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Damian Lillard: "Non mi piace ciò che è diventata la NBA: non contano solo i titoli"

NBA
©Getty

La riflessione del n°0 dei Blazers ha fatto discutere e aperto un interessante dibattito riguardo l'evoluzione e la piega che sta prendendo la NBA, con una mentalità fuori dal parquet che condiziona non poco il piacere di chi gioca: "Non mi diverte quello che sta diventando". E poi Lillard spiega il suo segreto: "La mia forza è la normalità, è avere una vita reale e comune come gli altri, poter contare su amici veri a cui non frega niente chi sono come giocatore NBA"

Damian Lillard, uno dei migliori giocatori NBA e anche uno dei più maturi e interessanti da sentire parlare, ha rilasciato una bellissima intervista a JJ Redick spiegando quanto a suo avviso sia cambiata - in peggio - la pallacanestro e come il dibattito attorno alla NBA abbia svuotato tutto del senso ultimo dello sport: giocare per amore del basket e competere insieme ai propri compagni contro un avversario comune. “La NBA è profondamente cambiata da quando sono arrivato: mi aspettavo che le cose evolvessero, tutto è in costante mutazione, ma sento che qualcosa è saltato. Io scendo in campo perché amo questo gioco, voglio competere, voglio provare l’emozione della vittoria, voglio vedere i miei compagni trovare soddisfazione e il giusto riconoscimento: mi piace condividere le emozioni con la squadra, il gruppo con cui passo la maggior parte del tempo. Oggi invece è tutto un: “La regular season non conta!”, “Vinci un anello e poi parli!”, “Questo è un MVP e tu no!”. Io dico: calma, che roba è questa?”.

La salvezza per Damian Lillard è quella di "avere una vita normale"

Proseguendo con esempi di esperienze personali - c’è chi gli ha chiesto nelle scorse settimane: “Quand’è che vinci un titolo NBA?” - Lillard è poi giunto al nodo della questione: “Mentre capisco la logica e sono ben cosciente dell’importanza di giocare per vincere dei titoli - tutti noi che scendiamo in campo puntiamo a conquistare l’anello - non possiamo però continuare a comportarci e recitare come se non contasse più nulla, come se il resto delle cose, come se il viaggio non avesse alcuna importanza. Non possiamo permetterci di fare così: ci sono davvero tanti modi di interpretare la propria esperienza in NBA, ci penso spesso e non so sinceramente se potrò ancora giocare a lungo perché non mi diverte tutto ciò che la NBA sta diventando”. Nella riflessione poi, come sottolineato anche da JJ Redick, a impressionare è spesso la capacità di Lillard di estraniarsi da tutto il rumore e il caos che si genera attorno a lui: “Quello che fa la differenza è la vita reale: non approccio a ciò che mi accade nel quotidiano pensando di essere “Damian Lillard”. No, torno a casa e gioco con i miei figli, vado a trovare mia madre, frequento la mia famiglia: passo le serate al telefono con i parenti a parlare di cose qualunque, comuni. Ho una vita stabile, che non è definita da ciò che sono come giocatore NBA: ho degli amici veri, gente che fa una vita normale. Non passo le giornate davanti la TV a provare a capire cosa fare per ingraziami chi critica o a migliorare la mia immagine”.

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