In un'intervista all'Arizona Republic, la superstar dei Suns sottolinea il suo palmarès, secondo a quello di nessuno. "Cosa non ho vinto su un campo di pallacanestro?", si chiede. Eppure è lo stesso Durant che ammette di sapere benissimo la risposta alla sua domanda - svelando il perché la gente non include il suo nome nel dibattito tra chi sia il miglior giocatore di tutti i tempi
Una domanda si definisce "retorica" quando la risposta è già quasi scontata, conosciuta. E al quesito che Kevin Durant si è posto da solo in un'intervista rilasciata all'Arizona Republic, è stata la stessa superstar dei Suns a darsi la risposta. "Perché non dovrei essere io il giocatore più forte di sempre? Cosa non ho ottenuto, su un campo da basket?". Difficile dare torto alla prospettiva di Durant: 2 volte campione NBA e due volte MVP delle Finals, due volte medaglia d'oro alle Olimpiadi, MVP di un Mondiale, MVP di una stagione regolare NBA, e la lista potrebbe continuare. Ma Durant sa benissimo qual è la risposta che i suoi critici sono pronti a dare: "Perché sono andato ai Golden State Warriors". Il trasferimento da Oklahoma City a Oakland, infatti, è visto da tanti come un "errore" strategico nella sua carriera, il riconoscimento di non riuscire da trascinare da solo una "sua" squadra al titolo e la necessità di unirsi a un gruppo già affermato (quello di Curry-Thompson e Green). Ma il 10° marcatore nella storia della NBA - e il tassametro corre... - è convinto che la decisione da lui presa quel 7 luglio 2016 continua a condizionare la percezione del pubblico e degli esperti sul suo valore. "Perché non dovrei essere nella conversazione sul migliore di sempre?", si domanda.
E invece i nomi di Michael Jordan, LeBron James e Kobe Bryant (solo tra i campioni più recenti, senza andare a Chamberlain o Russell) vengono sempre prima del suo. Un titolo con i Phoenix Suns potrebbe cambiare la "narrativa" attorno al suo nome? Chissà...