MLB All-Star Game 2017, da Canó MVP ai numeri dell’evento

Sport USA

Massimo Marianella

Robinson Canó, seconda base dei Seattle Mariners, con il premio di MVP (Foto Getty)
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Al Marlins Park di Miami è andato in scena l'88° All-Star Game del baseball MLB. Ecco tutto quello che è successo, dal titolo di MVP vinto Robinson Canó per l'American League fino all'atteso debutto di Aaron Judge, passando per un toccante minuto di commemorazione per le vittime del cancro

Ok, l’evento è stato più bello certamente della partita in sé, ma siccome un All-Star Game va giudicato nella sua globalità, l’88esimo nella storia delle MLB è stato certamente un successo. Entusiasmo e partecipazione del pubblico, Marlins Park tutto esaurito lunedì e martedì (37.188 i biglietti venduti), Aaron Judge consacrato nuovo personaggio della Lega, grande coinvolgimento dei campioni del passato, spettacolare Red Carpet in riva all’Oceano dei giocatori partecipanti, concerto coinvolgente al lunedì di Pitbull (merito anche di sei splendide ballerine) e copertura dell’evento che, numeri alla mano, ha toccato ogni angolo della terra.

La partita non è stata spettacolare, ma alla fine si è rivelata l’ennesima dimostrazione che l’All-Star Game del baseball è sempre una partita vera, che si gioca per vincere, tanto che per la 13esima volta nella storia del match si è andati agli extra inning. Alla fine ha vinto l’American League per la 5° volta consecutiva, la 17esima in 21 anni, e lo ha fatto grazie ad un fuoricampo del seconda base dei Seattle Mariners Robinson Canó. Ovviamente è stato lui il giocatore premiato come MVP del match e per questo ha regalato due bellissimi sorrisi: il primo quando ha seguito con lo sguardo il suo HR e il secondo (in realtà una risata più che un sorriso) quando dopo il trofeo, il rappresentante dello sponsor gli ha chiesto quale macchina preferisse in premio tra una fuoriserie da corsa blu o un truck rosso…

Agonisticamente il fuoricampo di Canò è la foto della partita, ma nulla ha superato l’intensità del minuto, alla fine del 5° inning, quando per il messaggio voluto dalle MLB “Stand up to Cancer” tutto lo stadio si è alzato in piedi ed ognuno – giocatori, telecronisti, spettatori, arbitri, camerieri, addetti al campo, autorità, insomma proprio tutti – hanno alzato un cartoncino fornito all’ingresso con su scritto il nome di un parente, un amico o un conoscente perso nella battaglia contro il cancro. Qualche lacrima, tante riflessioni e anche molte speranze. Bellissimo!

Tornando alla partita, l’uomo più atteso Aaron Judge non è riuscito a battere neanche una valida, ma ha portato a casa due messaggi per lui molto significativi. Lo hanno mandato in battuta tre volte perché è lui ormai che il pubblico vuole vedere e Scherzer, il lanciatore partente (dei Washington Nationals) che non l’aveva mai affrontato ancora in carriera, ha lanciato contro di lui con una ferocia agonistica tipica del veterano che vuole lasciare un segno di soggezione anche per i futuri confronti sul rookie. In ogni caso due messaggi positivi per il “Giudice”: mette paura ai più forti ed è atteso dagli appassionati.

Per finire un po’ di numeri, se no che baseball sarebbe ? Su tutti il 16, perché con grande sensibilità Bryce Harper se lo è scritto sulle scarpe in maniera molto evidente per onorare la memoria di Josè Fernandez proprio in quella che è stata casa sua. Poi l’8 come le partecipazioni all’ASG di Robinson Canó, il 5° tra i giocatori ancora in attività (dopo Cabrera, Ichiro, Beltran e Pujols), anche se in realtà questa volta è entrato come di riserva al posto di Sterlin Castro degli Yankees ed uscito su una fuoriserie. Quindi il 361, perché con questa vittoria l’American League ha raggiunto la National nella storia dell’All Star Game, ma, curiosamente, non solo per le 43 vittorie a testa con due pareggi, ma anche nelle 88 sfide con 361 punti esatti segnati a testa.