A ovest, per ora, c'è un solo padrone: chi fermerà i Thunder?

La stagione storica degli Oklahoma City Thunder – 24 vittorie e 1 sconfitta fino a questo momento, pareggiata la migliore partenza della storia della NBA – si spiega prima di tutto con una questione di atteggiamento: il coach Mark Daigneault, insieme al front office, è riuscito a far sposare a tutti i giocatori quell’idea di pallacanestro che vogliono rappresentare. Cioè quella di una squadra che ha il ‘piacere’ di dannarsi in ogni partita, lasciando che a seconda delle serate riesca a emergere un protagonista diverso da 20/25 punti. Certo, hanno i punti di riferimento, l'MVP della scorsa stagione e giocatori di grande talento, ma la profondità dei Thunder credo sia la loro cifra più importante. Oltre a un’efficienza difensiva tra le migliori della storia della lega. È proprio nella loro metà campo che spostano – e vincono – le partite. La difesa dei Thunder è soffocante, intensa e anche 'sporca'. Soprattutto ha la capacità di accettare e reggere gli 1v1 e i close out, due aspetti della pallacanestro moderna che incidono tantissimo. Con queste caratteristiche per gli attacchi avversari diventa difficile costruire un vantaggio, e ancora più difficile mantenerlo sui 48 minuti. In attacco invece è una squadra che gioca di flusso: ha ovviamente in Gilgeous-Alexander e in Jalen Williams i suoi punti di riferimento, due giocatori che hanno la capacità di creare per loro stessi e in egual modo per gli altri. Pick and roll, palleggio arresto e tiro, penetrazione, un assist o un extra pass per liberare un compagno e creare un buon tiro. Talento individuale di primissimo livello in un roster che ha già delle ottime spaziature. Si è parlato molto in queste settimane del record del Thunder: con una partenza da 24-1 potrebbero, statisticamente, cercare di insidiare il record di vittorie dei Golden State Warriors della stagione 2015/2016, chiusa a 73 vittorie e 9 sconfitte. Va anche detto che, a oggi, il calendario di Oklahoma City è stato il più facile tra tutte le trenta franchigie NBA, considerando la qualità e la classifica degli avversari che hanno trovato fino a questo momento. Vien da sé che la prossima parte di stagione sarà molto più tosta: nelle prossime settimane capiremo se effettivamente i Thunder hanno la possibilità concreta di ritoccare il record degli Warriors, al netto del fatto che per aver realizzato un primo terzo di stagione del genere, la forza della squadra non può e non deve essere discussa. Anche perché Jalen Williams è rientrato da poco, giusto in tempo per vedere andare in infermeria Isaiah Hartenstein, fermo da un paio di settimane: morale della favola, non abbiamo ancora visto OKC al completo in questi primi cinquanta giorni di regular season, nonostante 24 vittorie in 25 partite. C’è anche una questione legata al roster. Perché nel 2026, per forza di cose, dovranno essere fatte delle scelte, visti i rinnovi al massimo salariale di Chet Holmgren e Jalen Williams. La bravura dello staff dei Thunder è stata però nel sapersi costruire, progettando, un paio di giocatori che potrebbero rimpiazzare gli eventuali partenti. A cui va aggiunta la pletora di scelte al draft che hanno racimolato durante le ultime stagioni. Ciò significa che, qualora riuscissero a rimanere sotto gli apron, avrebbero il materiale, di scelte e di uomini, per muovere diverse pedine, mantenendo per parecchi anni la stessa identità di squadra e lo stesso stile di gioco. E per una squadra che, seppur giovanissima, ha già vinto il titolo nella scorsa stagione e che sta giocando con ancora maggiore fiducia in questa, potrebbe essere un bel ‘problema’ per le altre ventinove franchigie della lega. CHI LI POTREBBE IMPENSIERIRE? A oggi, sempre con l’asterisco di un campione da 25 partite, l'altra candidata più credibile per giocarsi la vittoria dell’Ovest sembrano essere i Denver Nuggets. Non fosse semplicemente per il fatto che sono secondi in classifica, pur avendo avuto il secondo calendario più facile, proprio dietro i Thunder. È un fatto oggettivo che siano migliorati rispetto all’anno scorso: oggi hanno una rotazione più lunga e credibile grazie agli innesti di Jonas Valanciunas, Bruce Brown e Tim Hardaway Jr. In un contesto che può già contare su Nikola Jokic, può fare tutta la differenza del caso, considerando che già negli scorsi playoff hanno portato Oklahoma City fino a gara 7. Anche Jamal Murray, che di questa squadra oltre a essere il secondo violino è stato spesso l’ago della bilancia, sta giocando quasi a livelli da All Star: il record di 18-6 racconta di una squadra che può davvero andare avanti nella post season. Il tutto senza due pezzi del quintetto titolare come Aaron Gordon e Christian Braun: al completo sono lunghi nelle rotazioni, tecnici e molto fisici, oltre ad avere già esperienza di titolo. Dovessero arrivare a maggio sani, potrebbero dare vita a una sfida dall’altissimo coefficiente di spettacolarità contro i Thunder. Dietro di loro la concorrenza non manca di certo. I Los Angeles Lakers non sono stati ancora del tutto convincenti, ma con Doncic e LeBron sul parquet insieme, nella singola serie, possono dare parecchio fastidio. I Minnesota Timberwolves rimangono una squadra interessante, manca quel singolo giocatore in cabina di regia che possa far fare loro un ulteriore passo in avanti. Gli Houston Rockets sono corti nelle rotazioni, ma con quella fisicità e lo sviluppo di Sengun, se dovessero riuscire a rimpiazzare Van Vleet sarebbero un match up complicato per tutti. Mentre i San Antonio Spurs, anche senza Wembanyama, stanno riuscendo a tenere il ritmo di quelle davanti, dimostrando di non badare alla questione anagrafica: il 2026 non sarà ancora il loro anno, ma in Texas le cose sono già oggi estremamente interessanti.

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A ovest, per ora, c'è un solo padrone: chi fermerà i Thunder?

Matteo Soragna