L'ex compagno di squadra di James ai Cavaliers ha raccontato quanto sia difficile gestire la pressione che ti piomba sulle spalle quando devi condividere il campo con LeBron: "Non tutti sono abituati, anche perché se le cose vanno male il processo è di continuo su di te". E poi spiega: "Io rendo al meglio sotto pressione, ma se non sei abituato finisci per essere mangiato vivo"
JR Smith non si è mai fatto grandi problemi nell’essere schietto e sincero, sia negli atteggiamenti sul parquet che a parole con i giornalisti. Personaggio unico nel suo genere, ma a suo modo fondamentale per i Cavaliers del 2016 nell’aiutare quel gruppo a vincere il titolo NBA. “Voglio essere onesto: giocare insieme a LeBron James è un dono, ma al tempo stesso una condanna. Lo amo alla follia, adoro giocare a pallacanestro nella sua squadra perché riesco a dare il meglio di me quando sono sotto pressione. Ma ci sono tanti giocatori che invece soffrono una situazione del genere, non amano una pressione di quel tipo. Penso che sia difficile da gestire quest’attenzione e analisi continua di ciò che accade attorno a James, in cui ci sono esperti via social e tutto il resto. Basta guardare ai Lakers: sono al 12° o 13° posto, no? Eppure è la squadra di cui si parla di più in TV. E il copione è sempre: “Il supporting cast non è in grado di fare questo o quello”. Se non hai le spalle larghe, se non sei fatto per una situazione del genere, finirai mangiato vivo”. Tutti hanno ovviamente pensato allo stesso momento: gara-1 delle finali NBA del 2018, con JR Smith che dimentica il punteggio e al posto di tirare, corre verso il centrocampo convinto che i Cavaliers abbiano vinto e non pareggiato la gara. Come gestire la pressione di un errore così grave davanti a un pubblico così vasto? Bisogna essere JR Smith per potersi permettere di riuscirci.