NFL, si avvera il sogno di Shaquem Griffin: nella NFL senza una mano (e nella squadra di suo fratello)

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A quattro anni subisce l'amputazione della mano sinistra per via di una patologia congenita. Con la scelta dei Seattle Seahawks al quinto giro del Draft, Shaquem Griffin avvera però il sogno della sua vita, diventando il primo giocatore dell'era moderna a giocare nella NFL superando il suo handicap fisico

In America le chiamano “feel good stories”, storie col lieto fine che fanno commuovere ed emozionare, ma c’è molto di più oltre a questo: scegliendo al quinto giro del Draft (con la chiamata n°141 assoluta) Shaquem Griffin, i Seattle Seahawks hanno coronato il sogno del talento di University of Central Florida ma anche quello di suo fratello gemello Shaquill, già a roster con i Seahawks. Un sogno considerato da molti irrealizzabile, perché dall’età di 4 anni, Shaquem è senza la mano sinistra, amputatagli a seguito di una patologia congenita: la scelta di Seattle lo rende così il primo giocatore di sempre capace di arrivare nella NFL senza una mano. “È solo l’inizio del mio sogno, non la fine – le sue ambiziose parole dopo il Draft – perché voglio continuare a dimostrare a tutti i miei critici che si sbagliavano ad aver dubbi su di me”. La gioia del secondo anno di UCF – la stessa università dove già aveva evoluito suo fratello gemello Shaquill – è quindi doppia: l’aver raggiunto l’obiettivo di guadagnarsi un posto nella NFL e quello, addizionale, di poterlo fare giocando al fianco del fratello, “qualcosa che ci siamo ripromessi di fare da quando avevamo 5 anni”, racconta. Shaquem arriva tra i professionisti grazie a una carriera collegiale che lo ha visto votato due anni su due tra i migliori giocatori della American Athletic Conference, meritandosi anche il premio di difensore dell’anno della conference nel 2016. Sulla scia di queste prestazioni il linebacker di UCF si era presentato al provino con i Seahawks speranzoso di poter impressionare coach Pete Carroll e il suo staff, consapevole di aver il talento tecnico e atletico necessario per fare la squadra. Lo ha dimostrato correndo le 40 yard in 4.38 secondi, il miglior tempo mai fatto registrare da un linebacker in più di dieci anni, eguagliando il tempo ottenuto proprio dal suo gemello Shaquill un anno prima (ma il fratello gioca in un ruolo diverso, da cornerback). Da quel momento in poi, a Seattle sapevano di avere tra le mani molto più di una bella storia sportiva, ma di poter contare sul prodotto di UCF per immettere sangue nuovo all’interno della propria difesa.

Una telefonata… ti allunga (o cambia) la vita

Reduce dalla sua prima stagione senza playoff dal 2011, Seattle si ritrova potenzialmente indebolita da una offseason che l’ha vista dire addio a due giocatori importanti e amatissimi come Richard Sherman e Michael Bennett, dopo aver già perso in free agency Jimmy Graham e i due Richardson, Paul e Sheldon, ma anche alle prese con gli infortuni di Kam Chancellor e Cliff Avril (che potrebbero non tornare a disposizione di coach Carroll). Ecco perché l’arrivo di Griffin ha un senso innanzitutto sportivo, perché dietro a una delle migliori coppie di linebacker della NFL – quella composta da Bobby Wagner e K.J. Wright – Seattle potrebbe far crescere il fratello gemello di Shaquill, che da parte sua non vede ovviamente l’ora di realizzare in pieno il sogno della sua vita: “Avevo la sensazione che potessero essere proprio i Seahawks a scegliermi – racconta – ma le chance erano davvero basse”. Invece è successo, ed è stato proprio suo fratello Shaquill a consegnargli tra le mani il cellulare con il prefisso 425 (di un’area vicino a Seattle): “Mio fratello lo aveva lasciato in sala ed era andato un attimo al bagno”, racconta. “In quel momento è squillato, ho controllato che avesse lasciato la porta aperta e ho fatto irruzione in bagno, dicendogli di rispondere immediatamente”. Da quel momento in poi – con staff tecnico e dirigenti di Seattle dall’altro capo della cornetta, a ufficializzare la loro decisione – sono state solo lacrime, di gioia e di commozione, tra due gemelli da sempre legati da un rapporto speciale e strettissimo. “Mi sembrava di sognare, le parole non mi uscivano dalla bocca”, racconta Shaquem. “Non sapevo cosa dire, riuscivo a malapena a respirare”. “Non penso di aver pianto il giorno in cui sono stato scelto io”, le parole invece del fratello Shaquill. Lo ha fatto per celebrare suo fratello. Da oggi anche suo compagno di squadra.