per la franchigia della Pennsylvania non appare semplice: l’accordo collettivo infatti prevede che un giocatore che viene meno al suo servizio può essere sospeso e multato per una cifra pari a 1/145 del suo contratto (la stagione NBA viene forfettariamente divisa in 145 giorni di lavoro). Saltare un allenamento o non presentarsi in campo per una partita potrebbe costare a Simmons quindi ben 227.613 dollari. Si chiama “failure to render services” e sarebbe un vero e proprio punto di non ritorno per Philadelphia, che in alternativa potrebbero applicare un sistema di multe progressive che parte da 2.500 dollari al primo allenamento, salendo a 5.000 al secondo, 7.500 il terzo e così via.

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Sanzioni irrisorie secondo i più critici, che sottolineano come in molti preferirebbero incassare oltre 225.000 dollari per una giornata di lavoro, restandosene comodamente seduti sul divano e vedendosene sottratti soltanto 2.500. L’altro punto di scontro però è legato alle modalità con cui viene corrisposto annualmente lo stipendio a Simmons, in una forma particolare rispetto al resto della lega. L’All-Star australiano non riceve infatti ogni due settimane una percentuale del suo contratto, ma ha stabilito con Philadelphia di essere retribuito al 25% il 1 luglio (somma che già gli è stata corrisposta), incassando poi un ulteriore 25% il 1 ottobre. Una cifra superiore agli 8.25 milioni di dollari che potrebbe essere il giusto metro per valutare la situazione: se Simmons non si presenterà agli allenamenti e salterà il training camp, riceverà lo stesso il bonifico tra meno di dieci giorni? Staremo a vedere come evolverà la situazione.