John Cena è stato più grande anche del wrestling

13 dicembre 2025, Capital One Arena di Washington D.C., Saturday Night’s Main Event. Un uomo è già sul ring e lancia all’orizzonte uno sguardo di sfida. Si volta, si fa largo tra la terza e la seconda corda e abbandona il quadrato, dirigendosi alle spalle del tavolo dei commentatori. La telecamera lo segue, poi stacca dal primo piano e passa al campo largo, offrendo una panoramica che evidenzia un palazzetto gremito in ogni ordine di posto. Ogni seggiolino è occupato. Ogni spazio è riempito. Dalla prima all’ultima fila. C’è chi vede tutto e chi vede niente. L’importante è esserci, perché è in momenti come questo che si scrive la storia di una disciplina, il nuovo capitolo di un credo. Sono tutti lì per lui e lui è in attesa di entrare dal backstage, eppure il suo nome già riecheggia nell’aria. “Let’s go Cena!”, si sente intonare in coro per dodici volte. Le luci si spengono, le urla d’entusiasmo crescono di decibel. Un istante di silenzio e poi il boato. È il momento. Le prime note di “The Time is Now” accompagnano gli ultimi attimi prima dell’ingresso in scena del protagonista. Le luci deflagrano in un mix di colori. John Cena entra nell’arena e il pubblico impazzisce. Sta per iniziare l’opera in tre atti che segnerà la fine di una carriera durata 23 lunghi anni. HUSTLE, LOYALTY, RESPECT L’uomo che si trovava già sul ring è Gunther, l’austriaco che si è conquistato attraverso la vittoria di un torneo l’onore di essere lo sfidante finale di colui per cui tutti sono presenti nell’arena. Il protagonista è “The Last Real Champ”, “The Face That Runs the Place”, “The Greatest Of All Time”: John Cena. Il leader della Cenation prima di sfogarsi nella sua classica corsa in direzione del quadrato, prende in prestito per qualche secondo la telecamera da Stew e si mette a inquadrare proprio quel cameraman che ha ripreso i suoi ingressi per una vita intera, come atto di ringraziamento nei confronti di un amico con il quale ha costruito negli anni un dialogo speciale. Torna poi nella propria parte, mostra in video il piccolo asciugamano con la scritta “The last time is now”, ricordando a tutti come questo sarà il suo match d’addio, e poi dà inizio alla sua ultima galoppata verso il ring. Solita scivolata sotto la prima corda, corsetta avanti e indietro a favore di inquadratura e gesto iconico con le mani, nel tentativo di aizzare al massimo il pubblico, come a volersi cibare della sua energia. La sua musica continua a risuonare negli altoparlanti e i tifosi non smettono di cantare. John Cena è catturato dall’amore del suo pubblico, ma poi si accorge che in prima fila ci sono alcune leggende della WWE e dei wrestler contemporanei che hanno contribuito alla creazione della sua legacy. Corre allora a salutarli come gesto di rispetto, cingendo in un abbraccio l’hall of famer Kurt Angle, ovvero l’avversario contro il quale aveva fatto il suo debutto proprio in WWE nel 2002, dando inizio a quella che all’epoca fu la Ruthless Aggression Era. L’eroe torna poi nel quadrato e lì assiste all’annuncio della speaker, con la presentazione degli atleti che pone fine al primo atto. NEVER GIVE UP Arriva finalmente il momento della lotta. Lo scontro finale. L’ultimo match di John Cena come wrestler professionista. L’arbitro dà il segnale e il suono della campanella fa cominciare l’incontro, con i due atleti che decidono di stringersi subito nel più classico dei clinch. Tutta la narrativa del match sarà basata sul concetto che John Cena ha reso slogan attraverso la sua gimmick: “Never Give Up”, “Non mollare mai”. Gunther è un avversario possente, dalla stazza imponente e che picchia duro. In WWE è noto per la sua resistenza e per la ferocia dei suoi colpi. È colui che ha già rovinato il ritiro di Goldberg. Un wrestler vecchio stile, che ricorda parecchie icone di un passato ormai lontano e che è perfetto per ricoprire il ruolo di heel, il cattivo. John è invece il babyface, il buono, l’eroe che il pubblico vuole veder trionfare. Il supereroe che non molla mai, che è sempre pronto a rialzarsi e a difendere i valori dell’impegno, della lealtà e del rispetto. Un Captain America in abiti civili. Senza uno scudo fatto di vibranio e metallo, ma capace di rendere una corazza pressoché inscalfibile quegli indumenti così comuni che i suoi fans indossano tutti i giorni. Pantaloncini di jeans, scarpe da ginnastica e polsini sulle braccia. Questa è la divisa che John Cena indossa come armatura e che Gunther prova a demolire a suon di chop, clothesline, german suplex e irish whip. L’austriaco assesta colpi potenti, i cui suoni truculenti sono amplificati dai microfoni. John cade al tappeto più e più volte, ma trova sempre la forza per rialzarsi, affamato dalla voglia di non mollare. Ribalta la situazione, entusiasma il pubblico con le sue mosse più famose e prova a costruirsi un lieto fine. Qualche Five Knuckle Shuffle, preceduta dall’ormai iconico “You Can’t See Me”, catchphrase accompagnata da quel movimento di mano davanti alla faccia nato per rispondere a una scommessa lanciatagli dal fratello minore tanti anni fa e che altro non è se non una reinterpretazione di un gesto già prodotto dal rapper Tony Yayo in un videoclip di una canzone degli G-Unit. Qualche Attitude Adjustment , tentata sia dalla terza corda che sul tavolo dei commentatori. Qualche mossa di sottomissione. Cena le prova tutte, dialoga costantemente con il pubblico presente nell’arena, ne cattura l’energia e ricerca la vittoria fino all’ultimo. Gunther però replica ogni volta con maggior violenza e tenta diversi schienamenti, trovando infine nella sleeper hold la mossa vincente. Stretto nella morsa del rivale, John cerca più volte di liberarsi, mostra una resilienza fuori dal comune, ma poi sorride e si arrende. Momento di shock. Nessuno dei presenti nella Capital One Arena ci può credere. Nessuno davanti ai teleschermi ci può credere. John Cena ha appena chiuso la propria carriera da atleta in un ring di wrestling cedendo al proprio avversario. Una cosa che non si vedeva da oltre vent’anni. È il terzo atto che pone fine al dramma. YOUR TIME IS UP, MY TIME IS NOW Un tradimento al motto “Never Give Up”. La distruzione di un mito. Veder perdere John Cena per sottomissione è stato un affronto che gran parte del pubblico non ha digerito. Il finale che la WWE ha riservato a una delle sue leggende più importanti ha scatenato i “buuuuuu” dei presenti nell’arena e i fischi in direzione di chi è stato ritenuto responsabile di questa scelta: Triple H. Eppure, la sceneggiatura sulla quale si è sviluppato l’ultimo match di John Cena è stata la perfetta rappresentazione di quello che il campionissimo di Boston ha raccontato nel corso di tutta la sua carriera. È difficile capire se l’intento degli autori fosse questo oppure no e se John fosse o meno d’accordo con il finale scritto per lui, ma il suo tap out è stata la chiusura del cerchio. Mentre era cinto dalle braccia di Gunther, il volto di Cena si è abbandonato in un sorriso genuino, frutto della consapevolezza che la sua magnifica carriera era appena giunta al capolinea. La commovente lucidità e gentilezza con la quale il wrestler nato a West Newbury, in Massachusetts, ha battuto la propria mano sul braccio dell’avversario non è stato un tradimento al “Never Give Up”, bensì il voler mantenere pieno di significato quel “Your time is up, my time is now” che John Cena è riuscito a far cantare a milioni di persone nelle arene di tutto il mondo. “ll tuo tempo è finito, ora tocca a me”, questo è lo slogan che ha accompagnato l’ascesa del wrestler di Boston in WWE ed è lo stesso che ne ha accompagnato simbolicamente l’uscita, con una leggera, ma sostanziale modifica: “Il mio tempo è finito, ora tocca a te”. Un passaggio del testimone che racconta una limpida verità: “Io non ho mai mollato, ma ora mi accorgo che il mio momento è arrivato e che mi devo arrendere al peso degli anni”. THE CHAMP IS HERE! “I, I did it all / I, I did it all / I owned every second that this world could give / I saw so many places / The things that I did / Yeah, with every broken bone / I swear I lived”. Come canta il leader degli OneRepublic, Ryan Tedder, nel brano “I lived”, John Cena può dire di aver fatto tutto nella sua carriera da wrestler e di aver vissuto profondamente ogni istante, dentro e fuori dal ring. Non è un caso che questo brano sia stato scelto per accompagnare le immagini nel video tributo che la WWE ha mostrato al leader della Cenation dopo il suo match d’addio in quel di Washington. Dopo aver baciato il tappeto su cui aveva appena lottato, aver ricevuto l’applauso dei colleghi schierati a bordo ring e aver alzato al cielo le cinture dategli dall’attuale Undisputed WWE Champion Cody Rhodes e dal World Heavyweight Champion CM Punk, John ha osservato con attenzione e commozione le immagini trasmesse sul maxi-schermo, si è inchinato al pubblico, ha reso omaggio a tutti con il saluto militare e ha lasciato poi al centro del quadrato le scarpe e i polsini, come ultimo simbolo del suo addio alla professione di wrestler. Ha chiuso così a 48 anni una carriera partita nel 2002 in WWE e che nel corso di 8.570 giorni d’attività lo ha visto diventare l’unico a vincere 17 titoli di Campione del Mondo . Una carriera costellata di momenti epici, durante la quale è stato capace di sfruttare la sua passione per il rap per conquistare i cuori dei fans nei panni del Doctor of Thuganomics, prima di indossare quelli del supereroe dall’aspetto comune. Attraverso la sua gimmick, John Cena ha sempre cercato di offrire un esempio positivo, diffondendo i valori del lavoro, della fatica e del rispetto. Lui, che per ricordarsene porta sempre con sé un orologio a cipolla rotto, il cui scopo non è quello di indicare il tempo, ma di rammentargli che la via da seguire è fatta di umiltà e riconoscenza. Su un lato c’è infatti impressa la frase “Comparison is the thief of joy”, un invito a non sottovalutarsi, evitando paragoni tra sé e gli altri. Sull’altro “Memento mori”, a sottolineare la mortalità della carne e la necessità di apprezzare ogni traguardato raggiunto, senza montarsi mai la testa. Anche per questo, John Cena è stato un patriota, rendendo innumerevoli volte omaggio alle truppe americane, e nel 2011 ha annunciato per primo a chi era presente all’evento Extreme Rules al St. Pete Times Forum di Tampa – e a chi lo stava seguendo davanti alla tv – l’uccisione di Osama bin Laden, dimostrando una volta in più la sua naturale padronanza scenica con un microfono in mano. È stato a lungo il volto buono che ha fatto vendere biglietti, merchandising e fatto firmare contratti con tv e sponsors alla WWE, intrattenendo milioni di persone in ogni continente. Per alcuni appassionati di wrestling, John Cena è stato veramente il GOAT della disciplina, il migliore di tutti i tempi, o come direbbe Bret ‘The Hitman’ Hart: “The best there is, the best there was, and the best there ever will be”. Per altri, il leader della Cenation non rientra invece nel Monte Rushmore dei migliori ad aver calcato un ring. Seppur dotato di un’ottima tecnica nel combattimento, di una grande resistenza, di un fisico fenomenale, di presenza scenica e disinvoltura al microfono, John Cena è stato spesso criticato dai puristi proprio per il suo stile di lotta. Ciò che non gli si può non riconoscere, però, è l’essere stato capace di diventare un simbolo, travalicando i confini della disciplina. Lui, più di chiunque altro. Gli americani hanno spesso ritrovato i loro stessi valori nel suo personaggio. I più piccoli un eroe in carne e ossa. Nel corso della sua attività di atleta e di performer, il campionissimo di Boston non si è mai risparmiato, utilizzando la propria posizione di rilievo per fare del bene. Si è dedicato anima e corpo alla WWE, arrivando a parlare addirittura un mandarino fluente pur di promuovere le iniziative della federazione di Stamford durante un tour in Cina già una decina d’anni fa. A livello sociale si è dedicato invece soprattutto ai giovani meno fortunati, diventando la persona capace di esaudire il maggior numero di desideri provenienti da bambini e ragazzi affetti da gravi malattie. Collaborando con l’organizzazione non profit Make-A-Wish, ha infatti accontentato oltre 650 richieste , con l’unico scopo di regalare un sorriso a chi dalla vita ha ricevuto tanto dolore. Lo ha fatto anche prima del suo ultimo match, insegnando a molti a non arrendersi mai, ma anche che nella sconfitta non c’è vergogna; l’importante è dare il massimo. “The Champ is Here! If you want some, come get some!”. Ha usato la sua naturale empatia con le persone e la sua espressività così incisiva per entrare nella cultura di massa, rivelandosi un eccellente attore sia nel piccolo che nel grande schermo. Ha dimostrato di essere più grande del wrestling.

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John Cena è stato più grande anche del wrestling

Marco Garghentino