Il rugby e Mbandà nel ricordo di Osvaldo Romolo, fornaio con la passione della palla ovale

Rugby
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Maxime Mbandà, flanker della Nazionale Italiana e delle Zebre Rugby, ha partecipato lo scorso 4 agosto ad Artena, vicino Roma, alla cerimonia organizzata dalla società Artena Rugby per ricordare Osvaldo Romolo deceduto il 3 aprile per Covid-19

Osvaldo era un grande rugbista. Anche se non ha mai preso in mano una palla ovale. Gestiva un forno a pochi metri dal campo di Artena, dove tutti i giorni e per tutto l’anno un centinaio di bimbi si divertono giocando a rugby. Tra quei piccoli in maglia rossa e blu ci sono pure i figli di Osvaldo: Virginia che ha 12 anni, Agnese 11, Michele 9 e Alessandro 6. 


Osvaldo preparava panini e dolci per tutti. E qualche mese fa se l’è portato via il Covid. L’hanno ricordato gli amici dell’Artena Rugby e un altro grande rugbista: Maxime Mbandà, terza linea della Nazionale, campione unico in campo e fuori, nominato cavaliere della repubblica dal presidente Mattarella per l’impegno in questi mesi impossibili come volontario sulle ambulanze della Croce Gialla di Parma. 

 

La famiglia, gli amici ed i dirigenti lo hanno ricordato piantando un ulivo per testimoniare l'amore e la passione che Osvaldo metteva in ogni cosa che faceva, a cominciare dalla sua attività di fornaio che ha continuato a svolgere durante il periodo di lockdown finché la malattia lo ha sottratto all’amore della moglie, Adele, e dei suoi figli.

osvaldo romolo

Questa storia, indubbiamente triste, potrebbe finire qua; l’onda del coronavirus ha colpito molte famiglie. Ma la nostra storia è diversa; o almeno lo è diventata quando ha incrociato un disparato, eccentrico e senza dubbio eterogeneo gruppo di amici, accumunati da una passione, neanche a dirlo, un po’ fuori dagli schemi: lo studio e la costruzione di coltelli, delle vere e proprie opere d’arte,  creati dal nulla con caratteristiche di eccellenza in ogni loro parte, dai materiali ricercati ed esotici, dalle geometrie accattivanti e, più importante di ogni altra cosa, coltelli che racchiudano come una capsula del tempo il lavoro che vi è stato riversato.  Ed ecco l’idea: mettere insieme 16 persone per 3 giorni e creare qualcosa di veramente unico: un coltello da cucina pazzesco da mettere all’asta e il cui ricavato vada a sostegno della famiglia di Osvaldo. Perché i suoi ragazzi sappiano, ora e sempre, che lo spirito che gli ha trasmesso il papà non conosce sconfitta, distanze o relazioni; che la fuori di gente come lui ce n’è ancora e, fino a quando gli reggeranno le gambe, qualcuno si alzerà e percorrerà quel metro in più non per se stesso ma per colui che ne ha bisogno.