I Pistons sono una delle squadre più in forma della NBA e al momento, contro ogni pronostico di inizio stagione, occupano il 6° posto nella classifica della Eastern Conference. E nella cavalcata di Detroit c’è anche la firma di Simone Fontecchio, più che mai 6° uomo dall’apporto fondamentale per coach J.B. Bickerstaff. E l’azzurro ha raccontato ai microfoni di Sky Sport della grande fiducia provata dalla squadra e dei segreti dietro ai successi arrivati fin qui e che, secondo Fontecchio, sono destinati a continuare
Nessuno, forse nemmeno il tifoso più accanito dei Pistons, a inizio stagione avrebbe potuto pronosticare che Detroit, in vista dell’ultimo mese di regular season, sarebbe stata una delle squadre con un posto garantito ai playoff. Eppure, Cade Cunningham e compagni al momento occupano il 6° posto a Est, una posizione frutto soprattutto di una sequela di vittorie arrivate a cavallo della pausa per l’All-Star Game. E nel grande momento vissuto da Detroit c’è anche il contributo di Simone Fontecchio, elemento indispensabile in uscita dalla panchina, che ai microfoni di Sky Sport ha parlato dell’annata vissuta dalla squadra e della voglia di non fermarsi proprio ora, sul più bello.
Che effetto ti ha fatto tornare a giocare a Utah da ex, è stato piacevole?
Sì, molto piacevole, è stato emozionante anche rivedere un sacco di volti familiari: c'erano un sacco di amici che abbiamo conosciuto in questi ultimi due anni, per non parlare poi di tutte le persone con cui ho lavorato con i Jazz, quindi è stato un bel momento.
Non a caso durante la pausa per l’All-Star Game sei tornato proprio a Utah, era dal trasferimento a Detroit che non tornavi più a Salt Lake.
Sì, diciamo che io volevo andare al mare, ma per questa volta ho accontentato mia moglie che ci ha lasciato veramente un pezzo di cuore, come me del resto a Salt Lake. Come ho detto, lì abbiamo tanti amici, quindi abbiamo deciso di passare qualche giorno lì in famiglia, in montagna, in mezzo alla neve, in mezzo agli affetti.
Tra i giocatori che c'erano a Utah con te e che hai adesso come compagno a Detroit c'è Malik Beasley, che rapporto hai con lui? Lui sta avendo un'ottima stagione partendo dalla panchina
Io e Malik abbiamo un rapporto ottimo, ci conosciamo ormai da un po' di tempo e sono veramente felicissimo per la stagione stratosferica che sta avendo, merito del lavoro che c’è dietro a questo successo. Sono contento anche perché ci sta dando una grossa mano. Ci troviamo spesso a dividere il campo insieme, certo, mi piacerebbe che mi lasciassero qualche tiro in più…ma finché lui fa canestro con questa continuità non gli si può dire niente [sorride N.d.R.]
Fontecchio, il tiro e la voglia di non mollare
Parlando della tua stagione, stai tirando con il 32% da tre, che è la percentuale più bassa da quando sei in NBA. Da cosa dipende? Il tipo dei tiri? Il tipo di impiego? La voglia di dover fare qualcosa nei pochi minuti che ti danno a disposizione? Come leggi questa situazione?
Io non guardo tanto alle percentuali da tre o a quelle dal campo. Mi piacerebbe molto tirare meglio e so che ne sono perfettamente capace, come ho dimostrato anche l'anno scorso per esempio. Però riconosco che è difficile nel ruolo in cui mi trovo adesso. Quando ti arrivano due o tre palloni a partita buttarli dentro non è una cosa automatica, è qualcosa su cui sto lavorando tanto, però è un lavoro continuo che dovrà andare avanti ancora un po' di tempo. Comunque non sono preoccupato per niente.
Hai creato l'hashtag, qui lo devi dire nel tuo dialetto, ‘Nenmellà’, come la stai vivendo? Perché è nato questo hashtag?
La pronuncia è proprio ‘nenmèllà’, che in dialetto abbruzzese vuol dire non mollare ed è una cosa che mi diceva sempre mio nonno fin da quando ero piccolo, quando mi veniva a vedere alle partite. Me lo gridava dagli spalti, quindi è un qualcosa che mi è rimasto dentro, soprattutto quest'anno quando lui purtroppo è venuto a mancare, è qualcosa che cerco di usare un po' come mantra e di ricordarmelo ogni giorno, ogni volta che vado in campo.
Ti sei fatto male al dito, il mignolo della mano destra, come stai in questo momento?
Sto bene, sto bene, è un po' fastidioso perché c'è sicuramente qualche legamento che è andato, e chiaramente essendo la mano cui tiro non è proprio una cosa simpaticissima. Provo comunque a giocarci sopra perché non mi va di fermarmi troppo, mi sono già fermato un paio di partite per questa cosa, però chiaramente un po' mi condiziona, un po' mi dà fastidio, ma col tempo passerà e andrà meglio.
Avete vinto 10 delle ultime 12, avete perso ieri con i Clippers, siete voi stessi sorpresi da questo rendimento scintillante o ve lo aspettavate?
Si sentiamo sicuramente una grande fiducia in questo momento, soprattutto perché abbiamo veramente dei principi, del lavoro alle spalle che ci permette di avere questa fiducia. Sicuramente non penso se lo aspettassero in tanti che ci trovassimo al sesto posto alla Eastern Conference in questo periodo dell'anno, probabilmente nemmeno nel nostro front office. Siamo contenti, però sappiamo che non ci possiamo fermare adesso, probabilmente questo è il momento più duro e dobbiamo tenere botta per lo sprint finale. Vogliamo finire al meglio la stagione, non sarà semplice però abbiamo la fiducia e il lavoro alle spalle per poterlo fare
Ultima domanda: dopo tre anni in NBA, tu oltre che giocatore di basket sei anche appassionato del gioco, c'è ancora qualche giocatore che ti impressiona a livello tecnico o per velocità di esecuzione. Dopo tre anni che li hai visti, capisco il primo anno l'impatto, dopo tre anni è ancora qualche giocatore che sul campo ti fa dire ‘wow’?
Sicuramente ogni sera trovi a giocare contro i giocatori più forti del pianeta, alcuni sembrano provenire addirittura da un altro pianeta, però devo dire che dopo tre anni non mi faccio più impressionare. Certo, ci sono dei gesti atletici che fanno alcuni giocatori che ti lasciano un po' sbigottito, però da quel punto di vista ormai ci ho fatto un po' il callo.
[video: Sheyla Ornelas]