Il Signore dei pattini non c'è più: un altro flop per Fabris
OlimpiadiA Torino aveva vinto due titoli e un bronzo, a Vancouver ha perso la capacità di volare. Dopo il flop nei 5000, l'azzurro è solo 10° nei 1500, non riuscendo a difendere il titolo vinto nel 2006: ''Non puoi scegliere quando andare forte...''. IL VIDEO
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Al giro di boa delle Olimpiadi il buco nero è proprio lui. Ci è finito risucchiato senza nemmeno sapere perché, e ora che l'Italia si ritrova orfana di Enrico Fabris il medagliere azzurro è una coperta troppo corta per non sentire freddo: il signore dei pattini, che a Torino aveva vinto due titoli e un bronzo dando una bella mano alla spedizione tricolore in casa, a Vancouver ha perso la capacità di volare. Dopo il flop nei 5000, distanza sulla quale anche lo staff azzurro del pattinaggio aveva scommesso molto e che invece lo ha visto relegato al settimo posto, nei 1500 non è riuscito a difendere il titolo vinto nel 2006 nemmeno alla prima curva.
Piantato, come se non ne avesse più già ai 300 metri, e scivolato al decimo posto nella classifica finale, a un secondo e quarantacinque dal primo, con la delusione e la rabbia a fargli compagnia. "Se dovessi tornare indietro non cambierei nulla - dice Fabris sconsolato - quello che mi preoccupa è che anche di testa ero determinato. Non è che non avessi voglia di attaccare, ma non c'ero dall'inizio alla fine: a questo punto dopo due gare così devo dire che non sono in un buon stato di forma".
Eppure tutti, compreso il ct della velocità, Maurizio Marchetto, avevano lanciato la punta di diamante della nazionale verso altri e sicuri traguardi: dopo un periodo altalenante, Fabris aveva ripreso a ottenere buoni risultati, nonostante sulle due distanze non fosse tra i primissimi nel ranking mondiale. Forse anche la pressione di arrivare ai Giochi da campione in carica ha avuto un altro ruolo fondamentale, e alla luce dei risultati mancati, negativo. Ora tutti sembrano sorpresi, compreso il Coni che a metà Olimpiadi ammette che quello che manca all'Italia è proprio il contributo di Fabris. "Non sempre si può decidere quando andare bene - sottolinea il pattinatore di Asiago - Ora devo cercare di nascondere la delusione, e mandarla giù. Devo rimettere ordine alle idee".
Tra il ghiaccio del Pacific Coliseum e Fabris la scintilla non è mai scattata, ma quello della superficie sembra un alibi a cui nemmeno l'azzurro vuole appigliarsi: "Quello di Torino era più lento di questo e sappiamo come è andata, e comunque non è che si può cambiare la preparazione in una settimana. Per uno come me, che ama essere elegante, posso solo dire che non mi è venuto bene niente".
Peggio ha fatto Sven Kramer (13/o), che però l'oro sui 5000 lo porta a casa: il titolo dei 1500 comunque resta affare orange, e se lo prende Mark Tuitert, che festeggia con un bacio appassionato alla bionda fidanzata il titolo e la vittoria su Shani Davis, l'americano oro nei 1000 e che sulla distanza più lunga scivola al secondo posto. A completare il podio il norvegese Havard Bokko, e ai piedi il russo Ivan Skobrev, il compagno di allenamenti di Fabris che qui ha già raccolto molto di più dell'azzurro (bronzo nella gara d'esordio).
I Giochi di Fabris però non sono finiti: restano i 10.000 in programma marted e la gara a squadre a chiudere. "Aspettiamo prima di tirare le conclusioni, Enrico c'è fisicamente e con la testa" dice Matteo Anesi (12/o) in vista della staffetta. Certo è che il Fabris con il tricolore sulle spalle, festeggiato nella Medal Plaza torinese a Vancouver non si è visto. "I periodi nella carriera di un atleta non sono tutti uguali, e io non devo aggrapparmi a quattro anni fa" conclude. E nemmeno l'Italia, che ora sa di non poter contare sui numeri da mago del campione dei pattini.
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Al giro di boa delle Olimpiadi il buco nero è proprio lui. Ci è finito risucchiato senza nemmeno sapere perché, e ora che l'Italia si ritrova orfana di Enrico Fabris il medagliere azzurro è una coperta troppo corta per non sentire freddo: il signore dei pattini, che a Torino aveva vinto due titoli e un bronzo dando una bella mano alla spedizione tricolore in casa, a Vancouver ha perso la capacità di volare. Dopo il flop nei 5000, distanza sulla quale anche lo staff azzurro del pattinaggio aveva scommesso molto e che invece lo ha visto relegato al settimo posto, nei 1500 non è riuscito a difendere il titolo vinto nel 2006 nemmeno alla prima curva.
Piantato, come se non ne avesse più già ai 300 metri, e scivolato al decimo posto nella classifica finale, a un secondo e quarantacinque dal primo, con la delusione e la rabbia a fargli compagnia. "Se dovessi tornare indietro non cambierei nulla - dice Fabris sconsolato - quello che mi preoccupa è che anche di testa ero determinato. Non è che non avessi voglia di attaccare, ma non c'ero dall'inizio alla fine: a questo punto dopo due gare così devo dire che non sono in un buon stato di forma".
Eppure tutti, compreso il ct della velocità, Maurizio Marchetto, avevano lanciato la punta di diamante della nazionale verso altri e sicuri traguardi: dopo un periodo altalenante, Fabris aveva ripreso a ottenere buoni risultati, nonostante sulle due distanze non fosse tra i primissimi nel ranking mondiale. Forse anche la pressione di arrivare ai Giochi da campione in carica ha avuto un altro ruolo fondamentale, e alla luce dei risultati mancati, negativo. Ora tutti sembrano sorpresi, compreso il Coni che a metà Olimpiadi ammette che quello che manca all'Italia è proprio il contributo di Fabris. "Non sempre si può decidere quando andare bene - sottolinea il pattinatore di Asiago - Ora devo cercare di nascondere la delusione, e mandarla giù. Devo rimettere ordine alle idee".
Tra il ghiaccio del Pacific Coliseum e Fabris la scintilla non è mai scattata, ma quello della superficie sembra un alibi a cui nemmeno l'azzurro vuole appigliarsi: "Quello di Torino era più lento di questo e sappiamo come è andata, e comunque non è che si può cambiare la preparazione in una settimana. Per uno come me, che ama essere elegante, posso solo dire che non mi è venuto bene niente".
Peggio ha fatto Sven Kramer (13/o), che però l'oro sui 5000 lo porta a casa: il titolo dei 1500 comunque resta affare orange, e se lo prende Mark Tuitert, che festeggia con un bacio appassionato alla bionda fidanzata il titolo e la vittoria su Shani Davis, l'americano oro nei 1000 e che sulla distanza più lunga scivola al secondo posto. A completare il podio il norvegese Havard Bokko, e ai piedi il russo Ivan Skobrev, il compagno di allenamenti di Fabris che qui ha già raccolto molto di più dell'azzurro (bronzo nella gara d'esordio).
I Giochi di Fabris però non sono finiti: restano i 10.000 in programma marted e la gara a squadre a chiudere. "Aspettiamo prima di tirare le conclusioni, Enrico c'è fisicamente e con la testa" dice Matteo Anesi (12/o) in vista della staffetta. Certo è che il Fabris con il tricolore sulle spalle, festeggiato nella Medal Plaza torinese a Vancouver non si è visto. "I periodi nella carriera di un atleta non sono tutti uguali, e io non devo aggrapparmi a quattro anni fa" conclude. E nemmeno l'Italia, che ora sa di non poter contare sui numeri da mago del campione dei pattini.