A tu per tu con Clint: "Invictus e la leggenda Springboks"

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Al cinema da venerdì il più esaltante film sul rugby dai tempi di “Io sono un campione”. Intervista al regista Eastwood e a Francois Pienaar, il leggendario capitano campione del mondo che segue il Sei Nazioni: "Per un rugbysta è un evento imperdibile"

L'intervista a Clint Eastwood
L'intervista a Morgan Freeman
Clint Eastwood Forever: la gallery



di Michele Sancisi


Un paese al crocevia del suo destino, un leader che lotta per la salvezza del suo popolo e una partita di Rugby che diventa un appuntamento con la storia. In “Invictus”, il nuovo film diretto dal premio oscar Clint Eastwood lo sport è protagonista di una vicenda di grande impatto emotivo, ambientata nel Sudafrica post apartheid del 1995 e incentrata sulla vittoria degli Springboks - capitanati da François Pienaar, impersonato sullo schermo da Matt Damon - ai Campionati Mondiali di Rugby, evento sul quale lo stesso Mandela - neoeletto presidente dopo 27 anni di prigionia - puntò per dare il via ad un difficile processo di unificazione del suo paese.

Il ritratto del grande leader nero, magistralmente interpretato da Morgan Freeman (che insieme a Damon è candidato alla prossima notte degli oscar, il 7 marzo su Sky) si dipana parallelamente alla preparazione della finale contro i fortissimi Allblacks che cambierà la storia del Sudafrica, oggi orgoglioso di ospitare la prossima edizione dei mondiali di calcio. La seconda parte del film, incentrata su quel grande match, è esaltante non solo per chi ama il rugby e per gli spettatori italiani accompagna degnamente lo spettacolo del Sei Nazioni trasmesso da Sky Sport. Alla presentazione europea di “Invictus” a Londra abbiamo parlato di cinema e rugby con Clint Eastwood e Francois Pienaar.

Mr. Eastwood quale è il suo rapporto con lo sport cui, dopo “Million Dollar Baby” ha dedicato il suo secondo film?
Non ne ho praticati molti ma in alcuni me la sono cavata abbastanza bene, e comunque mi piace seguire lo sport in tv. Mi interessavano le storie e i valori che ruotavano intorno a questi sport.

Buona parte di “Invictus” si svolge sul terreno di gioco. E’ stato difficile filmare un gioco di quadra così complesso e pieno di azione?
Oh si, molto. Il rugby è uno sport complicato da rendere sullo schermo perché nel cinema tutto è simulazione e non è facile simulare il rugby, che è uno sport di impatto, molto duro. E’ stato più complesso rispetto alla boxe, che ha un set delimitato e solo due protagonisti. Ma credo che abbiamo ottenuto un buon risultato grazie ad un buon gioco di squadra anche dietro la cinepresa, perché mentre l’azione di gioco si svolge sul campo bisogna essere molto veloci e coordinati per seguirla. Certe azioni non si possono ripetere in base ad un copione e bisogna riprendere ciò che accade, con il rischio a volte di venire travolti dai giocatori.

Come si era preparato sull’aspetto tecnico del gioco?
Il Rugby non è mai stato il mio sport, però mi sono documentato, anche incontrando giocatori e l’allenatore dell’università californiana. Loro mi hanno spiegato molto del gioco, ho guardato i loro allenamenti, le loro partite. Poi, arrivati in Sud Africa abbiamo seguito la nazionale per un certo tempo insieme a Francois Pienaar, che è stato il loro capitano. Ho capito che nelle scene di gioco avevo bisogno di veri giocatori. Perciò abbiamo dovuto mettere su una vera squadra e la lunga sequenza della partita è stata ripresa con dei veri rugbisti in campo, ad eccezione di Matt Damon e un paio di altri attori che si sono integrati nel gruppo. Ho nominato Chester Williams allenatore di questa squadra e ho lavorato in stretta collaborazione con lui per dirigere le scene di gioco. E’ stato un lavoro molto duro per tutti.

Mr Pienaar ha preso parte alla lavorazione del film?
Durante le riprese del film ho avuto un ruolo da consulente. Matt Damon che interpreta me sullo schermo ha voluto incontrarmi e sapere la mia versione dei fatti oltre che apprendere il mio accento e comportamento. Morgan Freeman invece ha voluto sapere tutto del mio rapporto con Mandiba.

Quale valore politico e sociale può avere per il Sudafrica la prossima coppa del mondo di calcio?
L’importanza politico-sociale dello sport è enorme, basta ricordare cosa successe da voi quando l’Italia vinse l’ultimo mondiale, la gente per le strade, l’entusiasmo di tutti, persino la borsa che si impennò, insomma fu l’intero paese a vincere  il mondiale. Quello che successe in Sudafrica nel ’95 e che vediamo in “Invictus” fu in evento interno alla storia del paese, mentre la prossima coppa del mondo di calcio sarà un evento esterno: dovremo provare al mondo che sappiamo ospitare un avvenimento così importante e certamente ce la faremo e lasceremo a tutti un bel ricordo della nostra splendida terra.

Il Sei nazioni lo seguirà? Conosce la squadra italiana?
Certo che lo seguirò. Seguo l’Italia perché ha un allenatore sudafricano e sono un grande fan dei fratelli Bergamasco che giocano un rugby eccellente. Penso che il gioco che l’Italia ha fatto vedere negli ultimi anni sia molto efficace e bello, deve solo diventare più costante e concreto. Per un rugbista il Sei nazioni è un evento imperdibile e io lo vedrò su Sky. Anzi spero di venire di persona a vedere la partita con la Scozia.

Il suo pronostico su chi vincerà la competizione?
L’Irlanda è favorita perché ha vinto l’ultima edizione, ma io credo che la Francia abbia una squadra molto forte con dei giovani molto interessanti, se riusciranno ad essere più compatti saranno degli avversari difficili da battere, ma l’Irlanda resta la favorita.