Opoku-Gyamfi: "In Inghilterra sto bene. L'obiettivo? La nazionale maggiore"

Enoch è sempre stato più grosso degli altri. Già da piccolo sembrava più grande dei suoi coetanei. A otto anni, entrando in un bar insieme a suo padre, ha catturato l’attenzione di un signore: “Mi ha visto e mi ha subito consigliato di giocare a rugby, dicendo che secondo lui avrei fatto strada”. Detto, fatto. Nonostante non sapesse nulla di quello sport – “non conoscevo nessuno che ci giocava” - il giorno dopo Opoku-Gyamfi è diventato un nuovo giocatore del Rugby San Donà, la società più vicina a casa. Adesso, undici anni dopo, gioca a Bath, in Inghilterra, ed è uno dei personaggi più interessanti del rugby italiano. Nato a Portogruaro il 3 marzo 2006 da genitori ghanesi, in campo lo riconosci subito: è alto 196 centimetri, pesa 143 chili e servono almeno due persone per fermarlo. Il signore del bar ci aveva visto bene… “È nato tutto per caso. Non avevo idea di cosa fosse il rugby, ma mi sono subito innamorato. Devo ringraziare molto i miei genitori, che mi hanno sempre seguito e supportato in questo percorso”. Siete una famiglia molto legata. “Senza di loro non ce l’avrei mai fatta. È bello avere gente che crede in quello che fai: mia sorella - più grande, ha 22 anni - mi è sempre stata vicino, mentre il mio fratellino - 9 anni - si emoziona ogni volta che mi vede giocare. A lui piace il calcio, ma piano piano lo sto portando verso il rugby ”. Da cinque anni vivete in Inghilterra. Come è nata questa idea? “È stata una scelta dei miei genitori, volevano cercare nuove opportunità. Ci siamo trasferiti a Milton subito dopo il Covid, io avevo 14 anni. Giocavo a rugby per divertimento, poi lì ho iniziato a farlo più seriamente”. Come ti trovi? “Mi sono ambientato bene, anche se all’inizio ho avuto difficoltà con la lingua. Non parlavo bene l'inglese, ma fare sport mi ha aiutato, anche a livello caratteriale. A scuola potevo scegliere i corsi da fare: ho scelto business e ingegneria, oltre a italiano. L’estate scorsa mi sono spostato a Bath per frequentare l’università”. Passi le tue giornate tra studio e rugby. “Tra la prima squadra e quella universitaria mi alleno quasi tutti i giorni. È stato un anno intenso, ma i professori mi hanno aiutato a gestire il tutto, permettendomi anche di lavorare a distanza con il computer”. Nel tempo libero cosa ti piace fare? “Suono la batteria. Ho imparato grazie a mio zio quando ero piccolo: ce l’avevamo a casa e mia mamma si lamentava perché facevo un gran casino. Qui ho imparato a suonare anche il basso e il pianoforte. Ho una grande passione per il basket, ci giocavo da piccolo e devo dire che sono bravino ”. Tornando al rugby, qual è il tuo ruolo preferito? “Sono cresciuto giocando come numero 8, ma recentemente ho iniziato a giocare in seconda linea. Per come sono fatto, credo di poter far bene in questa posizione: grazie alla mia fisicità, infatti, posso impattare il gioco e dare anche supporto ai piloni in mischia”. Su quale aspetto devi ancora migliorare? “Sicuramente il mio difetto è la resistenza. Nel Sei Nazioni Under 20, in particolare, soffrivo spesso di crampi e non riuscivo a finire le partite”. Negli ultimi mesi hai lavorato molto sul tuo fisico. “Ho nutrizionisti e allenatori che mi aiutano a ottenere la forma ideale. In passato non ero concentrato sulla dieta, ma ora la prendo sul serio e sto attento a quello che mangio. L’obiettivo è perdere massa grassa e aumentare quella muscolare per muovermi bene in campo, sfruttando il mio peso che è il punto di forza”. C’è un giocatore a cui ti ispiri? “Da piccolo il mio idolo era Maro Itoje, un grande leader che fa spesso la differenza. Ultimamente guardo molto Meafou: abbiamo uno stile di gioco simile, mi riconosco nelle sue caratteristiche e ha delle skills che mi piacciono molto”. Che progetti hai per il futuro? “In Inghilterra mi trovo bene. Sono ancora giovane e sempre aperto a nuove possibilità ma al momento sto bene qui. Il mio obiettivo è giocare per la nazionale maggiore ed esordire con Bath: so che è difficile perché ci sono tanti campioni, ma la pressione non mi spaventa”.

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Gabriele Lussu