Come i Detroit Pistons si sono risollevati in un anno, sulle spalle di Cade Cunningham

Un anno fa di questi tempi i Detroit Pistons vincevano una partita contro gli Oklahoma City Thunder per issarsi faticosamente a un record di 6 vittorie e 40 sconfitte, suggellando un mese di gennaio in cui tre soffertissime vittorie erano riusciti quantomeno a mettersi nella condizione di superare il record delle sole 9 vittorie dei Philadelphia 76ers del 1972-73. Un record negativo, purtroppo per loro, lo avevano già raggiunto in precedenza: tra il 30 ottobre e il 29 dicembre avevano inanellato una striscia di 28 sconfitte consecutive, la peggiore mai realizzata nella storia della NBA. Dalle macerie di un disastro di queste proporzioni, oggi i Detroit Pistons siedono all’ottavo posto nella Eastern Conference, forti di un più che rispettabile record di 23 vittorie e 23 sconfitte che in pochi avrebbero ritenuto possibile prima dell’inizio della stagione. I bookmakers prevedevano per loro un over-under fissato a 25.5 vittorie, una quota che i Pistons supereranno prima ancora della pausa per l’All-Star Game. E al weekend di San Francisco dovrebbero finalmente riuscire a mandare un loro rappresentate, cosa che non accade dal lontano 2019 con Blake Griffin: nessun altra delle 29 squadre squadre ha dovuto attendere così tanto per avere a roster un All-Star, un’assenza che dovrebbe essere colmata da Cade Cunningham. Ma il ritorno alla rispettabilità della squadra di Simone Fontecchio ha tanti protagonisti al di là della prima scelta assoluta del Draft 2021. I Pistons hanno affrontato il disastro della passata stagione prendendo inevitabilmente delle scelte forti. Il proprietario Tom Gores si è assunto le responsabilità di quanto accaduto e ha provveduto a cambiare direzione, affidando a Trajan Langdon le redini di un front office da ricostruire. A Langdon è stata data carta bianca per prendere decisioni non solamente forti ma anche estremamente costose come il licenziamento di Monty Williams, che aveva completato solo uno dei sei anni previsti dal suo contratto da 78 milioni di dollari complessivi, costringendo quindi il proprietario a pagarne 65 per un allenatore sollevato dal suo incarico. La mossa, però, ha dato istantaneamente credibilità a Langdon, che ha poi approfittato del licenziamento di JB Bickerstaff da Cleveland per affidargli immediatamente la panchina, individuando nel suo profilo da coach "old school" e capace di creare le basi di una squadra l’allenatore giusto per la ricostruzione. A parziale scusante di Williams, bisogna dire che Bickerstaff ha anche avuto in dote un roster decisamente più sensato rispetto a quanto fatto in precedenza, soprattutto in termini di spaziature offensive: gli arrivi estivi di Tobias Harris, Tim Hardaway Jr. e Malik Beasley, oltre alla conferma di Simone Fontecchio, hanno ricostruito un reparto di esterni che aveva disperatamente bisogno di pericolosità perimetrale, permettendo a Cunningham e a Jaden Ivey di avere finalmente spazi da attaccare. I risultati sono indiscutibili. I Pistons sono passati dal terzo peggior attacco della NBA a un rispettabile 18° posto, mentre in difesa hanno guadagnato 11 posizioni passando dal 25° al 14° rendimento difensivo. Sembra poco, ma per una squadra che un anno fa ha fatto la storia negativa della NBA si tratta di un salto triplo carpiato: Detroit è nella piena media della NBA per percentuali al tiro ed è in top-10 a rimbalzo offensivo, provando a usare i mezzi atletici del roster per mettere in difficoltà gli avversari. Alcuni difetti della gestione precedente, inevitabilmente, sono rimasti: Detroit perde ancora tantissimi palloni e va pochissimo in lunetta, mentre in difesa continua a essere piuttosto indisciplinata commettendo falli evitabili che regalano tiri liberi gratis agli avversari. Dal punto di vista della selezione di tiro, Bickerstaff ha assecondato le caratteristiche del suo roster aumentando il volume di conclusioni da tre punti pescando in particolare un’eccezionale stagione da parte di Malik Beasley. Dopo due passaggi tutt’altro che memorabili a Los Angeles e Milwaukee, Beasley sembra essere rinato a Detroit affermandosi come uno dei tiratori più prolifici della lega. Solo Anthony Edwards ha segnato più delle sue 171 triple in stagione, peraltro con una percentuale di realizzazione del 40.4% che rappresenta solitamente la linea di demarcazione tra i buoni e i grandi tiratori. Beasley è di gran lunga il miglior tiratore “catch & shoot” della lega, cioè le conclusioni da tre punti prese senza palleggiare: nessuno fa meglio delle sue 129 conclusioni realizzate, con il secondo in classifica che a malapena supera quota 100. Anche Tim Hardaway Jr., arrivato fondamentalmente come un "salary dump" da parte dei Dallas Mavericks, si è rivelato un giocatore più che utile alla causa con il suo 38% dall’arco. Unendo anche il 41% dagli angoli con cui sta tirando Tobias Harris, ecco fornite le spaziature così fondamentali per far funzionare il pick and roll centrale tra Cunningham e il lungo titolare Jalen Duren, una delle più prolifiche di tutta la lega. Solamente Trae Young gioca più pick and roll di Cunningham da portatore di palla, mentre Duren con 151 “screen assist” è nella top-10 della lega. Beasley, Hardaway e Harris hanno ricoperto anche un ruolo fondamentale in spogliatoio come veterani di riferimento per un roster giovanissimo. Cade Cunningham non ha mancato di sottolineare come loro tre abbiano “cambiato l’energia della squadra con la loro esperienza, aiutandoci a capire come poter vincere delle partite che lo scorso anno avremmo perso”, meritandosi allo stesso tempo la fiducia da parte di coach Bickerstaff che concede a tutti e tre più di 28 minuti a partita. A farne le spese in qualche modo è stato Simone Fontecchio: retrocesso in panchina dopo aver chiuso la passata stagione con 9 partite da titolare su 16, non è riuscito a confermare il 42.6% da tre punti con cui aveva tirato lo scorso anno una volta arrivato in Michigan, complice un tiro dagli angoli che proprio non vuole saperne di entrare . Con meno minuti a disposizione Fontecchio sente anche maggiormente la pressione di fare "tutto e subito" per meritarsi qualcuno in più dei 18 minuti che gioca di media, ma spesso si ritrova anche a giocare fuori posizione da "4" alle spalle di Harris, acuendo un po’ le difficoltà di questa stagione. Il passo decisivo per diventare una squadra rispettabile è arrivato però nella metà campo difensiva. Coach JB Bickerstaff è riuscito a toccare le corde giuste dei suoi giocatori e ha costruito un sistema che non spicca davvero in nulla ma che non commette neanche troppi errori. In particolare sono molto bravi a forzare una cattiva selezione di tiro agli avversari: non fanno tirare praticamente mai al ferro , sono terzi per conclusioni forzate dalla media distanza e al decimo posto per minor numero di triple concesse. Sembra poco, ma già solo questo permette di avere una difesa quantomeno in grado di giocarsela, e il rientro di un eccezionale difensore come Ausar Thompson può far fare un ulteriore salto di qualità ai Pistons. Per ambire a diventare qualcosa di più, però, ci sarà bisogno di qualche intervento sul mercato — e da questo punto di vista i Pistons sono in una buona posizione., avendo ampio spazio salariale con il quale poter assorbire contratti sgraditi alle altre squadre per ottenere giocatori o asset. Con i soli Hardaway e Beasley in scadenza a fine anno, Langdon potrà decidere se utilizzare lo spazio salariale a disposizione per trattenerli oppure se lasciarli andare via buttandosi sul mercato dei free agent, sempre tenendo bene a mente la lezione imparata quest’anno: Cade Cunningham ha bisogno di spazio per brillare e di giovani ce ne sono già fin troppi , perciò bisognerà agire con criterio per non sprecare quanto di buono è stato costruito finora.

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