Super Bowl 2020, Kansas City-San Francisco 31-20: l'editoriale di Marianella

Sport USA
Massimo Marianella

Massimo Marianella

Il trionfo di Kansas City incorona due diverse dinastie: Patrick Mahomes ed Andy Reid. Il primo, diventato MVP del 54° Super Bowl, è un predestinato. Il secondo vince l'anello a 61 anni, quando forse non ci credeva più neanche lui. Sono i due protagonisti del secondo successo nella storia dei Chiefs dopo 50 anni

È stato il Super Bowl dei 100 anni della NFL, per onorare, con una toccante e bellissima presentazione prima del kick off 100 straordinari campioni, cui è stata consegnata una giacca rosso bordeaux, che hanno reso la storia di questo sport più bella e prestigiosa. È stato un Super Bowl, splendidamente organizzato, dell’entusiasmo vissuto per una settimana anche a ritmo di musica latina e Mojitos. Ma soprattutto è stato un Super Bowl con un finale esaltante, che ha incoronato due dinastie diverse. Andy Reid e Patrick Mahomes. Un predestinato e uno che forse non ci sperava più, uniti dalla capacità di rischiare ed interpretare il football in maniera aggressiva. La forza dei sogni. I loro e quelli di 3 generazioni diverse di tifosi dei Chiefs, che tornano a vincere il Super Bowl dopo 50 anni per la seconda volta in assoluto.

È stata una partita bella, emozionante fino alla fine e cresciuta di contenuti nel secondo tempo. Un match che ha messo una grande difesa contro un attacco che ha faticato a carburare, ma alla fine la fantasia, il talento e la voglia hanno avuto la meglio. Una bella storia con il lieto fine, perché come nelle favole il principe sale sul trono e la NFL vede trionfare il nuovo volto della sua Lega. Ha giocato benissimo? Non esattamente, perché ha chiaramente sentito l’importanza dell’evento e il peso della responsabilità. Ma come tutti i grandi campioni ha fatto la differenza nel momento giusto. Non lo hanno fermato 2 intercetti e una straordinaria difesa, che gli ha concesso poco sul profondo e quasi nulla su corsa. Ha chiuso con 26 su 42 per 286 yards 2 intercetti e un QB rate di 78,1. Numeri buoni, ma non straordinari che ben fotografano la sua partita e le sue difficoltà, ma il titolo di MVP (che divide idealmente anche con Damien Williams) indica che è stato l’uomo della svolta quando ormai erano forse in pochi a crederci.

Tyreek Hill, il suo ricevitore più veloce “The Cheetah”, un ghepardo che non aveva praticamente mai ruggito per tutta la partita, ha ricevuto il primo vero passaggio sul profondo per un gioco da 44 yards quando erano sotto di 10 punti dopo il secondo intercetto. La svolta sembrava essere arrivata molto prima, presto nel match, quando a 2 minuti dalla fine del primo quarto Reid ha deciso di giocare un quarto e uno che alla fine ha portato al primo TD della partita con una corsa di Mahomes. Uno statement. Ed invece no, non è stata più che una fiammata prima di una partita difficile per l’attacco, condizionata dalla grande aggressività della difesa di San Francisco.

Ad un certo punto la domanda è diventata: quando? Quando Kansas City avrebbe smesso di essere abbastanza conservativa e cominciato ad accendere l’imprevedibilità di Mahomes? Un fumble ed un intercetto consecutivi a 5 dalla fine del 3° quarto hanno affrettato i tempi. E comunque anche con SF in vantaggio di 100 a 2,30” dalla fine del 3° quarto la curiosità era se sarebbe stato il fallimento di Mahomes o la sua impresa più grande. Comunque e con qualsiasi punteggio lui è la storia e la copertina di questo SB. Alla fine all’altezza del ruolo di protagonista. Questa la reazione a caldo di Mahomes dopo la conquista del titolo: “Vincere questo trofeo è incredibile, anche solo pensare di essere qui qualche tempo era surreale. Ci godremo questa partita per tanto tempo, con un gruppo di compagni straordinario. Perché per noi e per questa franchigia è una vittoria storica. Io ho continuato a lottare fino alla fine, anche quando nel terzo quarto le cose sembrano davvero non andare dalla nostra parte. Ho forzato qualche scelta e qualcosa ho sbagliato, ma volevo, volevamo fortemente vincere. La partita credo sia cambiata su quel terzo e 15 dove ho trovato Hill sul profondo. Abbiamo lottato fino in fondo e alla fine abbiamo vinto”.

Mentre nella notte di Miami volavano coriandoli giallorossi, San Francisco ha cercato di rendersi conto di cosa fosse successo. Erano pronti i titoli di giornali di tutto il mondo ad onorare il trionfo del football bilanciato, della supremazia della difesa sull’attacco e le idea del giovane guru del football. E invece in 6 minuti di football incredibile è svanito tutto. Forse, come ha detto uno che questa partita ai tempi di Seattle l’aveva vinta, Richard Sherman “abbiamo sbagliato nel momento decisivo. Errori. Errori banali”. Shanahan perde un altro SB quasi vinto come quello da offensive coordinator dei Falcons 3 stagioni fa e le riflessioni saranno per lui lunghe e certamente amare. “Anche sul +10 non ho mai pensato che la partita fosse vinta. Adesso ci cureremo le ferite e supereremo questa notte amara, tornando la prossima stagione ancora più determinati. Quest’anno abbiamo sorpreso tanta gente, ma noi sapevamo di avere una buona squadra, un gruppo di cui sono orgoglioso e siamo arrivati a un passo dal trionfo. Ci rilassiamo un po’, ma l’anno prossimo ci riproveremo”. Ha perso la creatività “prudente” di una giovane mente offensiva come la sua, che ha sfruttato le corse come da pronostico, ma anche provato ad utilizzare le altre armi a sua disposizione. I ricevitori Samuel e Sanders ed il fullback Juszczyk.

Garoppolo ha provato a fare il playmaker di questo sistema e il gestore dei tempi. Il suo compito era quello di non perdere la partita, ma quando ha dovuto provare a vincere il match ha dimostrato i suoi limiti. “Lo so siamo arrivati a un passo dal sogno, ma non siamo riusciti a chiudere la partita. Stasera fa male, ma è stata una grande stagione che non possiamo dimenticare. Una storia incredibile. Per me ritornare a questo livello dopo l’infortunio al crociato e portare la squadra al Super Bowl è stato un percorso pazzesco con tanto di positivo”. Schiacciato dalla personalità, dalla visione, dal braccio e dalla capacità di essere all’altezza del momento del suo avversario. Anche l’approccio disincantato è un po’ sfrontato dei Chiefs ha pagato.

Sabato Reid ha lasciato il pomeriggio e la cena libera ai giocatori che hanno potuto passarla con mogli, figli e famiglie. Nell’allenamento del mattino aveva fatto accogliere in campo i suoi con le note di “Welcome to Miami” a tutto volume a tal punto che osservatori neutrali, pur considerando quasi tutti Kansas City favorita, cominciavano a temere che il relax fosse eccessivo. Hanno invece vinto il Super Bowl giocando il loro football un po’ folle forse quando non se lo aspettavano più. Un plauso ai Campioni, ma un plauso anche alla NFL che ha organizzato questo 54° Super Bowl come davvero meglio non avrebbe potuto. Tanti Campioni, la Festa dei 100 anni riuscita a perfezione, molti sorrisi per tutta la settimana e un Halftime semplicemente fantastico. Colori, ritmo sapori latini e due Regine dello spettacolo che hanno regalato minuti di straordinaria intensità ed emozione, senza una sbavatura. Coreografia, luci pazzesche, il repertorio migliore di due artiste che hanno da stasera reso la storia del Super Bowl più bella e prestigiosa.

Se questa è la notte in cui si definiscono le carriere la grandezza dei giocatori, il numero 15 di Kansas City strizza l’occhio furbescamente a chi (non pochi in settimana) avevano inserito il suo nome nella conversazione sui più grandi di tutti i tempi. È presto, ma non assurdo per capacità di gestire questo mondo, il grande palcoscenico, i momenti difficili e soprattutto di vincere. Perché finché non vinci, nell’Olimpo non puoi entrare. Reid invece con la sua vittoria 222 finalmente vince il suo meritato anello a 61 anni. Un sogno finalmente materializzato e sappiamo già anche come festeggerà tornato in hotel: con un double cheeseburger come promesso.