A Parigi, Team USA arrivava con una sola missione: vincere l’oro. E i ragazzi di Steve Kerr l’hanno portata a termine, superando anche momenti difficili. A trascinarli è stato l’MVP della manifestazione, il grande veterano che ora trova anche il nome alla squadra che ha trionfato vincendo il quinto oro consecutivo. I Giochi Olimpici di Parigi 2024 sono in diretta su Eurosport, con 10 canali a disposizione degli abbonati Sky
PARIGI 2024, CERIMONIA DI CHIUSURA LIVE
Tornare alle Olimpiadi dopo 12 anni, alla soglia dei quaranta, diventare il capitano della squadra con più talento assemblata dagli Stati Uniti dopo il 1992, condurre il gruppo alla vittoria con una continuità impressionante e con le giocate decisive nei momenti chiave, portare a casa il terzo oro olimpico della carriera e anche il premio di MVP della manifestazione. Ecco, in breve, il riassunto dell’ultimo mese di LeBron James, che battendo ieri sera la Francia ha scritto un’altra pagina della storia del basket. Una pagina arrivata quando la stella dei Lakers sembra avviarsi all’ultima fase della sua carriera, e forse anche per questo ancora più preziosa e significativa. D’altronde era stato lo stesso LeBron ad ammetterlo, poco prima dell’inizio del torneo: “Arrivato a questo punto, non so quante altre occasioni avrò di vincere qualcosa”. E a Parigi l’occasione King James non se l’è fatta sfuggire, guidando i compagni con 14.2 punti, 8.5 assist e 6.8 rimbalzi a partita. Numeri che gli sono valsi l’elezione a miglior giocatore del torneo, ma che da soli non rendono l’idea di una leadership esercitata con autorevolezza e convinzione come forse mai prima.
LeBron e il posto di questo Team USA nella storia
I paragoni che hanno accompagnato la squadra capitanata da LeBron sono stati impegnativi fin dall’inizio. Come è successo inevitabilmente a tutte le versioni degli Stati Uniti che hanno affrontato le Olimpiadi dopo Barcellona 1992, il termine di paragone primo e spesso unico è stato il Dream Team. Quella squadra leggendaria, la prima a portare ai giochi le stelle della NBA, con Michael Jordan, Magic Johnson e Larry Bird era riuscita a dare un senso a quel soprannome poi usato, spesso senza criterio, anche in altri sport. Subito dopo, nella scala di valori delle migliori squadre portate alle Olimpiadi negli ultimi trent’anni da Team USA, c’era il cosiddetto Redeem Team del 2008, che nel nome portava il senso della missione che gli era stata affidata: redimere il basket a stelle e strisce, che quattro anni prima, ad Atene, aveva clamorosamente mancato l’oro. LeBron c’era anche allora, a Pechino, insieme a Kobe Bryant e ad altri grandissimi nomi. A questo Team USA, capace di trionfare all’interno di una competizione che grazie al carattere sempre più globale assunto dal gioco vanta campioni sparsi un po’ ovunque tra Europa e resto del mondo, mancava quindi un soprannome adatto. E chi poteva provvedere a tale mancanza se non capitan James? Detto, fatto. Subito dopo la finale vinta, con l’oro al collo, LeBron ha trovato il nome adatto a questa squadra di autentici supereroi: “Siamo gli Avengers”.