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NBA, New York contro Miami: una rivalità che non finisce mai

NBA
Massimo Marianella

Massimo Marianella

©Getty

La serie che comincia stasera al Madison Square Garden (diretta Sky Sport NBA dalle 19) rinverdisce i fasti di una rivalità storica della NBA, quella tra i New York Knicks e i Miami Heat. Dalle infuocate sfide di playoff al ruolo chiave di Pat Riley da una parte e dall'altra, riviviamo i momenti più feroci della sfida anche attraverso le parole dei protagonisti

Per come le intendiamo noi del vecchio continente, le grandi rivalità nello sport americano in realtà non esistono. Dall’altra parte dell’oceano ne hanno una concezione diversa e, per fortuna, meno cruenta. A livello di college le sentono un po’ di più (Michigan contro Ohio State su tutte), tra i pro sono invece situazioni create dalla storia e dalle vittorie (come Lakers contro Celtics), dalla mitologia (nel caso del trasferimento di Babe Ruth dai Red Sox ai New York Yankees) o dalla geografia (come le squadre di Chicago che amano poco quelle di St. Louis, vedi Blackhawks contro Blues e Cubs contro Cardinals). Una però è nata sul campo, alla fine degli anni '90. Sul parquet. Sotto canestro. Heat contro Knicks. New York contro Miami. Una squadra storica di una città con tradizione cestistica, forte di due titoli negli anni '70 e delle sue leggende nate sui playground; opposta a una nuova realtà in bermuda ed infradito, con tanta voglia di affermarsi. Dopo la decade dominata dai Chicago Bulls di Jordan e Pippen era il confronto tra chi voleva legittimarsi e chi tornare grande. La spruzzatina di mostarda sulla rivalità che cresceva ce la mise la figura carismatica di Pat Riley che sulla panchina degli Heat voleva rifarsi della maggior delusione della sua carriera da head coach, con tanto di addio annunciato con un freddissimo fax inviato agli uffici del Madison Square Garden.

 

"È stata una grande rivalità - conferma l'attuale allenatore dei Knicks, Tom Thibodeau - perché erano due franchigie forti e ambiziose nello stesso momento storico, entrambe con la medesima caratteristica: uno spirito competitivo altissimo. Questo rendeva le partite di un livello agonistico incredibile. Il fatto poi che a Miami vivano molti newyorkesi ha  certamente aggiunto qualcosa". L'ultimo capitolo è andato in scena un mese fa e ha visto la 69^ vittoria dei Knicks negli scontri diretti contro le 65 degli Heat, in una sfida che aveva molte ripercussioni a livello di classifica, anche se nessuna delle due si sarebbe potuta aspettare che si sarebbero incontrate di nuovi ai playoff: "È un bene per la lega che in questo finale di stagione ci sia ancora qualcosa in palio per entrambe le squadre, perché alza il livello della rivalità", dice coach Erik Spoelstra, che poi aggiunge un commento proprio sull'unicità del duello Heat-Knicks: "Certo che amiamo giocare contro di loro, così come loro contro di noi. Ero qui quando questa rivalità è iniziata, ed è sempre qualcosa di speciale".

La storia degli incontri tra Heat e Knicks

Prima di quella che comincia stasera (diretta su Sky Sport NBA alle 19) erano state cinque le sfide nella post-season tra queste due franchigie tra il 1997 e il 2012, con tre vittorie dei blu-arancio e due degli Heat. La prima è quella che diede il via a tutto il resto, con le risse, i tecnici, le espulsioni, le squalifiche e con P.J. Brown che frulla via dal campo Charlie Ward come un sacco inutile in cantina. Una serie tostissima vinta da Miami alla settima gara. Erano gli Heat di Voshon Lenard (10 punti di media nella serie), Dan Majerle, Jamal Mashburn, PJ Brown, John Crotty (oggi analista tv degli Heat), ma soprattutto di un Tim Hardaway da quasi 23 punti a partita (e 42 assist totali nella serie) e di un Alonzo Morning da 19 punti di media, 20 stoppate totali e 64 rimbalzi nell'arco delle sette partite. New York vinse però la serie successiva, l’anno dopo, per 3-2 - e anche queste cinque gare non furono meno violente, con lo scontro tra pesi massimi (ed ex compagni a Charlotte) Larry Johnson-Alonzo Mourning, e con un Jeff Van Gundy aggrappato alla gamba di Zo nel tentativo di sedare una rissa.

La furiosa rissa e Van Gundy aggrappato alla gamba di Mourning
La furiosa rissa tra Heat e Knicks, con Van Gundy aggrappato alla gamba di Mourning - ©Getty

La serie però rimasta nel ricordo di tutti fu probabilmente la terza, la stagione successiva. Heat primi in regular season a Est, Knicks testa di serie n°8. Miami favoritissima, ma nella decisiva gara-5 a 5 secondi dalla sirena con i Knicks sotto 77-76 a vincerla fu Allan Houston, con i Knicks che poi sarebbero arrivati sino in finale NBA perdendo solo contro San Antonio, unica testa di serie numero 8 a fare così tanta strada. La vecchia Miami Arena - rosa, circolare, a due passi dalla non sicurissima Overtown, ma culla di tanti sogni ed entusiasmo - quella notte del 16 maggio 1999 si “spense”, oscurata dal canestro di Allan Houston. Gli ambiziosi Heat riportati alla realtà, da possibili contender a illusi pretender (in quel momento). I crossover di Hardaway, i bicipiti di Mourning, la presenza di P.J. Brown silenziati dalla praticità di Kurt Thomas, dal principesco carisma di Pat Ewing e dalle fiammate di Latrell Sprewell. I Knicks vinsero anche la serie di playoff dell’anno dopo, il 2000, la terza consecutiva sugli Heat, sempre all’ultimo match, un'altra gara-7 (come nel 1997). L’ultimo confronto tra le due squadre in postseason è il meno affascinante e il meno combattuto, con Miami troppo più forte capace di vincere 4-1 con i "Big Three" in vetrina sulla strada del titolo del 2012 contro i Knicks di Carmelo Anthony, Amar'e Stoudemire, Landry Fields, Wilson Chandler e gli altri.

Che cosa è oggi la rivalità tra Heat e Knicks

Quelle sfide di playoff generarono odio agonistico che in campo si trasformò in risse, trash talking, confronti individuali e contatti durissimi. Fuori cementò un attaccamento viscerale ai rispettivi colori da parte dei tifosi delle due squadre, oltre a un grande interesse mediatico. Una vera rivalità. Quando poi gli Heat sono diventati grandi davvero - in campo e nelle vittorie - i Knicks lo sono stati negli errori alle scelte e nei milioni di dollari buttati. Le fallimentari gestioni di Phil Jackson, Isiah Thomas e Steve Mills nella Grande Mela opposte al regno dorato come presidente di Pat Riley a South Beach, con tre titoli NBA e il glamour dei "Big Three" Wade, LeBron e Bosh, hanno generato talmente tanta distanza da annacquare un po’ la rivalità. Un ricordo bello e "focoso" che accompagna le sfide di oggi, con i Knicks che hanno ritrovato un coach tosto, continuità di risultati e, da Julius Randle, Jalen Brunson e R.J. Barrett in poi, giocatori che possono rappresentare una base solida su cui costruire.

L’antagonismo oggi è rimasto nella mente dei tifosi e nei ricordi dei media, ma ovviamente non in campo non essendoci giocatori rimasti nel club. C’è sempre Riley, però, che quegli Heat non li ha mai lasciati e, pur avendo dovuto attendere qualche stagione, il titolo a South Beach lo ha portato e la sua rivincita personale è riuscito a prendersela. Nel nuovo millennio gli Heat, dopo i mille scontri con i Knicks, sono cresciuti, hanno vinto, portato grandi campioni nel sud delle Florida e cambiato l’immagine della franchigia. I Knicks invece sono finiti travolti soprattutto da polemiche, scelte fallimentari e delusioni. Questa stagione però la situazione si è capovolta: gli uomini di Thibodeau si sono praticamente garantiti la post season, mentre quelli di South Beach arrivano di rincorsa.

 

In totale dalla prima sfida (il 2 marzo 1989, vinta al Garden dai Knicks 132-123) il totale dei confronti diretti - playoff compresi - è di 163 partite totali, con 83 vittorie di New York e 80 di Miami. Nel match a Miami del 22 marzo, l’ultimo vinto dagli Heat, coach Spoelstra ha centrato il suo successo n°700 in regular season sotto gli occhi di Walt Frazier (al commento per la tv dei Knicks) e di Wade (a bordo campo) - leggende che sembravano lì anche per onorare una grande rivalità. E ora che si ritrovano una contro l'altra sul cammino della post-season è bello pensare di poter riaccendere quella fiammella della rivalità che in fondo, sotto la cenere degli anni, continua sicuramente ad ardere.