L'Italrugby ai piedi di Allan, il globetrotter col debole per le punizioni

Rugby

Lia Capizzi

Tommaso Allan, mediano d'apertura dell'Italia e del Perpignan (Getty)

Brunel è pronto ad affidarsi ai drop, alle punizioni e alle trasformazioni del ventiduenne del Perpignan. Nato a Vicenza, cresciuto tra Inghilterra e Sudafrica, Allan è il più giovane mediano d’apertura azzurro degli ultimi 36 anni

Dice il vecchio detto:  “Il rugby è uno sport che si gioca con le mani ma si vince con i piedi, con i calci”. Drop, punizioni e trasformazioni. La specialità della casa di Tommaso Allan, il più giovane mediano di apertura degli ultimi 36 anni. Titolare con l'Italia a 20anni e 22 giorni nel novembre 2013. Ha un grande rispetto per il mito di Diego Dominguez ma ci tiene alla personalità tutta sua da mostrare in campo.

"La pressione sul ruolo del mediano di apertura la creano soprattutto i media, noi da giocatori la sentiamo meno. Ovviamente Diego è stato un esempio da seguire ma io sto pensando più al mio gioco, a come posso aiutare la mia squadra, a quello che posso dare io per mia squadra".

Un gioco da cittadino del mondo. Accento un po' veneto perché nato a Vicenza, un po' inglese perché a 8 anni si è trasferito con la famiglia vicino Londra, a 15 anni se n'è andato dallo zio in Sudafrica a maturare come rugbista per poi approdare in Scozia. Ora vive e gioca in Francia a Perpignan, e ti chiedi chissà se una vera casa Allan ce l'abbia.

"Sai che adesso non so veramente quale sia. Per ora vivo a Perpignan e per me quella è la casa di adesso, i miei genitori sono ancora in Inghilterra e quella è la seconda casa. Sono stati anni di grandi cambiamenti, un' avventura continua, però mi hanno aiutato a crescere".

Ragazzo quasi timido davanti ai microfoni ma direttore d'orchestra in campo, come deve essere un mediano di apertura, con finestra sul web: i video delle sue sessioni di calci da inviare e studiare via Skype ad allenatori in Sudafrica e Inghilterra. E' arrivato qui al suo primo Mondiale, il cui simbolo è il cappello che indossa, uno dei 31 caps consegnati agli azzurri.

"Indossare questo cappello è una cosa che ho sognato da quando avevo 5 anni e guardavo i Dvd della Coppa del Mondo, mi ricordo quella del 2003 in particolare. E' un sogno che si è appena avverato"