Non solo tennis: se diventassimo tutti anche un po' rugbisti?

Verso il Sei Nazioni. Dopo novembre l’impressione è che l’Italia possa essere un avversario scomodo per tutti. Una squadra che gioca con più equilibrio rispetto al passato, che non si prende rischi inutili in attacco e che non ha momenti di black-out in difesa. Non ci sono punti deboli e quando vince lo fa giocando con personalità, non per qualche colpo di fortuna. Due successi in tre partite, roba per cui, come si dice, si sarebbe firmato prima dei test match, l’Australia battuta a Udine con una grande partita, la buona prova contro il Sudafrica, oggi imbattibile e non solo per gi azzurri, e la scontata vittoria sul Cile, tuttavia decisamente poco brillante. Nel Sei Nazioni bisogna portarsi a casa due partite, per proseguire nella crescita. Senza se e senza ma, senza puntare al ‘solito’ Galles o alla Scozia da affrontare a Roma, ormai è necessario pensare più in grande, non porsi limiti. Un gruppo che deve credere fino in fondo nei propri mezzi. Sono finiti i tempi del “prendiamone pochi”. Contro l’Inghilterra, come contro gli All Blacks, non si è mai vinto. E allora…potrebbe essere arrivato il momento di farlo. Squadra Più che i nomi conta l’atteggiamento. Forse raffreddato un po’ nella gelida Genova da qualche errore di troppo contro il Cile, squadra lontana non solo nel ranking ma anche nel divario fisico e tecnico. La testa è quella della squadra che ha una sua consapevolezza di appartenere alla prima fascia e di giocare senza speculare su errori altrui o con un gioco che intrappola e poco creativo. Roba di una volta, datata. E in tanti ruoli c’è persino concorrenza, nessuno ha il fatidico posto fisso. Finalmente. Certo qualche alternativa manca in mediana, servirebbe almeno un’altra ala, una seconda linea di peso da aggiungere. Se hai Menoncello, uno che potrebbe giocare in qualunque nazionale, devi coinvolgerlo di più, innescarlo, fargli arrivare palloni. Rimanendo all’ultimo test giocato contro il Cile, Di Bartolomeo ha sfruttato l’occasione: tallonatore titolare, due mete e soprattutto una buona prova. Edoardo Todaro, il più giovane debuttante dai tempi di un certo Sergio Parisse, dopo 4 mete in 5 partite segnate nella Premier in Inghilterra con Northampton come ala, ha messo assieme i primi minuti con la maglia azzurra dei grandi pur essendo ancora under 20. Il suo coetaneo Opoku, anche lui in Inghilterra con l’Academy di Bath, ha fatto altrettanto. Guardiamo avanti con fiducia. E con le Zebre, sempre più italiane, sempre più franchigia di sviluppo, con l’obiettivo di trasformare talenti giovanili in giocatori veri e propri. Brunello e il suo staff sono una garanzia. Basta con gli stranieri ‘inutili’. Passione Le vittorie sono necessarie. Il tennis batte persino il calcio perché c’è Sinner. Troppo facile. Eppure l’effetto è trascinante, in campo e all’ascolto. I giocatori italiani nei primi 100 del mondo sono 9, 4 nei primi 26, e anche quando ‘lui’ non gioca gli azzurri, vedi Coppa Davis, hanno un seguito mai visto. Tomba ha fatto diventare sciatori tutti gli italiani, ha persino fermato il Festival di Sanremo nel 1988, Olimpiadi di Calgary, il massimo della ritualità televisiva. Non esistono ricette di marketing e comunicazione, si deve vincere. E la mentalità va coltivata. La passione di chi sta intorno a uno sport cresce solo coi risultati. Gonzalo Quesada, il nostro Ct, è pacato e pignolo, dice sempre quello che pensa, puntiglioso e chiaro. Dopo il successo contro il Cile avrebbe potuto liquidare il tutto con un “arrivederci al Sei Nazioni”… “abbiamo ottenuto due vittorie, il massimo”… o un classico: “i ragazzi erano stanchi”… Invece ha detto che non era per nulla contento, per nulla soddisfatto, ha mosso critiche. In certi casi per crescere non serve nemmeno vincere, se non applichi la tariffa massima e tieni lontani a suon di mete e punti chi ti sta dietro. Ogni dettaglio fa la differenza. Anche se siamo diventati tutti tennisti smettiamola almeno di dire che non saremo mai rugbisti, perché non siamo fatti per la palla ovale. La passione non nasce spontanea, le vittorie però aiutano.

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Non solo tennis: se diventassimo tutti anche un po' rugbisti?

Francesco Pierantozzi