
NBA Draft, le migliori prime scelte assolute dopo LeBron James. CLASSIFICA
Le emozioni del Draft si avvicinano (alle 2.00 nella notte tra mercoledì 26 e giovedì 27 giugno in diretta su Sky Sport NBA, in replica con commento in italiano), e quale occasione migliore per rivisitare le prime scelte assolute degli ultimi 20 anni? Il sito di Bleacher Report ha realizzato una classifica delle 20 "first overall pick" dopo LeBron James nel 2003 in base al loro rendimento al picco della carriera

20. ANTHONY BENNETT (2013)
- CLEVELAND CAVALIERS

Non c’è molto da dire: scelto a sorpresa alla numero 1 di uno dei Draft meno talentuosi di sempre (almeno in vetta: fuori dalla Lottery sono stati scelti Giannis Antetokounmpo e Rudy Gobert), è rimasto in NBA appena quattro stagioni con quattro squadre diverse per un totale di 151 partite di cui solo 4 da titolare. Le sue medie? 4.4 punti, 3.1 rimbalzi e il 42% effettivo dal campo in 12.6 minuti di media. E anche fuori dalla NBA non ha mai brillato

19. ANDREA BARGNANI (2006)
- TORONTO RAPTORS

Una scelta che ci coinvolge da vicino, ma solamente Bargnani e Bennett hanno un box plus-minus negativo tra le ultime 20 prime scelte al Draft. Se non altro il “Mago” ha avuto una stagione da 21.4 punti di media nel 2010-11, dimostrando che di punti nelle mani ne ha sempre avuti, ma anche che le sue mancanze (specialmente in difesa) non hanno mai permesso alle sue squadre di essere particolarmente competitive, con due eliminazioni al primo turno dei playoff come risultato massimo

18. MARKELLE FULTZ (2017)
- PHILADELPHIA 76ERS

Bisogna essere onesti: in uscita dall’università di Washington, Fultz sembrava più che degno della numero 1. Ma i rarissimi infortuni che ha avuto hanno completamente eliminato il suo tiro in sospensione che lo rendeva un attaccante letale dalla distanza, cambiandolo radicalmente come giocatore. Resta comunque solo un giocatore nella media NBA come sta dimostrando a Orlando: troppo poco per una prima scelta assoluta

17. GREG ODEN (2007)
- PORTLAND TRAIL BLAZERS

Chiude il quartetto delle peggiori numero 1 di sempre lo sfortunato Greg Oden, che al college prometteva di essere un centro difensivo fenomenale e invece per gravi problemi alle ginocchia non è mai riuscito a dimostrare il suo valore in NBA. Nelle 21 partite giocate nel 2009-10 stava viaggiando a 11.1 punti, 8.5 rimbalzi e 2.3 stoppate di media in meno di 24 minuti, ma appunto è durato 21 partite prima di farsi male. La cosa peggiore è che dopo di lui è stato scelto un certo Kevin Durant

16. ANDREW WIGGINS (2014)
- CLEVELAND CAVALIERS

Tolta la straordinaria cavalcata ai playoff del 2022 culminata con il titolo insieme ai Golden State Warriors, è difficile non essere rimasti delusi dalla carriera del canadese, che in uscita da Kansas prometteva di essere "Maple Jordan" (il Michael Jordan del Canada) e invece ha sempre lasciato tanto a desiderare sia ai suoi tifosi che agli appassionati in genere. Ha una sola partecipazione all’All-Star Game, ma più per il fatto di giocare per gli Warriors che per reali meriti individuali

15. ANDRE BOGUT (2005)
- MILWAUKEE BUCKS

Dopo i primi anni di rodaggio, stava finalmente iniziando a ingranare nel 2009-10 prima di subire un’orribile infortunio — rottura della mano, lussazione del gomito e distorsione del polso tutte assieme. Da quel momento in poi il suo attacco è scomparso, ma nei suoi anni a Golden State ha dimostrato tutto il suo acume difensivo e le sue capacità da passatore, vincendo anche il titolo del 2015

14. DEANDRE AYTON (2018)
- PHOENIX SUNS

Bogut è stato un difensore nettamente migliore di Ayton, ma il bahamense ha cominciato la sua carriera con quattro stagioni in doppia doppia di media ed è stato fondamentale per i Phoenix Suns nella loro cavalcata interrotta a sole due vittorie dal titolo del 2021. Dopo aver firmato un contratto al massimo salariale la sua carriera non ha continuato a progredire come ci si aspetterebbe, specialmente da uno scelto alla 1 nel Draft di Luka Doncic

13. CADE CUNNINGHAM (2021)
- DETROIT PISTONS

La giuria è ancora in camera di consiglio, visto che Cunningham ha dovuto saltare quasi interamente la stagione 2022-23, ma nell’ultimo anno al netto di buone statistiche individuali (22.7 punti e 7.5 assist di media) i risultati di squadra sono stati disastrosi, inanellando anche una striscia di 28 sconfitte consecutive. Il prossimo anno, con un nuovo coach e si spera migliori tiratori attorno a sé, ci si aspetta di vedere il giocatore che prometteva di essere arrivato al Draft

12. PAOLO BANCHERO (2022)
- ORLANDO MAGIC

Di per sé non ha ancora sbagliato un colpo: Rookie dell’Anno all’esordio, All-Star e primo turno di playoff al secondo anno, resuscitando una franchigia come i Magic che vivacchiava nell’anonimato ormai da troppo tempo. Avesse anche migliori tiratori attorno, avrebbe ancora più spazio per operare con il suo arsenale di finte, movimento di piedi e capacità di guadagnare falli, ma c’è ancora molto tempo per migliorare

11. BEN SIMMONS (2016)
- PHILADELPHIA 76ERS

Prima di quel passaggio sotto canestro passato alla storia nei playoff del 2021, l’australiano era stato un giocatore speciale, una combinazione unica di stazza, fluidità di movimenti, capacità di passaggio e difesa su tutti i ruoli che gli erano valsi anche il terzo quintetto All-NBA, al netto dei ben noti difetti al tiro perimetrale e ai liberi. I problemi di infortuni, soprattutto alla schiena, ci hanno privato di un giocatore che nelle ultime stagioni è sparito completamente

10. KARL-ANTHONY TOWNS (2015)
- MINNESOTA TIMBERWOLVES

Una onestissima metà classifica per un giocatore che magari non avrà mantenuto tutte le promesse di quando è arrivato, ma sta avendo comunque una carriera di tutto rispetto, resuscitando i Minnesota Timberwolves dalle macerie in cui erano finiti. Si è auto-proclamato come “Il miglior lungo tiratore di sempre”, ma gli mancano ancora un po’ di exploit ai playoff per poterselo davvero meritare

9. ZION WILLIAMSON (2019)
- NEW ORLEANS PELICANS

Sono passati 5 anni ormai da quando è entrato nella lega e ancora non è riuscito a debuttare ai playoff, fermandosi al massimo al play-in per i ben noti problemi di infortuni che lo hanno enormemente rallentato. È già una versione meno esplosiva del giocatore uscito da Duke, ma riesce comunque a essere efficace quando è in campo nonostante la mancanza di un tiro perimetrale. La storia è ancora tutta da scrivere, con la speranza che il fisico lo sorregga

8. JOHN WALL (2010)
- WASHINGTON WIZARDS

Forse non ha mantenuto in tutto e per tutto le promesse di quando è arrivato in NBA da Kentucky, ma basta osservare cosa ha fatto Washington prima e dopo di lui (spoiler: quasi niente) per capire l’impatto che ha avuto. Nei suoi anni migliori era impossibile tenerlo fuori dall’area e metteva in ritmo tutti i compagni a volontà, una macchina da triple dagli angoli quasi inarrestabile. Il suo picco però rimane il 2016-17 in cui ha finito al settimo posto per l’MVP e nel terzo quintetto All-NBA, oltre a cinque convocazioni per l’All-Star Game

7. BLAKE GRIFFIN (2009)
- L.A. CLIPPERS

Un caso pressoché unico di giocatore che ha cominciato in un modo e ha finito la carriera all’opposto. Il primo Griffin è stato uno dei rookie più esplosivi che si siano mai visti, poi con il tempo è diventato un lungo in grado di passare la palla ad altissimo livello oltre a viaggiare nei pressi della doppia doppia abbondante di media, infine ha lavorato sul suo tiro da tre punti per rendersi pericoloso anche dall’arco, finendo a Brooklyn come centro di mestiere. Al suo picco ha chiuso al terzo posto per l’MVP, ma soprattutto ha messo i Clippers sulla mappa

6. KYRIE IRVING (2011)
- CLEVELAND CAVALIERS

Forse il giocatore più bello da vedere della storia del gioco, ha incantato nei suoi anni a Cleveland anche molto al di là delle sue cifre individuali, invero mai così spettacolari. Rimane il ruolo centrale che ha avuto nella vittoria del titolo del 2016, segnando probabilmente il canestro più pesante nella storia NBA, anche se un po’ gli infortuni e un po’ le peripezie fuori dal campo ne hanno minato la carriera più del dovuto

5. VICTOR WEMBANYAMA (2023)
- SAN ANTONIO SPURS

Sulla fiducia, visto che stiamo parlando solamente di una stagione in NBA, ma tutti i dubbi che potevano esserci su di lui sono stati spazzati via dopo l’annata da rookie prodotta dal francese. È molto più pronto di quello che ci si aspettava, e tornando a fare questa classifica tra qualche anno sarà difficile come minimo tenerlo fuori dal podio, se non proprio metterlo alla 1 senza discussioni

4. ANTHONY EDWARDS (2020)
- MINNESOTA TIMBERWOLVES

In questi playoff ha messo assieme il meglio del suo repertorio, riportando i Minnesota Timberwolves alle finali di conference a 20 anni di distanza dall’unica altra volta, e scusate se è poco. La cosa spaventosa è che ha appena cominciato: può ancora migliorare sotto molti aspetti del gioco, e la carta d’identità (23 anni da compiere ad agosto) è dalla sua parte

3. DERRICK ROSE (2008)
- CHICAGO BULLS

È durato troppo poco, ma c’è un motivo se D-Rose occupa ancora oggi un posto speciale nel cuore di tutti gli appassionati. Il suo 2020-21 con i Bulls è stato leggendario, vincendo il premio di MVP della lega guidando la squadra a 62 vittorie in regular season, ma anche nelle stagioni precedenti aveva messo a ferro e fuoco la lega con un atletismo visto raramente nel corpo di una point guard. Aggiungeteci l’essere stato profeta in patria e avete una prima scelta assoluta perfetta, purtroppo fermata dagli infortuni

2. DWIGHT HOWARD (2004)
- ORLANDO MAGIC

Amatelo o odiatelo, ma la carriera di DH12 è al di sopra di ogni sospetto: tre volte Difensore dell’Anno, otto volte All-Star, otto volte All-NBA, cinque volte nei quintetti difensivi, campione NBA nel 2020 nella bolla di Orlando, ma con la maglia dei Lakers. Per anni è stato una “one-man defense”, facendo passare rapidamente agli avversari anche solo l’idea di tirare al ferro contro di lui, per di più riportando i Magic alle Finals dopo 15 anni di assenza. Ci hanno messo più di un decennio per rialzarsi

1. ANTHONY DAVIS (2012)
- NEW ORLEANS PELICANS

Per vincere ha dovuto lasciare la Louisiana e andare a Los Angeles al fianco di LeBron James, ma nonostante i tanti infortuni subiti in carriera ha mantenuto le (altissime) aspettative che c’erano su di lui a inizio carriera uscendo da Kentucky come uno dei migliori prospetti di sempre. Forse ha già passato il suo picco di rendimento pur avendo solo 31 anni, ma ancora oggi rimane uno dei migliori difensori della lega oltre che uno dei migliori 75 giocatori nella storia del gioco