NBA, Curry, Tatum e i due per uno: cosa ha detto LeBron James nel suo primo podcast

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L'esordio di LeBron James nel mondo del podcasting è stato un grande successo: la prima puntata di "Mind The Game" insieme a JJ Redick ha collezionato più di un milione di visualizzazioni, oltre 90.000 like e più di 200.000 iscritti sul canale solamente su YouTube. Dall’ammirazione per Steph Curry e Allen Iverson, le aspettative su Jayson Tatum e l’odio per i cosiddetti "due per uno", ecco cosa ha detto LeBron nel primo episodio

"Cosa rende grande un giocatore di pallacanestro?" è il titolo del primo episodio di “Mind the Game”, il nuovo podcast creato da JJ Redick in compagnia di LeBron James che ha debuttato ieri su tutte le piattaforme. Davanti a due calici di vino e un tavolo, il miglior realizzatore nella storia della NBA e l’attuale commentatore per ESPN hanno parlato per una quarantina di minuti di pallacanestro a tutti i livelli, partendo dall’amore condiviso per il Gioco nel senso più ampio possibile. L’accoglienza è stata a dir poco strepitosa: prendendo solo in considerazione i dati su YouTube (ma il podcast è gratuito su tutte le piattaforme), il canale appena creato vanta più di 200.000 iscritti, oltre 90.000 like e soprattutto il video del primo episodio è già ampiamente superato il milione di visualizzazioni in meno di 24 ore. Questo testimonia quale sia il potere mediatico di James, le cui dichiarazioni hanno ovviamente fatto il giro dei social. Ecco le più significative.

L'influenza di Steph Curry e Allen Iverson

Parlando del fatto che ormai in NBA nessun vantaggio anche di 19 punti può essere considerato sicuro, LeBron James fa un grande complimento al suo rivale di sempre Steph Curry. “Da quando quel ‘maledetto’ dalla pelle chiara che sta a Golden State è entrato in NBA, ha cambiato tutta la narrativa completamente da solo. Adoro Steph” ha detto James con il sorriso sulle labbra. “Ovviamente tutti sappiamo quello che ha fatto Jordan, ma da quando seguo il gioco, le due persone più influenti sul gioco sono state Steph e Allen Iverson. Perché sono entrambi sotto l’1.90 e quindi le persone ci si possono immedesimare di più, i ragazzini pensano di poter diventare come loro. Loro due ci sono riusciti contro ogni previsione”.

La pazienza nei confronti di Tatum (e il costo irrisorio di Porzingis e Holiday)

Molto interessante anche il passaggio in cui James parla di Jayson Tatum e delle aspettative fuori scala che deve affrontare: “Ad appena 25 anni ha già giocato quattro finali di conference e una finale NBA. Io stesso non ho vinto il mio primo titolo NBA fino a quando non ho compiuto 28 anni, come Jordan. Jokic ha vinto il suo primo a 27, Curry anche lui attorno a quell’età. Ci sono grandi aspettative su JT, ma ha già vinto tantissimo nella sua carriera. Tutti vogliamo vederlo arrivare fino in fondo, ma il suo palmares è élite. Anche quest’anno ha la squadra per arrivare fino in fondo, voglio dire: hanno aggiunto Porzingis e Holiday in cambio di un pacchetto di patatine… Ma quando ti prepari ad affrontare Boston, lui è il primo della lista”.

Rajon Rondo la mente più “veloce” incontrata da James

Nel corso della chiacchierata Redick e James parlano di come molti giocatori anche della NBA fatichino a comprendere il gioco in tempi rapidi, ad esempio senza riuscire a “ribaltare” il lato nell’esecuzione di uno schema senza prima vederlo disegnato sulla lavagnetta. Tra tutti i giocatori incontrati nella sua carriera, secondo James il più veloce a capire tutto è Rajon Rondo: “Riesce a processare ogni cosa all’istante. Mi fa strano che non sia ancora diventato un allenatore in questa lega… Probabilmente è perché non ha voglia di fare quel tipo di vita. D’altronde chi vuole avere a che fare con tutti questi ragazzi ricchi e pieni di sé?”.

L'odio di James per il "Due per uno"

Nel discutere le loro “ossessioni”, James ha rivelato di non essere per niente un fan del “due per uno”, cioè quei tiri alla fine dei quarti nei quali si provano ad avere due possessi e lasciarne solo uno agli avversari, così da procurarsi un vantaggio. “Ne capisco il motivo e l’importanza, ma spesso non si considerano i quattro o cinque possessi che vengono prima. Abbiamo giocato bene? Siamo in ritmo? Cosa stanno facendo gli altri negli ultimi due minuti e mezzo? Se non siamo riusciti a prenderci un buon tiro negli ultimi due minuti, perché devo tirarne uno da 10 metri con 20 secondi sul cronometro? Perché un buon tiro per finire il terzo quarto può darci l’inerzia per cominciare bene il quarto”.