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NBA, Nowitzki celebrato dai Dallas Mavericks: questa notte il ritiro della maglia n°41

NBA

Il campione tedesco è pronto a diventare il quarto giocatore nella storia dei Mavericks a veder ritirata la sua maglia - cerimonia in programma questa notte a margine della sfida tra Dallas e Golden State. Leggenda vivente e talento mai dimenticato in quel Texas che ormai è la sua seconda casa: "Il primo anno non avrei mai immaginato di raggiungere tutto questo. Non potrei mai fare l'allenatore, non ho pazienza. E quanto mi manca la NBA..."

Sorride e scherza con i giornalisti Dirk Nowitzki, come ha sempre fatto in oltre due decenni di carriera trascorsi in Texas. Come se non se ne fosse mai andato: uno di famiglia, tornato a casa perché i Mavericks questa notte, a margine della sfida contro i Golden State Warriors, ritireranno la sua maglia n°41. Un momento emozionante, da seguire - scontato e meritato al tempo stesso, per il più grande realizzatore non statunitense della storia NBA, per il simbolo del titolo vinto dai Mavericks nel 2011 e per tutto ciò che rappresenta un campione eterno come il tedesco. “Nel mio anno da rookie non mi sarei mai aspettato di ottenere tutte queste soddisfazioni in Texas, di restare qui per 21 anni: all’epoca avevo visto la NBA soltanto in TV. La prima stagione infatti ho sofferto parecchio: amo la pallacanestro, la mia professione, per questo i sacrifici hanno avuto un sapore diverso. Lavorare è stata la norma, anche se a fine carriera è diventato più difficile, soprattutto in estate. Pensavo però a Kobe Bryant, a Tim Duncan e loro mi davano motivazione: sapevo che stavano lavorando duro e che non potevo rimanere indietro”.

Diventa categorico invece quando qualcuno gli propone l’idea di sedersi in panchina: “Credo proprio che allenare non rientri nei miei piani. Penso che potrebbe essere divertente lavorare singolarmente con dei giocatori, come Holger a suo tempo ha fatto con me. Quell'opzione lì credo potrebbe piacermi, ma allenare una squadra è l'ultima cosa che voglio fare! Stare lì in piedi per ore, tenere discorsi, motivare giocatori che non hanno voglia di scendere in campo. E poi gli allenatori passano al telefono metà del loro tempo. Io non ho la pazienza, a malapena riesco a stare dietro ai miei figli. Non so se ne avrei abbastanza per allenare una squadra e affrontare tutte queste stupidaggini di questi tempi. Quindi direi che questa opzione è esclusa! A parte questa quindi, tutte le altre sono sul tavolo”. La decisione però non è ancora stata presa e magari proprio da Dallas potrebbe arrivare qualche proposta dalla dirigenza.

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Anche perché Nowitzki non fa nulla per nascondere la nostalgia che lo accompagna dal giorno in cui ha smesso di giocare: “Della NBA mi mancano cose che sapevo mi sarebbero mancate, a partire ovviamente dall’adrenalina di un tiro importante: poco importa se facendo ammutolire i tifosi avversari o facendo impazzire i propri giocando in casa. Quando guardo una partita adesso e vedo qualcuno fare una giocata del genere, ho la consapevolezza che non avrò mai più quella sensazione nella mia vita. E questo mi fa un po' male. E poi mi mancano la competizione e il cameratismo negli spogliatoi. Queste sono le cose che soffro di più”. Per parlare del resto invece toccherà aspettare la cerimonia di questa notte, alla quale prenderanno parte tra gli altri anche Adam Silver, Mark Cuban e Jason Kidd (attualmente allenatore dei Mavericks) - che probabilmente prenderanno la parola prima del talento tedesco, pronto così a raggiungere Brad Davis (15), Rolando Blackman (22) e Derek Harper (12) nella ristretta cerchia di giocatori il cui numero è stato ritirato dalla squadra di Dallas.

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